È lui il papa. Eletto in piena regola

Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it

Anche dopo lo svelamento dei nomi di coloro che papa Francesco eleverà alla porpora nella seconda tornata di nomine cardinalizie del suo pontificato, il conclave che lo ha eletto papa continua ad essere sfiorato da ombre.

Naturalmente, non c’è conclave che non tiri le fila di “manovre” finalizzate all’elezione dell’uno o dell’altro candidato al papato. Sono “manovre” che possono maturare in pochi giorni, o addirittura in poche ore. Oppure durare anni. Anche la loro innocenza può essere di vario grado. Tant’è vero che la costituzione apostolica “Universi dominici gregis”, che regola l’elezione dei papi, espressamente invalida “ogni forma di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere” che in cambio del voto pretendano di vincolare il futuro eletto.

In un servizio dello scorso 1 luglio, www.chiesa ha mostrato in che senso e fino a che punto l’elezione di Jorge Mario Bergoglio può avvicinarsi – senza identificarvisi – a un patteggiamento del genere, vista l’insistenza con cui l’attuale papa dice di “seguire quello che i cardinali hanno chiesto durante le congregazioni generali prima del conclave”:

Ma, appunto, ciò ha a che fare con la naturale dinamica di ogni elezione papale. Ed è quanto ha messo in luce il vaticanista inglese Austen Ivereigh in un passaggio di un suo recente volume su papa Francesco, “The Great Reformer. Francis and the Making of a Radical Pope”, individuando nei cardinali Cormac Murphy-O’Connor, Walter Kasper, Karl Lehmann e Godfried Danneels quattro attivi promotori dell’elezione di Bergoglio.

Il libro di Ivereigh ha dato spunto a delle polemiche, che padre Federico Lombardi, il portavoce vaticano ufficiale, si è affrettato a spegnere con il consenso dichiarato dei quattro cardinali.

In ogni caso, non era qui in dubbio la validità dell’elezione di papa Francesco. Che invece è stata negata da un altro scrittore cattolico, Antonio Socci, in un libro che ha avuto un grande successo di vendite: “Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta”.

Socci argomenta la sua tesi in una ventina di pagine, tra le quasi trecento del libro. E lo fa sulla base dei paragrafi della costituzione apostolica “Universi dominici gregis” che regolano la procedura dell’elezione. Tale procedura sarebbe stata gravemente violata, a suo giudizio, dopo che era stata rinvenuta dagli scrutatori una scheda in più, bianca, tra quelle della quarta votazione del 13 marzo 2014. La conseguenza che Socci ne trae è che “l’elezione di Bergoglio è nulla, non è mai esistita”.

Tre mesi dopo l’uscita del libro, Socci ha scritto che “non c’è stato un solo cardinale che abbia dichiarato in pubblico o mi abbia fatto sapere in privato che i fatti del conclave non si sono svolti nel modo descritto dal mio libro”.

Non solo. Ha aggiunto che “non c’è stato nemmeno un autorevole canonista che abbia dimostrato che le procedure seguite sono state corrette e quindi che l’elezione di papa Francesco è canonicamente ineccepibile”.

Ma nemmeno c’è stato, tra i canonisti, qualcuno che abbia detto di condividere le argomentazioni di Socci e pubblicamente abbia definito nulla l’elezione di papa Francesco.

In ogni caso, la nota che segue, scritta da una canonista di sicura autorevolezza, mostra sulla base di argomenti strettamente giuridici la “totale infondatezza” della tesi di Socci e quindi la piena legittimità dell’elezione di papa Francesco.

L’autrice è docente ordinaria di diritto canonico e di storia del diritto canonico nella università “Alma Mater Studiorum” di Bologna, nonché membro del consiglio direttivo della “Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo”, e si appresta a pubblicare un libro sui profili strettamente canonistici di eventi come la rinuncia di Benedetto XVI, la nuova figura del “papa emerito” e, appunto, l’elezione di Francesco.

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SULL’ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO

Geraldina Boni

Intervengo con alcune annotazioni squisitamente canonistiche su una questione che è stata oggetto di ampia attenzione, soprattutto nel web.

