Sinodo: sarà vera svolta? Intervista a Gianni Geraci

Luca Kocci
Adista Notizie n. 33 del 27/09/2014

«I due Sinodi sulla famiglia che si celebreranno nel biennio 2014/2015 saranno lo snodo fondamentale per capire in che direzione il pontificato di papa Francesco vuole condurre la Chiesa». È l’opinione di Gianni Geraci, portavoce dello storico gruppo milanese di credenti omosessuali Il Guado. Adista lo ha intervistato, alla vigilia dell’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi che si aprirà il prossimo 5 ottobre e che avrà all’ordine del giorno anche il tema della coppie omosessuali.

Un tema sul quale l’Instrumentum laboris, pur non avendo i toni “definitivi” dei documenti di Ratzinger e Wojtyla, non sembra concedere grandi aperture…

Nella parte in cui affronta la questione dell’accoglienza delle persone omosessuali l’Instrumentum laboris non solo non tiene conto della realtà, ma propone argomenti preoccupanti. Si fa passare ad esempio l’idea che ci sia un complotto legato alle “teorie del gender”, dimenticando che l’idea stessa di un complotto di una presunta lobby gay rimanda a modelli interpretativi preoccupanti. Come non ricordare, per esempio, il complotto dei Savi di Sion a cui si ispirò il nazismo? Non si riprende il Magistero della Chiesa quando parla di lotta alla violenza ispirata dall’omofobia, non ci si preoccupa di ribadire il fatto che le persone omosessuali sono comunque chiamate a realizzare la loro vocazione cristiana e che la relazione con Dio è molto più profonda e molto più importante dell’adesione a qualunque raccomandazione del Magistero ordinario.

Si potrebbe obiettare che il Sinodo è dedicato alla famiglia e che quindi la vocazione cristiana delle persone omosessuali ha un ruolo molto marginale…

Certo. Ma mi chiedo come mai non si affronti il tema cruciale delle risposte che le famiglie cattoliche debbono dare quando si trovano di fronte un figlio o una figlia omosessuale. Ci sono poi le situazioni che nascono quando uno dei due coniugi è omosessuale: non si tratta di casi isolati, l’atteggiamento incosciente di quanti sostengono che si può guarire dall’omosessualità e incoraggiano le persone omosessuali a risolvere i problemi collegati all’accettazione del loro orientamento sessuale con un matrimonio sta addirittura invertendo la tendenza che, fino a qualche anno fa, mi portava a pensare che il numero di omosessuali che si sposavano stesse diminuendo velocemente.

L’unico argomento su cui l’Instrumentum laboris sembra fare i conti con la realtà pare quello che riguarda i figli delle persone omosessuali…

Credo che la proposta di non escludere questi bambini dai sacramenti possa portare, con il tempo, a risultati importanti. Sono infatti convinto che uno dei motivi per cui la Chiesa fa così tanta fatica a capire la condizione delle persone omosessuali è che la maggior parte degli omosessuali credenti non condivide all’interno della sua comunità di appartenenza gli aspetti belli della sua esperienza. Preti e comunità, in genere, vengono a conoscenza dell’omosessualità di un membro della comunità quando questi la racconta durante la confessione (e se una persona sente il bisogno di parlare di certi argomenti con il confessore vuol dire che non vive serenamente certe situazioni), oppure quando si verificano situazioni di rottura e di scontro. Il fatto che stiano progressivamente aumentando gli omosessuali che si avvicinano alle parrocchie per seguire i figli durante il percorso di preparazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana permetterà alle comunità parrocchiali, ai preti e talvolta anche ai vescovi, di prendere coscienza di situazioni in cui l’omosessualità è vissuta serenamente. Le coppie omosessuali che hanno fatto la scelta di avere dei figli, da questo punto di vista, hanno una responsabilità molto grande, perché possono davvero far cambiare l’atteggiamento nei confronti della loro esperienza di chi entra in contatto con loro. Io stesso, che fino a qualche anno fa, vivevo con disagio l’idea di una genitorialità omosessuale ho cambiato idea quando ho iniziato a frequentare delle coppie di donne che avevano deciso di avere dei figli: l’amore e la dedizione che dimostravano mi hanno convinto della bontà della loro scelta.

