L’invito alla gerarchia per un «cambiamento del cuore»: Noi Siamo Chiesa torna sul caso Heizer

Ludovica Eugenio
Adista Documenti n. 27 del 19/07/2014

Ha fatto molto rumore, sollevando reazioni a livello internazionale, la scomunica latae sententiae (automatica) della fondatrice e presidente del movimento internazionale We Are Church Martha Heizer e del marito Gerd (v. Adista Notizie nn. 20, 21 e 24/14), presente in oltre 20 nazioni e considerato il principale movimento cattolico internazionale progressista impegnato per la riforma della Chiesa su temi strategici, come il celibato presbiterale, il sacerdozio femminile, la collegialità, i divorziati risposati, i gay, la povertà, il contrasto alla pedofilia tra il clero. Il movimento, oltre ad avere un forte radicamento presso la base cattolica in Austria e in Germania, è percepito da molti come parte integrante, seppure su posizioni critiche, della comunità ecclesiale. La scomunica di Heizer e di suo marito, motivata con la celebrazione di messe domestiche senza la presenza del sacerdote, potrebbe dunque essere intesa come il tentativo, da parte della gerarchia ecclesiastica, di depotenziare la portata del dibattito portato avanti dal movimento, soprattutto in questa fase di speranze che sta vivendo la Chiesa sotto il pontificato di papa Francesco.

Tra i vari documenti di solidarietà ha avuto una vasta diffusione quello del movimento dei preti “disobbedienti” austriaci della Pfarrer-Initiative – essi stessi portatori di istanze riformatrici e di dibattito sui temi più urgenti e scottanti che la Chiesa ha di fronte – tanto da essere tradotto e sottoscritto da Redes Cristianas, rete di gruppi di cattolici di base spagnoli, che sottolineano il loro «disaccordo con la misura estrema applicata» per punire qualcosa che secondo loro «è in realtà un segno profetico e mostra la situazione che sempre più comunità cattoliche oggi vivono».

Il comunicato della Pfarrer-Initiative, firmato dal presidente p. Helmut Schüller, è datato 26 maggio ed è intitolato “Chi siamo noi per chiudere le porte allo Spirito Santo?”, frase tratta dall’omelia del papa a Santa Marta del 12 maggio. Martha e Gerd, si legge nel documento, hanno avuto il “torto” di «mettere il dito nella piaga», e cioè la sempre minore possibilità, per i credenti, di vivere l’eucaristia a causa della sempre più grave carenza di sacerdoti. Ma soprattutto, secondo i preti “disobbedienti” austriaci, il modo in cui la gerarchia ha deciso di porre fine alla questione, ossia ricorrendo alla scomunica, dimostra «un fallimento di cui nessuno può sentirsi orgoglioso»: il non riuscire a «risolvere divergenze di opinione e conflitti in accordo con il Vangelo in modo gentile e amorevole». Da qui la richiesta alla gerarchia di rimuovere la scomunica imposta ai due.

Ma una riflessione approfondita sulle forti differenze di approccio e sui falsi fondamenti teologici che sorreggerebbero la scomunica, strutturata in una sorta di dialettica in dieci punti tra argomento della gerarchia e contro-argomentazione, proviene dallo stesso movimento internazionale We Are Church. A partire dall’affermazione secondo cui la scomunica era ampiamente prevedibile per un “reato” come quello commesso dai due coniugi, per arrivare alla fuorviante posizione per cui la presenza fondamentale durante la celebrazione eucaristica è quella del prete, gli assiomi soggiacenti alla scomunica vengono smantellati uno per uno, per dimostrare che le messe domestiche celebrate in casa da Martha Heizer e dal marito Gerd non costituiscono un motivo che possa sostanziare una scomunica, la più grave delle punizioni previste dalla Chiesa, cui nemmeno un prete pedofilo va incontro.

Di seguito, il testo di We Are Church e quello del comunicato di solidarietà del movimento austriaco Pfarrer-Initiative.

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Un appello a cambiare mentalità

We Are Church

La scomunica di Marta e Gerd Heizer da parte della diocesi di Innsbruck sta provocando un forte scalpore, anche perché Martha Heizer è stata tra le fondatrici, nel 1995, del Movimento internazionale Noi Siamo Chiesa, è ora presidente della sezione austriaca ed è un punto di riferimento dell’IMWAC.