Come noto, la giornalista Elisabetta Piqué, nel libro “Francesco. Vita e rivoluzione” (1), ha riferito riguardo all’elezione di papa Francesco: «Dopo la votazione e prima della lettura dei foglietti, il cardinale scrutatore, che per prima cosa mescola i foglietti deposti nell’urna, si accorge che ce n’è uno in più: sono 116 e non 115 come dovrebbero essere. Sembra che, per errore, un porporato abbia deposto due foglietti nell’urna: uno con il nome del suo prescelto e uno in bianco, che era rimasto attaccato al primo. Cose che succedono. Niente da fare, questa votazione viene subito annullata, i foglietti verranno bruciati più tardi senza essere stati visti, e si procede a una sesta votazione»; e tale indiscrezione sarebbe stata confermata da alcuni cardinali (2)

Non vale la pena soffermarsi sulle illazioni che immancabilmente seguono la conclusione di ogni conclave, basate su presunte rivelazioni da parte di soggetti tenuti ad uno stretto segreto. Comunque sia, in base a questa notizia Antonio Socci, nel volume “Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta” (3), ha sostenuto la tesi della nullità dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio, perfezionatasi il 13 maggio 2013. Infatti, a suo avviso, si sarebbe erroneamente (non peraltro in male fede, ma per superficialità ed approssimazione, «e la nullità dell’elezione non rappresenta assolutamente un giudizio sulla persona»: bontà sua!) applicato il n. 68 della costituzione apostolica “Universi dominici gregis” promulgata il 22 febbraio 1996 da Giovanni Paolo II che regola proprio la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del romano pontefice.

Tale norma prevede che se durante il conteggio delle schede lo scrutatore incaricato verifica, prendendole in maniera visibile una ad una dall’urna, che il numero delle schede non corrisponde al numero degli elettori, bisogna bruciarle e procedere ad una seconda votazione (4).

Invece, secondo Socci, andava applicato il n. 69, il quale attiene ad un passaggio successivo e sancisce che se nello spoglio dei voti gli scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti sarà valido, ma in nessuno dei due casi viene annullato lo scrutinio (5).

Si sarebbe perciò «annullata una votazione che doveva essere ritenuta valida e scrutinata» (p. 110): essendosi trasgredite le disposizioni della costituzione “Universi dominici gregis”, secondo quanto prevede il n. 76 l’avvenuta elezione di Francesco sarebbe per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito, non conferendo alcun diritto alla persona eletta («Quodsi electio aliter celebrata fuerit, quam haec Constitutio statuit, aut non servatis condicionibus pariter hic praescriptis, electio eo ipso est nulla et invalida absque ulla declaratione, ideoque electo nullum ius tribuit»).

Tra l’altro, a parere di Socci (che si diffonde in ulteriori supposizioni circa l’andamento delle votazioni non suffragate da alcun riscontro e sulle quali qui non indugio), si sarebbe di seguito ed immediatamente svolta una quinta votazione in contrasto con il n. 63 che impone, nei giorni successivi al primo, «duo suffragia erunt ferenda, tum mane tum vespere»: per l’autore, «il pomeriggio del 13 marzo, con quella ulteriore votazione, di fatto si è forzato il regolamento e si sono sottoposti gli anziani cardinali a uno stress non previsto facendoli votare ancora» (p. 116).

In definitiva: «L’elezione al papato di Bergoglio semplicemente non è mai esistita. Non è nemmeno un problema sanabile a posteriori perché non si può sanare ciò che non è mai esistito» (p. 111).

Ammesso che le operazioni elettorali si siano svolte come ipotizzato, la sintetizzata ricostruzione di Socci è del tutto infondata giuridicamente.

Secondo quanto dispone il n. 65 della costituzione apostolica di Giovanni Paolo II “Universi dominici gregis” che regola il conclave, la scheda deve avere la forma rettangolare e recare scritte nella metà superiore, possibilmente a stampa, le parole “Eligo in summum pontificem”, mentre nella metà inferiore si dovrà lasciare il posto per scrivere il nome dell’eletto. Pertanto la scheda è fatta in modo da poter essere piegata in due. La compilazione delle schede deve essere fatta segretamente da ciascun cardinale elettore, il quale scriverà chiaramente, con grafia quanto più possibile non riconoscibile, il nome di chi elegge, evitando di scrivere più nomi, giacché in tal caso il voto sarebbe nullo, e piegando e ripiegando poi la scheda. Risulta quindi (anche da altri prescritti della citata costituzione apostolica) che le schede non sono inserite in una busta da aprire, ma sono semplicemente piegate.

