Il cardinale Pell: “Basta con gli scandali finanziari in Vaticano”

Salvatore Cernuzio
Zenit.org

– “Basta con gli scandali”. È questa la filosofia alla base dell’ondata di riforme che vuole rendere più efficenti e trasparenti le strutture economiche della Santa Sede. Diverse le novità per porre in essere questa “rivoluzione”: il Consiglio per l’Economia, la nuova governance dello Ior, il Tesoro di Stato, il Vatican Asset Management e, soprattutto, la Segreteria per l’Economia, organismo supervisore delle diverse strutture.

A capo c’è il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, il “Ranger australiano” secondo la scherzosa definizione di Papa Francesco che lo ha reso, di fatto, il ‘superministro’ dell’economia vaticana. E lui, forte di questa nomina, sta svolgendo il suo lavoro con grande meticolosità.

D’altronde, spiega in un’intervista a Il Corriere della Sera (la sua prima intervista), “il Santo Padre non mi ha certo chiamato qui per guardare il Cupolone”. L’obiettivo è, come detto, donare nuova linfa all’asset economico-finanziario della Santa Sede, ma anche e soprattutto portare ad un cambiamento di filosofia, o meglio ancora di attitudine, di atteggiamento.

Un cambiamento come già richiesto dai cardinali durante le Congregazioni generali che hanno preceduto il Conclave, afferma Pell. Stanchi dei continui scandali che hanno investito Ior e compagni, i porporati si sono detti: “Non vogliamo più avere queste sorprese sui giornali. È un male per la Chiesa e per l’insegnamento cristiano, cerchiamo di diventare un modello per i cattolici, ma anche per il mondo, per tutti”.

E l’australian Ranger ha preso sul serio le indicazioni dei suoi colleghi e soprattutto le richieste del Pontefice: “Ho preso in mano le cose – spiega – ma senza l’appoggio del Papa non potremmo andare avanti. Non procedo con fretta, o a colpi di bacchetta magica, il sostegno del Santo Padre, però, ci rende perseveranti. Procedo con perseveranza. Nunc coepimus. Abbiamo appena cominciato. Andremo avanti. Dobbiamo ancora migliorare”. Una cosa tuttavia è certa: “Basta con Calvi e Sindona, basta con sorprese che apprendiamo sui giornali”, ribadisce il cardinale.

E descrive il processo di riforma da lui guidato in tre parole: “Trasparenza finanziaria, professionalità (cioè modernità nei metodi) e onestà”. Ne aggiunge pure un’altra: “Contributo dei laici”, perché “la Chiesa è un Popolo, non ci sono solo i sacerdoti”, quindi “i laici entrano a pieno titolo, votano, prendono decisioni. È una visione molto fondata dal punto di vista teologico”.

Il porporato smentisce poi le voci di reazioni negative in Curia davanti alle novità recentemente presentate, anzi afferma che “la grandissima parte dei cardinali è d’accordo”. E non solo quelli del C9. Con ironia e schiettezza, aggira poi la critica di un processo di “deitalianizzazione” in atto nelle strutture della Chiesa. “Sono strutture della Chiesa universale e non del vicariato di Roma”, dice e, come nella conferenza di mercoledì scorso in Sala Stampa vaticana, ricorda che sarà nominato “molto presto” un membro italiano del board dello Ior. “In Curia – aggiunge poi – ci sono tanti italiani bravissimi…”.

Da cestinare pure l’idea di una lobby maltese nella gestione delle finanze vaticane che abbia sostituito quella italiana. “Non c’è nessuna lobby maltese”, afferma con vigore il cardinale, e soggiunge: “Non mi piace sentir dire che queste persone lavorano qui, ma in realtà perseguono i loro interessi”. In particolare, è ammirabile il lavoro svolto da Joseph Zahra, vice-coordinatore del Consiglio dell’Economia, maltese appunto: “E’ impressionante per quanto lavora – osserva Pell – quanto è capace e forte. Per mesi e mesi di lavoro non ha voluto neppure un euro”.

La stima dell’arcivescovo si estende anche al cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. “Parolin ed io ci vediamo tutti i mercoledì – racconta il cardinale nell’intervista – e abbiamo degli incontri frank and friendly, franchi e cordiali, sulle situazioni reali. Non siamo due astri – due poli – nello stesso sistema, ma due gemelli. Direi proprio così, due gemelli”.

