Riabilitare il teologo progressista

Luca Kocci
il manifesto, 29 giugno 2014

Scomunicato come un mafioso, verrebbe da dire, dopo l’anatema di papa Francesco contro Cosa nostra e ‘ndrangheta la scorsa settimana nella piana di Sibari durante la sua visita pastorale in Calabria. Ernesto Buonaiuti però non era un mafioso ma uno degli intellettuali di punta della prima metà del secolo scorso. Prete, teologo e storico del cristianesimo, sostenitore del metodo storico-critico, aderente al movimento modernista condannato dalla Chiesa intransigente del tempo con l’enciclica Pascendi dominici gregis (1907) di Pio X – poi canonizzato da Pio XII e quindi venerato come santo dalla Chiesa cattolica –, gli venne proibito l’insegnamento nelle università ecclesiastiche e fu scomunicato da Pio XI nel 1926, morì nel 1946 privato anche dei funerali religiosi e della sepoltura ecclesiastica perché rifiutò fino alla fine di rinnegare le sue idee.

Ora un numeroso gruppo di intellettuali, associazioni e riviste cattoliche di base chiede alla Chiesa di riabilitarlo. Fra i firmatari dell’appello – anticipato ieri dall’agenzia Adista – promosso dal movimento Noi Siamo Chiesa e dal mensile Tempi di fraternità c’è il vescovo Luigi Bettazzi, gli storici Giovanni Filoramo, Daniele Menozzi, Giovanni Miccoli, Antonio Parisella, Mauro Pesce e Adriano Prosperi, personalità del mondo laico e cattolico come Stefano Rodotà, Vito Mancuso, Raniero La Valle, Lidia Menapace, Giancarla Codrignani, Marco Marzano, Frei Betto, Giovanni Franzoni, don Paolo Farinella.

Buonaiuti fu condannato dall’autorità ecclesiastica – oltre alla scomunica e al divieto di insegnare nelle università pontificie, alcune delle riviste da lui fondate e dirette furono messe all’Indice dal Sant’Uffizio – ma non se la passò bene nemmeno nell’Italia sia fascista che post-fascista. Nel 1931 gli venne tolta la cattedra di Storia del cristianesimo alla Sapienza di Roma perché fu uno dei 12 professori universitari che rifiutò di giurare fedeltà al regime fascista, ignorando il farisaico suggerimento che il Vaticano, per non irritare Mussolini con cui aveva appena firmato i Patti lateranensi, fece pervenire ai docenti di area cattolica: giurare «con riserva mentale», cioè ponendo come condizione, nel segreto della propria coscienza, che si sarebbero attenuti a tale giuramento solo se ciò non avesse loro imposto doveri contrari alla fede cattolica. Fu poi formalmente reintegrato in ruolo dopo l’8 settembre, ma la cattedra non gli verrà mai restituita, neppure dopo la Liberazione, per una norma ad personam del Concordato che vietava ai preti scomunicati di «essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico».

«Sgradito, come cattolico, ai partiti di sinistra e, come scomunicato, ai politici di obbedienza vaticana, non fu mai riabilitato ufficialmente, anche se molte delle sue posizioni riecheggiarono nei dibattiti conciliari del Vaticano II e furono riprese nei documenti ufficiali», si legge nell’appello che chiede ora una piena riabilitazione per Buonaiuti. «La sua memoria restò nell’ombra per decenni, dal momento che, pur trattandosi di una figura di testimone eticamente e giuridicamente superiore a ogni motivo di critica, Buonaiuti fu considerato scomodo da tutti i centri di potere, data la sua irriducibile fedeltà alla propria coscienza e alla propria onestà intellettuale e morale, al di sopra di ogni altra considerazione. Riteniamo che l’evoluzione delle sensibilità politico-sociali e religiose, che ha condotto a rivedere numerose manifestazioni di intolleranza del passato, costituiscano un clima favorevole alla rivalutazione pubblica delle sue virtù civiche e religiose, soprattutto in un tempo come il nostro, in cui da ogni parte si fa giustamente appello alla capacità personale di resistenza critica al conformismo intellettuale e al relativismo morale».

«Tanti pensatori nella Chiesa sono stati perseguitati», ha detto papa Francesco durante l’omelia della sua messa quotidiana mattutina a Santa Marta lo scorso 4 aprile. E poi, riferendosi al filosofo Antonio Rosmini: «Penso ad uno, non tanto lontano da noi, un profeta davvero, che con i suoi libri rimproverava la Chiesa di allontanarsi dalla strada del Signore. Subito è stato chiamato, i suoi libri sono andati all’Indice, gli hanno tolto le cattedre e quest’uomo così finisce la sua vita. È passato il tempo ed oggi è beato! Ma come ieri era un eretico e oggi è un beato? È che ieri quelli che avevano il potere volevano silenziarlo, perché non piaceva quello che diceva. Oggi la Chiesa, che grazie a Dio sa pentirsi, dice: “No, quest’uomo è buono”». Chiede Vittorio Bellavite, coordinatore di Noi Siamo Chiesa: «Bergoglio ascolterà l’appello per Buonaiuti?».