Secondo il n. 66, poi, lo scrutinio comprende: 1) la deposizione delle schede nell’apposita urna; 2) il mescolamento ed il conteggio delle stesse; 3) lo spoglio dei voti. È dunque assolutamente plausibile che proprio nel momento del conteggio e non in quello dello spoglio (come d’altronde attestato dalla Piqué, per il resto ritenuta pienamente degna di fede da Socci) siano venute nelle mani dello scrutatore le due schede, le uniche effettivamente aperte – ma non ovviamente perforate –, con la riprova di una scheda bianca inavvertitamente attaccata a quella vergata con il nome.

Dunque in maniera del tutto corretta si è scrupolosamente applicato alla lettera il n. 68: tra l’altro il n. 5 della costituzione esclude esplicitamente la possibilità di interpretazione dell’atto dell’elezione, dovendo le norme essere applicate così come suonano (6). Anche se lo scrutatore avesse aperto quelle due schede verosimilmente per confermare l’involontario aggancio di una scheda bianca ad una votata, questo certo non costituirebbe un’irregolarità irritante né trasformerebbe la fase del conteggio in quella dello spoglio, ognuna disciplinata con proprie norme rette da specifiche “rationes”.

Non è esatto quanto afferma Antonio Socci a p. 118: «Ciò che è dirimente, per la “Universi dominici gregis”, non è il momento in cui si scopre la scheda in più, ma “come” la si trova: è determinante sapere se si sono trovate “due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore” (art. 69), oppure se tutte le schede sono separate e non è possibile ricondurre la scheda “in più” all’altra e quindi ad uno stesso cardinale (è evidente che il caso del 13 marzo è normato dall’articolo 69). Perché la costituzione apostolica ha la preoccupazione di capire “come” è stata trovata la scheda in più (mentre è irrilevante il quando)? Perché solo così riesce a salvaguardare la regolarità del voto da due possibili rischi. Primo. Si intende impedire che un elettore possa votare due volte con due voti alla stessa persona o a due persone diverse, perché l’elezione sarebbe evidentemente viziata da irregolarità: per questo si deve annullare lo scrutinio (art. 68) se non è possibile risalire alla coppia di schede gemelle, cioè al singolo cardinale, mentre si deve considerare valido lo scrutinio (art. 69) se le due schede sono attaccate. E in questo caso si conteggia come si è detto sopra. Secondo. La costituzione apostolica, però, intende anche salvaguardare il più possibile la validità di ogni votazione impedendo (eventuali) azioni di “sabotaggio”: se infatti bastasse la mera presenza di una scheda in più per annullare automaticamente lo scrutinio, qualunque cardinale – volendo impedire la vittoria di un certo candidato che ritiene prossima – potrebbe usare questo mezzo (votare due schede e ripiegarle insieme) per ottenere l’annullamento della stessa votazione (e magari delle seguenti)».

È infatti palese come il cardinale che votasse due schede – e ripiegarle insieme pare il sistema migliore per riuscire a farlo nascostamente – potrebbe sempre provocare l’annullamento della votazione se nel conteggio risultasse una scheda in più, anche se le schede risultassero ancora ripiegate insieme (nonostante l’urna sia stata agitata più volte prima di procedere): a questo punto si deve comunque applicare il n. 68 afferente al conteggio.

Solo esaurito il conteggio si deve passare al n. 69: è innegabile come l’eventuale scheda soprannumeraria, sfuggita nella fase del conteggio e giunta a quella dello spoglio, sia comunque dovuta, volontariamente o non, ad un singolo cardinale, e una scheda in più è sempre, a prescindere da a chi sia attribuibile, un’irregolarità. Ma se tale irregolarità, per la normativa giovanneo-paolina, è sempre irritante nella preliminare fase del conteggio (n. 68), non lo è più in quella dello spoglio in particolare quando le schede sono piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore: arrivati a questo punto si preclude che tale azione di sabotaggio – ci sono infatti due nomi scritti (nel nostro caso, lo ricordo, una scheda sarebbe stata bianca) e quindi non si può pensare ad un’inavvertenza – possa viziare lo scrutinio, potendosi invece seguire agevolmente la strada indicata dal n. 69.