1. La scomunica era prevedibile. Secondo il Codice di Diritto canonico, era dovere del vescovo di Innsbruck prendere posizione rispetto all’«attentata» celebrazione eucaristica (can. 1378 par. 2 N. 1)

Contro-argomentazione:

Il Codice di Diritto canonico non ha ancora recepito e codificato gli esiti teologici del Concilio Vaticano II. Papa Paolo VI ha cercato di dare avvio allo sviluppo di una nuova lex fundamentalis, una legge fondamentale della Chiesa. Papa Giovanni Paolo II ha posto fine a questo tentativo. Lo standard giuridico attuale dà maggiore peso a un funzionamento senza intoppi della Chiesa piuttosto che alla dignità dei singoli individui.

2. La Chiesa ha carattere pubblico. Il vescovo Manfred Scheuer ha rifiutato qualsiasi forma privata di culto.

Contro-argomentazione:

In una comunità, ciò che conta non è il numero delle persone. «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). La Chiesa domestica è in realtà il modello originale della Chiesa (card. Walter Kasper: The Gospel of the family, pp. 45-53).

3. «La propria fede personale (coscienza) non permette a una persona di trasgredire le leggi della Chiesa», ha affermato mons. Scheuer per giustificare la scomunica.

Contro-argomentazione:

La coscienza individuale è la norma soggettiva suprema nella Chiesa cattolica. Deve tenere conto della norma oggettiva, ma non si deve piegare ad essa ciecamente. Nella tradizione del Diritto canonico, un vescovo ha il dovere di non sottomettersi ad essa quando ne va della propria coscienza e del bene della sua diocesi (ius remonstrandi). Il Concilio Vaticano II afferma a questo proposito: «La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo». (GS 16).

Quando si accettano delle norme giuridiche, ci si deve chiedere: chi ha stabilito queste leggi, a vantaggio di chi vanno, chi escludono? Occorre tenere in considerazione un principio della morale, l’Epikie. L’Epikie (equità in greco) fa riferimento al comportamento di chi riconosce che il requisito di una legge non corrisponde alla realtà della propria situazione e pertanto non la segue, decidendo di fare invece ciò che è giusto per quella situazione (Lexikon der Christlichen Moral, 1976, Sp 358-362). In definitiva, si applica quanto segue: «Ciò che si richiede non è la lettera della legge, ma la verità teologica». È ciò che rende possibile, in caso di necessità, una correzione giuridica della rigidità della giurisprudenza (professoressa Sabine Demel).

4. «Nella celebrazione eucaristica la Chiesa deve continuare a essere visibile nella persona del prete, alla luce della consacrazione», ha dichiarato mons. Scheuer.

Contro-argomentazione:

Il sacerdozio del popolo, secondo il Vaticano II, ha la precedenza sul sacerdozio [ordinato], che quindi va inteso alla luce di quanto detto. La Chiesa è presente quando la comunità si riunisce, non in virtù della mera presenza del prete. Ciò vale anche per l’eucaristia. Pertanto, nessun prete può celebrare l’eucaristia senza un rappresentante della comunità.

5. Secondo questa visione, nel prete ordinato è presente la Chiesa.

Contro-argomentazione:

Gesù è il hiereus (in latino, sacerdos), o “uomo sacro”, che esercita la funzione di mediatore tra Dio e l’essere umano. Secondo il Nuovo Testamento, Gesù Cristo è l’unico e solo intermediario. Coloro che portano il suo nome, i cristiani (maschio e femmina), sono hieráteuma (in latino, sacerdotium), cioè «una nazione santa di preti, un sacerdozio regale» (1Pt 2,5-9).

Il prete ordinato, cioè “consacrato”, è giustamente inteso come presbys, presbyter = anziano, guida della Chiesa. Non è il solo mediatore tra Dio e l’essere umano, perché ogni uomo e donna cristiani conseguono, in virtù del battesimo, la facoltà di rappresentare Dio per le altre persone.

Anche se il prete ordinato agisce in persona Christi, il servizio che presta in ultima analisi è per il bene della comunità. In una situazione di emergenza, il fedele può agire autonomamente facendo riferimento a questo servizio. La consacrazione non colloca il prete al di sopra degli altri, ma lo destina anzi ad un servizio speciale nella comunità. Questo servizio può essere accordato fondamentalmente a ognuno e a tutti i fedeli, come oggi molti teologi ritengono concordemente. La direttiva «fate questo in memoria di me» (1Cor 11,25) è rivolta a tutti. Non si parla di uno specifico destinatario.