Interrogato infine sui rapporti finanziari con l’Italia, non ancora normalizzati, il ministro dell’economia vaticana ribadisce la sua totale fiducia in René Bruelhart, direttore dell’Aif, l’Autorità per l’informazione finanziaria. “Il nuovo board dell’Aif deve aiutarlo – prosegue – e tra poco avremo due nuovi promotori di giustizia per l’applicazione delle nuova legge antiriciclaggio e il nuovo codice penale”. Naturalmente, conclude, “la nostra sovranità deve essere rispettata, ma noi vogliamo seguire in tutto le norme internazionali e anzi diventare un modello in questo”. Quindi la promessa: “I rapporti con l’Italia devono essere normalizzati presto”.

—————————————————————–

Bilanci vaticani in ottima salute. E l’Obolo s’impenna

Luca Kocci
Adista, n. 27, 19 luglio 2014

Il Vaticano chiude in attivo i conti del 2013 registrando complessivamente un saldo positivo di quasi 10 milioni di euro. I bilanci della Santa Sede e del Governatorato della Città del Vaticano – predisposti dalla Prefettura per gli affari economici guidata dal card. Giuseppe Versaldi – sono stati resi noti lo scorso 8 luglio dopo l’approvazione da parte del neonato Consiglio per l’economia presieduto dal card. Reinhard Marx. E se, come succede sovente, la Santa Sede è in rosso e chiude il 2013 con una perdita di oltre 24 milioni, il Governatorato è in attivo di 33 milioni. Per cui il direttore della Sala stampa vaticana p. Federico Lombardi può affermare con soddisfazione che «considerando, com’è normale, i risultati dei due bilanci nel loro complesso risulta un attivo di circa 10 milioni di euro». Se poi a questa cifra si aggiungono i proventi dell’Obolo di san Pietro – 78 milioni di dollari –, il risultato finale è ancora più roseo.

La Santa Sede, ovvero il governo centrale della Chiesa cattolica mondiale – che comprende tutti gli organismi della Curia, l’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede e i mezzi di comunicazione – ha chiuso il bilancio consuntivo consolidato dell’anno 2013 con un deficit di 24.470.549 euro, dovuto, come viene spiegato nella nota della Sala stampa vaticana, «soprattutto alle fluttuazioni negative derivanti dalla valutazione dell’oro per circa 14 milioni di euro». E poi ci sono i tradizionali capitoli di spesa: i costi del personale (2.886 dipendenti che sono costati circa 125 milioni di euro lordi) e quelli per i mezzi di comunicazione (Osservatore Romano e Radio Vaticana), mentre sono in attivo il Ctv – il Centro televisivo vaticano che riprende in esclusiva le immagini del papa e degli eventi in Vaticano e le vende alle tv di tutto il mondo – e la Libreria editrice vaticana (Lev), proprietaria dei diritti d’autore sui discorsi e gli scritti del papa (e dei papi dell’ultimo cinquantennio).

Forse è anche per questo che il card. George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, il nuovo “superministero” per l’economia creato da papa Bergoglio, ha annunciato la nomina di un comitato incaricato di «una riforma per i media vaticani». «Gli obiettivi – ha aggiunto Pell – sono di adeguare i media della Santa Sede alle nuove tendenze di consumo dei media, di migliorarne il coordinamento e di raggiungere progressivamente e sensibilmente risparmi finanziari considerevoli». E possibilmente anche «di guadagnare denaro», ha specificato il cardinale australiano durante la conferenza stampa, il 9 luglio, in cui è stato presentato il nuovo presidente dello Ior, il francese Jean-Baptiste de Franssu.

Affari decisamente migliori invece per il Governatorato della Città del Vaticano, l’organo a cui è affidato il potere esecutivo e la gestione del territorio. Il bilancio consuntivo del 2013 si è chiuso con un saldo attivo di 33.040.583 euro, in aumento di circa 10 milioni rispetto a quello dell’anno precedente.

Ma a “volare” è soprattutto l’Obolo di San Pietro, ovvero le offerte al pontefice «per le necessità della Chiesa universale e per le opere di carità» da parte dei fedeli di tutto il mondo. Nel 2013 la somma raccolta – ha rivelato mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato vaticana, in un’intervista ad Avvenire (29 giugno) – ha superato i 78 milioni di dollari (in euro fanno più di 57 milioni), quasi il 20% in più del 2012, quando le offerte si fermarono a 65,9 milioni di dollari (48 milioni di euro). Evidentemente la grande popolarità di papa Francesco contribuisce anche ad aprire i portafogli dei fedeli.