Spiega invero un valente canonista, Jesús Miñambres:

«N. 68 La prescrizione di questo numero è più esigente della norma generale applicabile ad ogni elezione canonica (cf. can. 173 § 3 CIC e can. 955 § 3 CCEO), per quanto il numero delle schede potrebbe non corrispondere a quello degli elettori sia per eccesso che per difetto. Pare escludersi in questo modo la possibilità dell’astensione […]. La norma del numero seguente prevede, però, un caso nel quale, dopo un primo conteggio che sembra regolare, il ritrovamento di una quantità maggiore di schede riguardo a quella degli elettori al momento dello spoglio non annulla la votazione.

«N. 69. La nullità di uno o più voti non rende invalida l’elezione, giacché al momento dello spoglio non è più in gioco la validità della votazione ma soltanto quella dei singoli voti; il caso delle due schede piegate in modo strano non è che un’esemplificazione. Infatti, in mancanza di regolamentazione più precisa è applicabile anche all’elezione del romano pontefice il principio generale per le elezioni canoniche stabilito dal CIC: i requisiti di validità del voto vengono elencati nel can. 172 CIC, mentre quelli riguardanti la validità dell’elezione sono ripresi nei cann. 166 § 3, 169 e 170. Il can. 171 § 2 stabilisce l’unica fattispecie in cui la nullità di un voto fa invalidare l’elezione, quando uno dei votanti fosse inabile a norma del § 1 dello stesso canone e, tolto quel voto, l’eletto non avesse riportato il numero di preferenze richiesto» (7).

Se anche fosse vero che l’ipotesi verificatasi, durante il conclave del 2013, nel momento del conteggio, ossia quella di due schede ripiegate insieme, è parzialmente corrispondente a quella considerata nel n. 69 che regola lo spoglio, non per questo si può applicare una norma dettata per un’altra fase della procedura elettorale (e con un’altra ratio); è proprio la rigidità della costituzione apostolica “Universi dominici gregis” (sottolineata dallo stesso Socci), potenziata quanto all’atto dell’elezione – cfr. il menzionato n. 5 –, ad escluderlo categoricamente. Se al contrario si fosse impropriamente applicato il n. 69, violando l’obbligo di attenersi a quanto impone rigorosamente il n. 68, si sarebbe semmai aperto un problema di validità dell’elezione.

Essendosi quindi applicato del tutto legittimamente il n. 68, tale quarta votazione dal punto di vista giuridico è incontestabilmente “tamquam non esset”, non andava quindi inclusa e computata fra quelle effettive, cioè giuridicamente valide e complete, pervenute fino allo spoglio, della giornata: cade dunque anche l’obiezione che si sarebbe superato il numero massimo di quattro votazioni al giorno. Inoltrarsi – come taluno incautamente ha fatto in commenti online, adducendo a riprova delle proprie speculazioni presunta dottrina canonistica peraltro mai nominalmente citata – sull’estensione della portata irritante del n. 76 diviene irrilevante: rinvio comunque, al riguardo, alle autorevoli (e non anonime ed incerte) opere canonistiche menzionate.

Non è inoltre ozioso segnalare che la costituzione giovanneo-paolina non sanziona con l’invalidità neppure l’elezione simoniaca «ne hac de causa – prout a decessoribus nostris statutum est – validitas electionis romani pontificis impugnetur» (n. 78: «Come succede con altre prescrizioni della costituzione apostolica, anche questa rientra nel tentativo di ridurre al minimo le ipotesi di nullità degli atti, riportando nei limiti dell’imprescindibile le possibilità di ricorsi, contrasti e litigi su questioni di diritto che sarebbero di difficile soluzione») (8); e neppure lo è l’elezione frutto di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere fra cardinali, nulli ed invalidi (n. 81: si veda l’altra congettura di un team di quattro cardinali che avrebbe pianificato l’elezione di Bergoglio recentemente avanzata da Austen Ivereigh nel volume The Great Reformer. Francis and the Making of a Radical Pope) (9).

Antonio Socci argomenta infine: «Anche se sulla validità delle procedure seguite quel 13 marzo 2013 si esprimesse solo un giudizio dubbio, si può ritenere che il conclave sia da rifare perché la dottrina insegna che “dubius papa habetur pro non papa” (un papa dubbio si considera come non papa), come scrive il grande dottore della Chiesa e cardinale gesuita san Roberto Bellarmino nel trattato “De conciliis et ecclesia militante”» (pp. 7, 122).

