“Superata e inaccettabile” l’attuale normativa sulle religioni senza Concordato o Intese

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“Superata e inaccettabile“. E’ con questi lapidari aggettivi che il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha definito la legge di epoca fascista sui “culti ammessi” del 1929 che ancora oggi definisce il quadro giuridico delle confessioni religiose che non dispongono di un’intesa con lo Stato. La seconda carica dello Stato ha pronunciato parole così impegnative e pesanti intervenendo al Convegno “La libertà religiosa nell’Italia multiculturale” promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), in collaborazione con la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS), svoltosi presso il Senato il 9 e il 10 giugno.

Di fronte a lui una platea rappresentativa di quel mosaico religioso che anche in Italia si fa sempre più variegato ed ampio: ebrei, musulmani (questi ultimi appartenenti a diverse organizzazioni islamiche), mormoni buddhisti, ortodossi… oltre, ovviamente, a numerosi evangelici legati a varie chiese e tradizioni teologiche talvolta sensibilmente distanti le une dalle altre. Ma l’applauso al Presidente Grasso è stato unanime, senza riserve e con sincero apprezzamento per due aggettivi che, da soli, riassumevano il senso del suo intervento e del suo saluto.

Se una legge è “superata e inaccettabile” va abrogata e ne va approvata un’altra, ed è esattamente questo l’obiettivo che da anni la FCEI persegue con determinazione d’intesa con la CCERS e con altre comunità di fede.

“Così come altre confessioni ci hanno aiutato a concludere l’iter dell’Intesa con lo Stato – ha affermato Giuseppe Pasta, portavoce della comunità dei Mormoni – così oggi potremmo continuare a lavorare insieme per un obiettivo di primaria rilevanza costituzionale e democratica”. Un appello interreligioso, potremmo dire, lanciato non per discutere delle verità ultime ma per affermare un fondamentale diritto delle persone e delle comunità: quello di credere, di non credere, così come di credere in modo non convenzionale.

Insieme alle parole di Grasso, questo appello alla collaborazione “tra diversi” ha costituito uno dei tratti salienti di un convegno che, senza enfasi, segna una svolta importante anche sul piano della concretezza politica.

Dalla tavola rotonda conclusiva con i rappresentanti di alcune forze politiche (da Forza Italia a SEL passando per la Lega Nord, PD e M5S), infatti, è emerso un dato nuovo e tutt’altro che scontato: sulla carta esistono numeri ampi per sostenere una legge che, abrogando le norme del 1929 e del 1930, definisca un nuovo quadro della libertà religiosa finalmente democratico, costituzionale e adatto a interpretare la complessità religiosa dell’Italia di oggi. Se da una parte abbiamo infatti registrato il no rigido quanto prevedibile della Lega Nord e lo scetticismo pregiudiziale del M5S, dall’altra si è potuto cogliere l’interesse di esponenti del PD, di FI, di SEL. Un segnale importante è arrivato anche dal Governo – è intervenuto il Sottosegretario ai Rapporti col Parlamento e alle Riforme Ivan Scalfarotto – che ha mostrato di prendere molto sul serio il tema e la sua portata riformatrice in materia di diritti fondamentali.

E’ stato un passaggio importante perché troppo spesso le questioni attinenti alla libertà religiosa vengono considerate problema di nicchia, materia tecnica per gli addetti ai lavori e le persone e le comunità direttamente interessate. Nella storia europea non è stato così: per i classici della tradizione liberale e democratica, quella religiosa è la madre di tutte le libertà. Certo, è vero che in Italia le cose sono andate diversamente e, più che un diritto, la libertà religiosa è stata considerata una concessione. Al tempo dello Statuto Albertino come in quello della conciliazione concordataria tra lo Stato e la Chiesa cattolica. E persino nella fase dell’Assemblea Costituente, quando si dovette definire l’ampiezza dei diritti riconosciuti alle confessioni religiose “di minoranza” si dichiarò che esse erano “ugualmente libere davanti alla legge”, preferendo questa espressione a quella più ovvia e lineare che le avrebbe rese semplicemente “uguali”.

E proprio richiamando questa distinzione, evidentemente meno sottile e irrilevante di quanto possa sembrare, nel 2007 l’allora segretario generale della CEI mons. Betori, mise una pietra tombale su un percorso legislativo che sembrava potersi concludere con l’approvazione di un testo largamente condiviso da una maggioranza trasversale. Da allora sono passati vari anni, addirittura molti se si pensa ai cambiamenti intervenuti ai vertici della Chiesa cattolica italiana e mondiale. Nel frattempo è cresciuto l’interesse di molti italiani a conoscere quel particolare aspetto della società multiculturale costituito dalle comunità di fede, siano esse composte da italiani o da immigrati. In questi anni si è anche rafforzato un pensiero giuridico convinto dell’urgenza di norme più coerenti con la dinamica delle e nelle religioni osservata e analizzata dagli studi sociali. E non è un caso che un gruppo di giuristi coordinato da un ex parlamentare e da un costituzionalista come Roberto Zaccaria abbia annunciato un testo di legge da sottoporre all’attenzione delle forze politiche in tempi brevi, diciamo entro l’anno.

C’è persino un quadro politico che non fa pensare a imminenti o improvvise interruzioni della legislatura. Insomma, il tempo è ora. O almeno dobbiamo sperarlo.

