Famiglia, il Sinodo apre alle unioni civili

Luca Kocci
il manifesto, 8 ottobre 2014

Entrano nel vivo i lavori della terza assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema della famiglia. Dopo la messa di apertura di domenica – quando papa Francesco ha ammonito «i cattivi pastori che caricano sulle spalle della gente pesi insopportabili che loro non muovono neppure con un dito» – e l’introduzione (Relatio ante disceptationem) del relatore generale, il cardinal Péter Erdő, arcivescovo di Budapest, nel pomeriggio di lunedì e nell’intera giornata di ieri il dibattito ha cominciato ad affrontare due dei nodi centrali del Sinodo, forse gli unici sui quali sarà possibile qualche riforma sostanziale: le questioni dei divorziati risposati e delle coppie di fatto.

Il quadro generale non muta, ma nessuno poteva realisticamente aspettarsi il contrario. «La famiglia è nucleo fondamentale della società umana», «il matrimonio è e resta un sacramento indissolubile», hanno ribadito i 191 padri sinodali riuniti in Vaticano insieme a Bergoglio. Tuttavia, fatta la premessa che non si tratta di mettere in discussione la dottrina ma di riflettere ed aggiornare la pastorale – puntualizzata da molti di coloro che sono intervenuti –, sono emerse delle parole di apertura che avevano caratterizzato anche il dibattito pre-sinodale. «Le unioni di fatto in cui si conviva con fedeltà ed amore presentano elementi di santificazione e di verità», è stato detto durante la discussione della seconda congregazione generale (il dibattito all’interno dell’assemblea al completo). Un concetto rafforzato dal preposito generale della Compagnia di Gesù – ovvero il superiore mondiale dei gesuiti, il cosiddetto “papa nero” –, che partecipa al Sinodo, padre Adolfo Nicolás Pachón, in un’intervista a Vatican Insider: «Può esserci più amore cristiano in un’unione canonicamente irregolare che in una coppia sposata in chiesa».

E ieri mattina, nella terza congregazione generale, è stato auspicato che la Chiesa offra il proprio insegnamento «presentando la dottrina non come un elenco di divieti, ma facendosi vicina ai fedeli, così come faceva Gesù. In questo modo – hanno notato alcuni interventi –, agendo con empatia e tenerezza, sarà possibile ridurre il divario tra la dottrina e la prassi, tra gli insegnamenti della Chiesa e la vita quotidiana delle famiglie». E sui divorziati risposati – che al momento la dottrina esclude dall’accesso ai sacramenti perché li considera peccatori conclamati – è stato detto che l’eucaristia «non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino».

Su questo punto in particolare c’è stato anche l’intervento pesante del cardinal Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della Conferenza episcopale tedesca: «La maggioranza dei vescovi tedeschi – ha detto Marx – è d’accordo con la proposta del cardinal Kasper». Ovvero quella proposta –

consentire loro l’accesso ai sacramenti dopo un percorso penitenziale – che ha catalizzato l’attenzione del dibattito nelle settimane precedenti l’inizio del Sinodo e contro la quale i settori più conservatori della Curia romana e dell’episcopato hanno fatto muro, con l’intenzione di stoppare preventivamente ogni eventualità di aggiornamento anche su altri aspetti.

Volendo riassumere calcisticamente la situazione dopo tre giorni di dibattito – con tutte le approssimazioni del caso –, si potrebbe sintetizzare con un riformisti-conservatori 1-0. Ma il calcio di inizio è stato appena dato e la partita è ancora molto lunga. E soprattutto dovranno venire al pettine nodi decisamente più complessi e su cui la chiusura pare più netta – dalle coppie omosessuali alla contraccezione – che fino ad ora non sono stati nemmeno sfiorati.