6. La Chiesa cattolica considera essenziale il riconoscimento dell’attuale struttura gerarchica della Chiesa.

Contro-argomentazione:

La Chiesa ha avuto molte strutture differenti nel tempo. Oggi non possiamo semplicemente copiare le norme organizzative della Chiesa primitiva. Piuttosto, siamo sempre chiamati ad essere consapevoli di ciò che ha portato la Chiesa fino a questo punto. Nulla di simile a una gerarchia – una società maschile sacralizzata – è possibile riscontrare nel Nuovo Testamento. Leggiamo invece: «Uno è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli e sorelle» (Mt 23,8) e «Io sono in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).

Deve essere vero: quello che una volta era possibile e valido – la celebrazione dell’eucaristia senza sacerdoti ordinati – non può oggi essere fondamentalmente impossibile. Ciò vale anche per la celebrazione eucaristica da parte di una donna (cfr. Rm 16, 1.3.6.7.12; Fil 4,2). Paolo non vedeva alcuna ragione per intervenire contro la presenza paritaria di donne e uomini nella liturgia; le differenze sono solo questioni esteriori. Tale argomento – ciò che era possibile e valido in tempi precedenti non può essere impossibile oggi – è ora più valido che mai, perché viviamo in un’epoca di grande “ricostruzione”, in cui molte forme e metodi tradizionali non sono più plausibili.

L’aggiornamento della Chiesa, di cui parlava il papa del Concilio, Giovanni XXIII, non significa un mero adeguamento allo spirito dei tempi, quanto piuttosto l’espressione del messaggio liberante del Vangelo che annuncia il Regno del Dio vivente nel nostro tempo.

7. Va da sé che la distinzione tra lo stato clericale e quello laico è una parte essenziale della Chiesa cattolica.

Contro-argomentazione:

Secondo il Nuovo Testamento, tutti noi siamo clero (sacerdoti), scelto [unto] da Dio, e tutti siamo laici, membri del popolo di Dio. La potenza dello Spirito di Dio viene a tutti noi nel Battesimo e nella Cresima, quindi siamo tutti santi. Tutti siamo credenti, tutti siamo parte dell’unico gregge del Buon Pastore, tutti siamo fratelli e sorelle. Quindi, il fatto di essere tutti uguali di fronte alla legge non è solo una questione di giustizia, ma anche di rettitudine. Non dovrebbe esistere un doppio standard.

A causa dell’«attentata» eucaristia da parte di alcuni laici, è stata imposta la scomunica. Secondo il Codice di Diritto Canonico, la violenza sessuale [sui minori] da parte di un prete è un crimine altrettanto grave. Ma un prete sospeso per questo motivo non è punito con la scomunica. Qui c’è ovviamente un doppio standard, a causa di una visione “clericale” della Chiesa. Secondo questo sistema giuridico, non c’è punizione quando le persone sono abusate sessualmente, ma vengono applicate le sanzioni più gravi quando il “sacramento sacerdotale” [comunione] viene profanato.

8. Bisogna rispettare le regole e riconoscere i criteri di esclusione come avviene per le altre istituzioni sociali come club e partiti.

Contro-argomentazione:

La Chiesa non è un club, ma una comunità di fede, in cui ciò che crediamo non può semplicemente essere deciso soltanto da chi sta al vertice. Chi siamo noi per chiudere le porte che lo Spirito Santo vuole aprire?, ha chiesto papa Francesco il 12 maggio 2014, nella sua messa mattutina a Santa Marta, in Vaticano. Solo Dio vede nel cuore dell’essere umano.

9. La scomunica è la più grave delle sanzioni ecclesiastiche. Chi è scomunicato non riceve i sacramenti.

Contro-argomentazione:

Anche se i vertici della Chiesa hanno deciso che, in questo caso, è stato commesso un grande reato, dobbiamo ricordare che «non sono quelli che stanno bene ad avere bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9,12). Un sacramento è il segno del favore di Dio nei nostri confronti e non una ricompensa per il giusto comportamento.