Come giudichi le nomine papali dei padri sinodali? C’è mons. Anatrella, c’è il card. Caffarra, i vescovi “aperturisti” non sembrano molti, il mondo omosessuale non è contemplato nemmeno fra gli uditori…

La presenza del card. Caffarra mi sembra coerente con la scelta di celebrare un Sinodo capace di tenere conto di tutte le sensibilità presenti nella Chiesa. Meno scontata è invece la presenza di mons. Anatrella anche se, a dire la verità, si fa fatica a credere che non ci sia un suo contributo decisivo nella parte dell’Instrumentum laboris in cui si parla di omosessualità: il collegamento tra la cosiddetta “teoria del gender” e l’origine dell’omosessualità è uno dei suoi cavalli di battaglia. La cosa preoccupante è che la Chiesa si avvalga del parere di certi sedicenti esperti che evitano accuratamente di confrontarsi con la comunità scientifica internazionale. Tra l’altro mi chiedo anche se sia il caso di far partecipare al Sinodo sulla famiglia un religioso che è stato accusato di abusi sessuali da parte di un suo ex paziente. È vero che la Magistratura francese non ha ritenuto che i fatti riferiti fossero penalmente perseguibili, è però anche vero che le accuse non sono state ritirate e che quindi c’è un problema di opportunità che dovrebbe comunque essere considerato. Altrettanto preoccupante è il fatto che a un Sinodo dedicato alla famiglia non siano stati invitati esponenti di famiglie che concretamente hanno a che fare con l’omosessualità: penso ai genitori delle persone omosessuali, perché il loro contributo potrebbe essere decisivo per aiutare molto vescovi a comprendere, dell’omosessualità, ciò che non hanno ancora compreso.

Il Sinodo sarà decisivo per capire dove andrà la Chiesa di papa Francesco?

Sono quasi vent’anni che si parla, all’interno della Chiesa cattolica, di uno “scisma sommerso” tra un Magistero che, su alcuni argomenti collegati alla vita morale, continua a ribadire delle dottrine che poi la maggior parte dei cattolici, anche quelli che partecipano attivamente alla vita della Chiesa, non prendono nemmeno in considerazione. Negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II si diceva che questo scisma non si trasformava in uno scisma palese solo perché si aspettava di vedere quale direzione avrebbe preso il successore di papa Wojtyla. Con l’arrivo di Benedetto XVI la situazione non si è modificata. Con papa Francesco il linguaggio è radicalmente cambiato, ma restano ancora irrisolti i nodi che lo alimentavano. I due Sinodi sulla famiglia ci diranno se il cambiamento sarà solo a livello di linguaggio o se inizierà a toccare quelli che si sono fossilizzati come punti fermi della dottrina cattolica, ma che in realtà non sono altro che il risultato delle scelte fatte da alcuni pontefici del XIX e del XX secolo.

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NOMINE PER IL SINODO: TANTE NOVITÀ. A PAROLE

Valerio Gigante
Adista Notizie n. 33 del 27/09/2014

Anche coppie di sposi al Sinodo della famiglia”, titola – con il tono di chi vuol mettere a tacere le solite voci di una Chiesa bacchettona e clericale – l’Avvenire, il 9 settembre scorso. In realtà, come spesso avviene ai tempi di papa Francesco, le formali (ed a volte apparenti) aperture non corrispondono a sostanziali cambiamenti di linea all’interno della gerarchia ecclesiastica.

Anzitutto perché i partecipanti al Sinodo saranno 253, di cui 192 con diritto di voto, mentre le coppie di sposi solo 14. E poi perché 13 di queste 14 coppie sono state invitate come semplici uditrici (in tutto gli uditori saranno 38), cioè persone con diritto di parola, ma non di voto; altri due consorti (l’ex presidente di Azione cattolica Franco Miano e la moglie Giuseppina De Simone che insegna Filosofia alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli) hanno invece un ruolo di maggiore importanza. Non votano nemmeno loro, ma sono tra i 16 esperti, cioè i collaboratori, che affiancano il segretario speciale, che ha – tra gli altri – il compito di curare la redazione delle Proposizioni da presentare alla votazione dei Padri. La metà degli esperti è però comunque composta da chierici, il che appare strano in un sinodo dedicato alla famiglia.

C’è poi una considerazione più generale da fare: molte delle coppie invitate ai lavori del Sinodo sono a capo di organizzazioni cattoliche tradizionaliste, o si occupano di pianificazione familiare naturale (Joan Clements, è direttore del World Organisation Ovulation Method Billings; i coniugi Campos nelle Filippine guidano Couples for Christ, un movimento conservatore nato nel solco dell’esperienza del Rinnovamento carismatico). Altri lavorano come dipendenti degli uffici di Curia delle diocesi di appartenenza. E in quel ruolo, ammesso che lo vogliano, difficilmente possono godere di ampia autonomia di critica. Insomma, pare difficile pensare che i laici presenti al Sinodo possano rappresentare la pluralità dei punti di vista del mondo cattolico. Specie su argomenti così sensibili come quelli che il Sinodo probabilmente discuterà.