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Libertà religiosa. Il convegno della FCEI e della CCERS al Senato

Roma (NEV), 11 giugno 2014 – “Come negli eventi passati, anche questa volta siamo stati incoraggiati a proseguire nel nostro impegno per la libertà religiosa in Italia”, ha dichiarato con soddisfazione il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), a conclusione del convegno “La libertà religiosa nell’Italia multiculturale”, promosso dalla FCEI e dalla Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS), e tenutosi il 9-10 giugno, in Senato. “Un incoraggiamento – ha proseguito Aquilante – sia a seguire da vicino l’elaborazione della legge sulla libertà religiosa, sia a promuovere altri appuntamenti di merito e di studio”.

Dopo l’introduzione al convegno del presidente Massimo Aquilante, i professori Enzo Pace (Padova) e Paolo Naso (Roma) hanno affrontato il tema dal punto di vista sociologico e politologico, mentre Sara Domianello (Catania) e Alessandro Ferrari (Insubria) da quello giuridico, nella prima sessione moderata da Maria Bonafede. Ne è risultato un quadro complesso, nel quale la pluralità delle religioni in Italia è accompagnata da un’ulteriore varietà interna ad ogni religione: dagli ortodossi agli evangelici, dai musulmani ai sikh. Accanto al dato della varietà è emerso contemporaneamente quello dell’analfabetismo religioso degli italiani, la maggioranza dei quali mantiene una rappresentazione del Paese ancorata all’idea dell’unica religione dominante, quella cattolico-romana.

Un fenomeno così articolato, che pone strutture ecclesiastiche istituzionali di tipo “verticale” accanto ad altre “orizzontali”, il modello episcopale accanto a quello congregazionalista, rende urgente una rinnovata elaborazione da parte del legislatore. Il modello giuridico sinora adottato dall’Italia repubblicana, che ha prodotto ad oggi le intese con alcune chiese e comunità religiose, non è infatti sufficiente per dare soddisfazione dell’attuale realtà religiosa. E’ divenuta urgente una legge sulla libertà religiosa. Le difficoltà per raggiungere tale obiettivo sono da rintracciare nella debolezza delle istituzioni politiche dell’Italia, ovvero proprio degli attori predisposti all’atto legislativo. Si rende quindi necessario un lavoro congiunto, tanto istituzionale quanto sociale.

La seconda sessione, nella mattinata del 10 giugno, dopo il saluto del sottosegretario alle riforme e ai rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto, ha messo a confronto i rappresentanti delle chiese e dei gruppi religiosi. Giuseppe Pasta della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, Maria Angela Falà dell’Unione buddhista italiana, Carmine Napolitano della Facoltà pentecostale di Scienze religiose, Gabriel Ionita della Chiesa ortodossa rumena d’Italia, Alessandro Ahmad Paolantoni per l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, Ilaria Valenzi per la FCEI. Presieduta da Dora Bognandi, la sessione ha mostrato come le difficoltà che le comunità di fede vivono nell’attuale situazione giuridica nel Paese, siano comuni a tutte le confessioni intervenute. Cristiani, buddisti e musulmani indicano le stesse criticità: nell’apertura di luoghi di culto spesso ostacolata da normative locali o regionali; nella definizione e nel riconoscimento dei ministri di culto; nelle procedure per l’ottenimento della personalità giuridica; nella cura spirituale in carceri e ospedali, oggi non garantita.

Difficoltà che si devono alla mancanza di un chiaro quadro di riferimento e che, nel caso dell’apertura di luoghi di culto, colpiscono anche confessioni dotate di un’Intesa. Valenzi nel suo intervento ha ricordato come libertà religiosa e cittadinanza entrino nello stesso quadro di una democrazia che si vuole più matura. Di sostegno è stato l’intervento del prefetto Giovanna Iurato del Ministero degli interni, Direzione centrale per gli affari di culto, rallegrandosi per il percorso promosso negli anni dalla FCEI e sostenendo il proseguo di tali iniziative.

La terza sessione si è aperta col saluto di Pietro Grasso, presidente del Senato, che ha invitato a lavorare in vista di un “comune pensiero”. Alla presenza anche del Governo, nella persona di Anna Nardini, membro della Commissione per le intese con le confessioni religiose, la tavola rotonda è stata introdotta dall’intervento di Roberto Zaccaria, che ha mostrato i tentativi delle passate leglislature e lo status quo della legge in preparazione. Ad esso è seguito l’intervento di Valdo Spini che ha dato testimonianza dei risultati raggiunti in passato e delle prospettive da seguire in futuro.

Sotto la moderatura di Gian Mario Gillio, la tavola rotonda ha visto gli interventi degli esponenti politici: Alberto Airola (M5S), Vannino Chiti (PD), Sergio Divina (Lega Nord), Luigi Lacquaniti (SEL), Lucio Malan (Forza Italia). Gli interventi politici hanno mostrato e confermato l’attenzione per il tema, la coscienza dell’urgenza di intervento e la volontà di porre rimedio con una nuova legge. Al contempo è emersa una sfiducia nell’attuale Parlamento (Airola), e la negazione del problema stesso adducendo la tesi che l’attuale legislazione italiana sia di per sé già ben attrezzata e sufficiente a garantire la libertà religiosa (Divina). Più fiduciosi Lacquaniti, Chiti e Malan, che lasciano intendere allo stesso tempo della necessità di procedere con pragmatismo, passo dopo passo.