Secondo il Concilio Vaticano II, il dialogo è il principio fondamentale della Chiesa. Ma il dialogo avviene tra pari, non presuppone che una delle due parti in causa abbia ragione a priori. I vertici della Chiesa romana hanno mostrato più pazienza nei confronti del controverso gruppo cattolico della Fraternità di San Pio X che verso Martha e Gerd Heizer. Nel caso del vescovo Williamson, malgrado fosse stato sospeso dagli stessi lefebvriani, si è deciso comunque di mantenere la revoca della scomunica.

10. Le leggi della Chiesa sono ovviamente il criterio in base al quale giudichiamo.

Contro-argomentazione:

Ecclesia semper reformanda, la Chiesa ha sempre bisogno di una riforma. Dalla gerarchia ci si attende una continuità che ha funzione stabilizzante. Ma dall’Antico Testamento sappiamo che erano i profeti a invitare ripetutamente le persone a tornare alla volontà originaria di Dio e che per questo venivano condannati e uccisi. Il pensiero e l’azione profetici sono malvisti anche nella Chiesa di oggi, e vengono censurati il più possibile.

La scomunica non è una esclusione totale dalla Chiesa. Quindi non dovremmo trattare Martha e Gerd Heizer come degli esclusi (sgraditi). Non vi è alcun motivo per cui Martha debba dimettersi dal suo incarico nel movimento Noi siamo Chiesa. Ciò di cui sono accusati non è un passo indietro, come nel caso della Fraternità San Pio X, ma al contrario indica il futuro della Chiesa, richiamando le sue origini.

La scomunica è un invito a un “cambiamento del cuore”. Se ci sono solo “perdenti” in questa scomunica, come dice il vescovo Manfred Scheuer, allora questa va vista come un invito a un “cambiamento del cuore” da parte dei vertici della Chiesa.

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Un segno terribile

Pfarrer-Initiative

«Chi siamo noi per chiudere le porte allo Spirito Santo?» (dall’omelia pronunciata da papa Francesco a Santa Marta il 12 maggio 2014).

Noi della Pfarrer Initiative esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per le misure comminate dai responsabili ecclesiastici a Martha e Gerd Heizer. Le scomuniche sono state imposte a due membri della Chiesa che hanno lavorato per una sua riforma con grande entusiasmo, impegno ed energia. Questa decisione è un segno terribile per tutti noi che auspichiamo, insieme a papa Francesco, che diventi realtà una Chiesa amorevole e vicina alle persone. Che tipo di messaggio sta inviando quella parte di Chiesa che punisce i responsabili di abusi sessuali nelle proprie file meno severamente di quanto faccia con coloro che, per il modo in cui praticano la propria fede, esprimono la loro sofferenza ai margini delle regole esistenti nella Chiesa?

Le opinioni possono differire rispetto al passo compiuto da Martha e Gerd Heizer nel celebrare l’eucarestia senza un sacerdote. Il loro gesto può essere considerato come una misura profetica che indica la direzione di una riforma globale della Chiesa ma può anche essere letto in altro modo. La Pfarrer Initiative vede l’eucarestia e il lavoro sacerdotale come qualcosa di unitario, sempre che la Chiesa sia in grado di fornire alle comunità preti che condividano la vita dei fedeli e il loro percorso di fede. Ma nell’attuale situazione sono sempre meno le comunità che hanno la possibilità di celebrare l’eucarestia domenicale con la presenza di un prete. Martha e Gerd Heizer stanno mettendo il dito nella piaga: l’eucarestia, la messa, la celebrazione centrale della nostra fede come comunità, sta diventando sempre meno frequente a causa della mancanza di sacerdoti. Per questa ragione, i movimenti di riforma della Chiesa hanno chiesto già da tempo che il sacerdozio venga aperto a persone sposate, uomini e donne, e che si sviluppino nuove forme di leadership nelle comunità che includano la partecipazione dei laici.

La scomunica di Martha e Gerd Heizer indica di fatto la fine della comunicazione intesa come confronto aperto ed equo. Tale modo di procedere non solo è sproporzionato, ma mostra l’incapacità dei responsabili della nostra Chiesa di risolvere divergenze di opinione e conflitti in accordo con il Vangelo in modo gentile e amorevole. È un fallimento di cui nessuno può sentirsi orgoglioso.

Rivolgiamo un appello a tutti i leader della Chiesa perché revochino la scomunica e si impegnino in un dialogo sincero e chiaro con i movimenti di riforma sul futuro della Chiesa.