Alla route nazionale degli scout, la “carta del coraggio” sfida chiesa e politica

Luca Kocci
Adista Notizie n. 30 del 06/09/2014

Accogliere divorziati, conviventi ed omosessuali, dare spazio effettivo alle donne, fidarsi della coscienza dei fedeli anche quando la pensano diversamente dal Magistero; chiudere i Centri di identificazione ed espulsione (Cie), concedere la cittadinanza a chi nasce in Italia (Ius soli), ridurre «drasticamente» le spese militari «perché l’Italia sia concretamente un Paese che ripudia la guerra». Sono queste alcune delle richieste che gli scout dell’Agesci, al termine della Route nazionale che si è conclusa nel parco di San Rossore (Pi) lo scorso 10 agosto, hanno rivolto al presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, e al premier con un passato da scout, Matteo Renzi, quindi alla Chiesa e alla politica italiana.

Come è nata la Carta del coraggio

Parole chiare, messe nero su bianco nella “Carta del coraggio”, il documento conclusivo della terza Route nazionale, redatto collettivamente da un “parlamentino” di oltre 450 scout dai 16 ai 21 anni, democraticamente eletti fra i 30mila partecipanti al raduno. In una prima fase i gruppi locali di rover e scolte (la fascia di età 16-21 anni) hanno caricato su una piattaforma informatica i loro contributi, sulla base dei quali è stata predisposta una bozza della Carta. Nel mese di luglio e dal 1° al 6 agosto, lungo i 456 percorsi che i gruppi hanno fatto dirigendosi a San Rossore per la fase finale della Route (6-10 agosto), la bozza è stata discussa ed emendata. Quindi ciascuna delle 456 route, a cui partecipavano mediamente 50-70 scout, ha eletto un proprio delegato. E a San Rossore, in tre giorni di lavoro, l’assemblea dei 456 scout ha redatto la versione definitiva della Carta che è stata consegnata a Bagnasco e Renzi, i quali hanno applaudito e ringraziato. Si vedrà ora le risposte che Chiesa e governo daranno ai 30mila scout di San Rossore.

Nella Carta si parla di territorio e ambiente da salvaguardare, di cittadinanza attiva da esercitare, di legalità e giustizia da realizzare, di informazione, lavoro, povertà, scuola, amore e vita ecclesiale. Ancora non è stata resa pubblica dall’Agesci. «Sarà inviata alle comunità rover e scolte con l’inizio delle attività, dopo una dovuta revisione stilistica e grafica, come previsto nel percorso di approvazione», spiegano in una nota Elena Bonetti, Sergio Bottiglioni e p. Giovanni Gallo, rispettivamente incaricati (i primi due) e assistente nazionale della Branca rover e scolte. «A ciascuna comunità sarà chiesto di confrontarsi con la Carta, in un importante lavoro di discernimento, per crescere e maturare ancora sulle strade di coraggio appena aperte. La diffusione, nella relazione con le istituzioni locali e la Chiesa, spetterà alle stesse comunità, secondo un itinerario che come Branca tracceremo».

Il dibattito fra favorevoli e contrari

Tuttavia all’interno del gruppo (chiuso) Facebook della Route nazionale la Carta sta circolando già da qualche giorno, perché qualche scout ha comunque deciso di pubblicarla. E sta suscitando un vivace dibattito, fra chi – la grande maggioranza – ne apprezza i contenuti, anche quelli problematici o critici, e chi invece – una minoranza – è preoccupato o in disaccordo con le affermazioni che sembrano evidenziare una certa distanza dal Magistero, soprattutto sui temi etici.

Severe critiche sono arrivate da alcuni periodici e siti web dell’associazionismo cattolico integralista (come Il Timone e Risposta cristiana). Ma anche da una «lettera firmata» da «alcuni capi scout» – che però restano anonimi – pubblicata sul portale notizieprovita.it, in cui viene detto che alcune delle opinioni dei ragazzi sono «al limite con i principi fondativi della nostra associazione o con la dottrina della Chiesa». «Non abbiamo alcuna intenzione – scrivono i sedicenti capi scout – di educare i nostri ragazzi alle deliranti teorie del gender o ad altre follie simili della nostra epoca! La nostra proposta è mirata unicamente ad educare, secondo gli insegnamenti autentici di Cristo, buoni cristiani e buoni cittadini, capaci un giorno, con spirito critico e con una solida base valoriale cattolica, di compiere le scelte che più riterranno opportune per realizzarsi pienamente nella loro vocazione, sia essa nella vita religiosa, nel vincolo sacramentale della famiglia naturale, nel lavoro».

Un deciso apprezzamento, invece, arriva dal settimanale online della Diocesi di Bergamo, Sant’Alessandro, in un articolo a firma del sociologo Marco Marzano (23/8). Si tratta di «un testo importante», scrive Marzano, elaborato da giovani che hanno presentato alla Chiesa e al Paese, un lungo e articolato elenco di riforme: «Hanno chiesto alla Chiesa di non discriminare nessuno in base all’orientamento sessuale, di accogliere al proprio interno (e non solo di tollerare) gay, divorziati e conviventi, di esibire uno stile di vita e di governo davvero sobrio e “povero”, di concedere finalmente un ruolo più incisivo alle donne e ai laici; hanno avuto l’ardire questi giovani di chiedere ai vescovi, ed è uno dei passaggi più belli e convincenti della Carta, di fidarsi dei loro fedeli, di considerarli cristiani adulti e maturi, e di non temerli, di non pensare di doverne tenere a bada presunti pericolosi istinti devianti. È il disegno, coraggioso e splendido, di una Chiesa rinnovata e fiduciosa del futuro».

