Il Sinodo dei Padri e quello dei media

Fabio Colagrande
www.vinonuovo.it

Ridurlo a un’allegra battaglia tra vescovi per accettare o no le richieste pressanti dei divorziati-risposati non è corretto nemmeno nei confronti delle coppie etichettate come «irregolari»

Un tentativo forte per il commentatore cattolico, in Italia, è quello di criticare altezzosamente la maniera semplicistica e un po’ forzosa con cui i titoli dei quotidiani raccontano il Sinodo straordinario in svolgimento in questi giorni in Vaticano, voluto da Papa Francesco per aggiornare la pastorale familiare.

Torna alla mente l’efficace metafora di Benedetto XVI, in uno degli ultimi discorsi del suo pontificato, quando, in una vera e propria ‘Lectio magistralis’ dedicata al Vaticano II, distinse tra il Concilio dei padri e il Concilio dei media. Il punto era, secondo Ratzinger, che i mezzi di comunicazione raccontavano il Concilio al di fuori della prospettiva di fede, secondo categorie che sono del mondo.

Impossibile non trasferire queste riflessioni alla copertura mediatica che la stampa italiana sta dando oggi ai lavori del Sinodo sulla famiglia. Hanno raccontato il pre-Sinodo come uno scambio di minacce e avvertimenti tra cardinali conservatori e progressisti, intenti a duellare a suon di pubblicazioni solo sul tema del divieto dell’Eucaristia per i divorziati risposati civilmente. Di conseguenza, gli stessi giornali, si sono subito gettati sulla ‘Relazione prima della discussione’, che ha aperto il Sinodo lunedì 6 ottobre, andando a scovare una frase sui ‘divorziati riposati’ che ricordava come questi ‘facciano parte della Chiesa’. ‘I divorziati risposati fanno parte della Chiesa’, titolavano i giornali di martedì. ‘Dov’è la novità?’, direbbe qualcuno. Benedetto XVI, papa e teologo molto interessato ad approfondire questo tema, spiegò bene come, pur essendo esclusi dalla comunione eucaristica, restino, come ogni battezzato peccatore, nella comunione ecclesiale. Eppure, quei titoli hanno certo contribuito a far conoscere questa dottrina anche ai non esperti. Nella terza congregazione, il secondo giorno dei lavori del Sinodo, viene invece precisato dai padri sinodali – informa la Sala Stampa della Santa Sede – che ‘l’Eucaristia non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino’. Il giorno dopo i quotidiani citano la frase come un chiaro segnale di apertura verso i divorziati-risposati e la loro richiesta di essere ammessi alla comunione. Eppure la stessa frase, quasi identica, era già nell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, pubblicata alla fine del 2013. ‘Dov’è la novità?’, direbbe il solito qualcuno.

Ora, intendiamoci. Qui si parla soprattutto di titoli e non di articoli. Spesso (è esperienza comune di chi ancora legge la carta stampata) i titoli non c’entrano un tubo con il corpo del pezzo e contengono affermazioni irrintracciabili tra le righe dell’articolo che hanno la pretesa di presentare. Ciò avviene, mi sembra, molto spesso per i pezzi dedicati al Sinodo che – per i soliti intuibili motivi commerciali – debbono attrarre il lettore distratto. Spesso, il vaticanista in questione, sviluppa il suo reportage sinodale in modo analitico e molto meno tranchant di quanto il titolo faccia pensare. E certi balzi in avanti, annunciati dal titolo, poi non ci sono. Perché il Sinodo straordinario è solo il primo tempo di un film che continuerà nell’ottobre 2015 con il Sinodo ordinario, dopo un lungo intervallo. E perché Papa Francesco – è sempre l’Evangelii Gaudium a spiegarlo – come ogni gesuita ama i processi collegiali lunghi che si svolgono nel tempo e di cui solo Dio conosce l’esito.

Ma tornando all’immagine ratzingeriana del Sinodo dei padri distinto da quello dei media, è possibile individuare un rischio che certe semplificazioni mediatiche possono arrecare a una corretta comprensione dei lavori dei padri sinodali. In un’ottica di fede (e non politica o mondana) la Chiesa non sta decidendo se accontentare o no la richiesta del partito dei divorziati risposati esclusi dalla comunione, (giornalisticamente capeggiato addirittura da Pippo Baudo). Ma sta provando a modificare la sua pastorale, il suo linguaggio, il suo approccio alle situazioni familiari difficili, per compiere fino il fondo la missione evangelizzatrice che giustifica la sua esistenza. Come hanno rilevato gli stessi padri sinodali in questi giorni “le famiglie sofferenti non cercano soluzioni pastorali rapide, ma sentono il bisogno di essere ispirate, di sentirsi accolte e amate”.

Allora, ridurre il Sinodo a un’allega battaglia tra vescovi per accettare o no le richieste pressanti dei divorziati-risposati (che in controtendenza con la secolarizzazione incipiente agognano ad accedere alla comunione) non è corretto nei confronti della Chiesa, ma neanche – e soprattutto – delle coppie di credenti che vivono nella sofferenza sentendosi escluse o etichettate come ‘irregolari’. Le loro giuste rivendicazioni, rispetto ad atteggiamenti ecclesiali di giudizio e emarginazione, vanno approfondite e rappresentate con chiarezza, altrimenti possono sembrare solo capricci.