Al contrario, se pure fosse accaduto ciò che è riferito, la procedura seguita, come dimostrato, sarebbe stata integralmente “ad normam iuris”: l’elezione di papa Francesco, raggiunta la prevista maggioranza al quinto scrutinio (il primo, lo ricordo, avvenuto il giorno 12 maggio), sarebbe valida, non ci sarebbe nulla da sanare, non ci sarebbe alcun dubbio, tanto meno “positivo” ed “insolubile” (come postula il diritto), sulla sua validità.

Stante la totale infondatezza giuridica di tali supposizioni, anche a volere dar credito alle informazioni sulle quali pretende di radicarsi, svanisce pure lo spauracchio – avventatamente agitato – dell’attuale assidersi sulla cattedra di Pietro di un papa dubbio. Comunque la canonistica ha costantemente e coralmente ammaestrato che la pacifica “universalis ecclesiae adhaesio” è segno ed effetto infallibile di un’elezione valida e di un papato legittimo (10): e l’adesione a papa Francesco del popolo di Dio non può essere messa in alcun modo in dubbio.

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NOTE

(1) Elisabetta Piqué, “Francesco. Vita e rivoluzione”, Lindau, Torino, 2013, pp. 39-40.?
(2) Cfr. Gian Guido Vecchi, “Ore 18.50: eletto Bergoglio. A Benedetto la prima telefonata”, in “Corriere della sera”, 9 marzo 2014.?
(3) Antonio Socci, “Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta”, Mondadori, Milano, 2014, p. 108 ss.?
(4) «Postquam omnes Cardinales electores schedulas suas in urnam immiserunt, primus Scrutator hanc semel iterumque agitet ut schedulae permisceantur; quo facto, ultimus Scrutator statim eas numeret, unamquamque schedulam singillatim ex urna palam sumens et in vase vacuo, ad hoc apparato, deponens. Quodsi schedularum numerus non respondet numero electorum, omnes comburendae sunt, et iterum, id est altera vice, ad suffragia ferenda procedatur; si vero schedularum numerus numero electorum respondet, subsequitur publicatio scrutinii, quae hoc modo fit».?
(5) «Scrutatores ad mensam ante altare positam sedent: quorum primus unam schedulam accipit, explicat et, viso in ea electi nomine, eam secundo Scrutatori tradit, qui, pariter electi nomine perspecto, eandem schedulam tradit tertio, qui illam elata et intellegibili voce legit, ut omnes electores praesentes suffragium annotare possint in folio ad hoc apparato. Notat autem et ipse nomen e schedula recitatum. Quodsi in suffragiorum diribitione Scrutatores inveniant duas schedulas ita complicatas, ut ab uno tantum datas esse appareat, siquidem unus et idem in utraque electus fuerit, schedulae praedictae pro uno suffragio habeantur; si vero diversa ibi inscripta sint nomina, neutrum suffragium est validum; scrutinium tamen ipsum neutro in casu vitiatur».
(6) Cfr., per tutti, Mario Francesco Pompedda, “Commento alla ‘Constitutio Apostolica de Sede Apostolica vacante’ deque romani pontificis electione”, in “Commento alla ‘Pastor bonus’ e alle norme sussidiarie della Curia romana”, a cura di Pio Vito Pinto, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2003, p. 311.
(7) Jesús Miñambres, “Commento alla Costituzione Apostolica ‘Universi dominici gregis'”, in “Legislazione sull’organizzazione centrale della Chiesa”, a cura di Juan Ignacio Arrieta, Javier Canosa, Jesús Miñambres, Giuffrè, Milano, 1997, pp. 79-81; nello stesso senso Mario Francesco Pompedda, “Commento alla ‘Constitutio Apostolica’”, cit., p. 354.
(8) Jesús Miñambres, “Commento alla Costituzione Apostolica”, cit., p. 89.?
(9) Cfr. Austen Ivereigh, “The Great Reformer. Francis and the Making of a Radical Pope”, Henry Holt and Company, New York, 2014?
(10) Cfr., per tutti, Franciscus Xav. Wernz, Petrus Vidal, “Ius canonicum”, II, “De personis”, apud aedes Universitatis Gregorianae, Romae, 1943, pp. 520-521. Sul punto ampiamente Ludovico Billot, “Tractatus de Ecclesia Christi”, I, Editio quinta, apud aedes Universitatis Gregorianae, Romae, 1927, p. 623 ss.