E si tratta, prosegue, di «una trama collettiva, un delizioso frutto democratico, non il prodotto dell’intelligenza di uno solo, non l’emanazione del carisma di un eletto, di un duce grande o piccoletto». «Il miglioramento della Chiesa e dell’Italia nasce così, quando, come un grande intellettuale collettivo, migliaia di persone si mettono insieme per pensare al loro futuro, per discutere, con serietà e passione, del mondo che vogliono costruire insieme agli altri». Di seguito i passaggi più significatici della Carta del coraggio.

La Chiesa accolga qualsiasi scelta d’amore

«Desideriamo essere testimoni di un amore autentico e universale – si legge –, non come mero uso del corpo, ma come cammino fatto di rispetto, attenzione all’altro, dialogo aperto e sincero, visto come via per aprirsi al mondo e andare oltre le sovrastrutture mentali». «Ci impegniamo ad essere testimoni di un amore autentico ed universale e a portare avanti valori di non discriminazione e di accoglienza nei confronti delle persone di qualunque orientamento sessuale; a vivere coraggiosamente e con serietà una scelta consapevole di amore autentico e duraturo, considerando la famiglia (intesa come qualunque nucleo di rapporti basati sull’amore e sul rispetto) come comunità primaria e strumento privilegiato di formazione ai valori di apertura e convivenza dell’individuo nella società, senza discriminare persone che hanno vissuto o stanno vivendo esperienze quali divorzio o convivenza.

Chiediamo all’Agesci di allargare i propri orizzonti affinché tutte le persone, indipendentemente dall’orientamento sessuale, possano vivere l’esperienza scout e il ruolo educativo con serenità senza sentirsi emarginati. Chiediamo inoltre all’Agesci che dimostri maggiore apertura riguardo a temi quali omosessualità, divorzio, convivenza, attraverso occasioni di confronto e di dialogo, diventando così portavoce presso le istituzioni civili ed ecclesiastiche di una generazione che vuole essere protagonista di un cambiamento nella società. A questo proposito, chiediamo alla Chiesa di accogliere e non solo tollerare qualsiasi scelta di vita guidata dall’amore»; «di mettersi in discussione e di rivalutare i temi dell’omosessualità, convivenza e divorzio, aiutandoci a prendere una posizione chiara; che lo Stato porti avanti politiche di non discriminazione e accoglienza nei confronti di persone di qualunque orientamento sessuale, perché tutti abbiamo lo stesso diritto ad amare ed essere amati e che questo amore sia riconosciuto giuridicamente affinché possa diventare un valore condiviso».

Il primato è della coscienza

«Chiediamo di non essere giudicati rispetto al tipo di legame affettivo che viviamo – scrivono gli scout nella Carta del coraggio –, ma di essere aiutati ad accettare noi stessi con tutti i nostri limiti e ad amare in modo autentico». «Chiediamo alla Chiesa uno stile di vita sobrio ed essenziale, coerente con il messaggio del Vangelo; che venga attribuito alle donne e ai laici un ruolo sempre più attivo all’interno della Chiesa». «Chiediamo ai vescovi di essere aperti all’ascolto della capacità che ha il Popolo di Dio di esprimere ciò in cui crede»; «di avere fiducia nella coscienza delle persone, che nasce da una consapevolezza cattolica, specialmente in ambiti in cui essi adottano delle posizioni che si discostano dal sentire comune, quali la sessualità, il valore della vita e il ruolo delle donne nella Chiesa».

Chiudere i Cie, aprire allo Ius soli

«Chiediamo alle istituzioni nazionali ed europee e alla Chiesa – si legge ancora nella Carta – che i migranti siano messi nelle condizioni di lavorare dignitosamente e legalmente, di studiare, di divenire parte integrante della società; all’Unione europea lo snellimento delle procedure burocratiche e che inoltre venga revisionato il trattato di Dublino, chiedendo un’omogenizzazione delle politiche di accoglienza e di integrazione, un’apertura di nuovi canali di immigrazione legali e sicuri; alle istituzioni italiane di abolire i Cie»; «di concedere la cittadinanza a chi nasce in territorio italiano o a chi termina un determinato ciclo di studio/lavoro»; «chiediamo alla Chiesa e alle istituzioni di concedere luoghi adatti alla preghiera e alla professione delle diverse religioni».

Fedeli alla Chiesa senza tema di dire la nostra

La distanza rispetto ad alcuni punti del Magistero dei “principi non negoziabili” pare significativa. Lo riconosce anche uno dei due presidenti dell’Agesci, Matteo Spanò, intervistato da Avvenire (13/8) alla fine della Route: «Ci sono elementi creativi e stimolanti anche sulla tematica dell’appartenenza alla Chiesa. Ma ci sentiamo così tanto Chiesa che portiamo anche questo pensiero al suo interno. Non bisogna aver paura di un pensiero, ma guardarlo, capirlo, sapendo che come associazione noi siamo nella Chiesa e fedeli ad essa». La Carta del coraggio non è un documento ufficiale dell’Agesci – del resto alcuni temi, soprattutto quelli di natura ecclesiale legati alle questioni etiche, sono piuttosto controversi nell’associazione –, ma l’Agesci da qui intende ripartire, avviando un percorso franco e dialettico, come confermano anche gli incaricati nazionali rover e scolte, Bonetti e Bottiglioni, e l’assistente, p. Gallo: «Si tratta ora di ripartire da qui. Dall’ascolto, che deve farsi dialogo con questi cittadini, con i quali le istituzioni e la Chiesa hanno accettato di confrontarsi e con cui la nostra associazione vuole continuare a camminare, iniziando un proprio percorso di approfondimento educativo e politico sui temi richiamati dalla Carta del coraggio».