A queste considerazioni, se ne possono aggiungere altre. In base alla normativa vigente, cioè al motu proprio Apostolica Sollicitudo del 1965, un sinodo “straordinario”, come quello che si celebrerà ad ottobre, è composto da alcuni importanti leader episcopali delle Chiese cattoliche orientali, dai presidenti delle Conferenze episcopali, da tre religiosi scelti dall’Unione dei Superiori generali e dai cardinali che sono a capo di uffici della Curia romana. Ma anche da alcuni membri che il papa può – se vuole – nominare direttamente. E per il Sinodo di ottobre, i padri indicati personalmente da Francesco non spiccano certo per le loro posizioni “progressiste”. O per le loro aperture sui temi che saranno oggetto della discussione dell’assemblea. In tutto il papa ha indicato 26 prelati, di cui 14 cardinali, ben cinque dei quali con più di ottant’anni. Tra gli ultra ottantenni c’è il card. Walter Kasper, il prelato che con più forza ha avanzato la proposta di far cadere il divieto della comunione eucaristica ai cattolici divorziati risposati civilmente; e il belga Godfried Danneels, il cardinale che già nel sinodo del 1999, assieme al card. Carlo Maria Martini, si era espresso a favore della comunione ai risposati.

Per il resto però, la preferenza di Francesco è caduta su ecclesiastici dal profilo nettamente conservatore: si va dall’italiano Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia Accademia per la vita, allo spagnolo Fernando Sebastián Aguilar, autore della prefazione al recente saggio del card. Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che confuta le tesi di Kasper sulla comunione ai risposati (v. Adista Notizie n. 32/14). In un’intervista rilasciata al quotidiano Diario Sur di Malaga (19/1/14) alcuni giorni dopo l’annuncio della sua creazione a cardinale, Aguilar ha dichiarato che l’omosessualità è «una deficienza sessuale» e che quindi, al pari di altre deficienze fisiche come l’ipertensione arteriosa, è dunque curabile (v. Adista Notizie n. 4/14). Ci sarà poi Carlo Caffarra, cardinale ciellino ed ultraconservatore di Bologna e già presidente (dal 1981 al 1995) del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia (enclave del pensiero conservatore sui temi morali) e un altro ciellino, Angelo Scola, che anche recentemente (La Stampa, 18/9) ha voluto ribadire la sua contrarietà ad ogni modifica della disciplina ecclesiastica sui divorziati.

Inoltre, se è vero che la partecipazione al Sinodo di membri della Curia è prevista dal motu proprio del 1965, è altrettanto vero che il papa avrebbe potuto ridimensionarne il ruolo. Ad esempio, come suggerisce sul sito internet del National Catholic Reporter (10/9) p. Thomas Reese, già direttore del settimanale Usa della compagnia di Gesù, America, costretto alle dimissioni da Benedetto XVI nel 2005 per le sue posizioni liberal (v. Adista nn. 37 e 40/05), avrebbero potuto partecipare all’assise come osservatori, senza diritto di voto. «Hanno tutto il resto dell’anno per consigliare il papa. Questo è il momento in cui spetta ai vescovi provenienti dal resto del mondo esprimere le loro opinioni», ha acutamente sottolineato Reese.

Che il papa intenda mantenere un contatto diretto con i lavori del Sinodo lo dimostra la nomina di un arcivescovo a lui molto vicino (come è avvenuto già in diverse altre occasioni, dallo Ior al Segretariato per l’Economia), mons. Víctor Manuel Fernández, alla vicepresidenza della Commissione che sarà incaricata di preparare il Messaggio Finale del Sinodo. Rettore della Pontificia Università Cattolica di Buenos Aires, Fernández siederà al fianco del card. Gianfranco Ravasi, che presiederà la Commissione.

C’è però, tra le nomine papali, anche qualche significativa esclusione. Manca, ad esempio, il card. Camillo Ruini, che pure il curriculum per entrare a pieno titolo nel consesso degli ecclesiastici che parteciperanno al Sinodo lo aveva, eccome. Promotore del movimento astensionista al referendum sulla legge 40 del 2005, ideatore del cartello di associazioni Scienza&Vita (una sorta di cinghia di trasmissione dei diktat della Cei sui temi etici in campo politico), nonché ispiratore del Family Day del 2007. La sua assenza evidenzia la frattura che si è ormai consumata tra il vecchio establishment che per anni aveva egemonizzato Curia e Cei (e infatti al Sinodo non ci sarà nemmeno Bertone) e il nuovo papa.

Manca poi, tra gli esperti che affiancheranno il segretario speciale, il nome di Giovanni Cereti, il teologo che da anni propone una soluzione alla questione dei divorziati risposati che si rifà al canone 8 del Concilio di Nicea. Per Cereti, quel canone riguardava coloro che avevano contratto seconde nozze e, contro i rigoristi, dava loro, dopo un periodo di penitenza, la possibilità di essere riammessi all’Eucaristia. Delle tesi di Cereti si è molto discusso negli ultimi mesi, specie dopo che furono riprese dal card. Kasper nella sua relazione introduttiva al Concistoro dei cardinali riunitosi nel febbraio scorso.