“Il riformismo turba i fedeli”. E scatta un appello in difesa di Papa Francesco

Marco Ansaldo
Repubblica, 3 gennaio 2015

“L’Avvenire” scende in campo a difesa del Papa. Un Francesco che, a dispetto delle svolte, comincia ad essere attorniato dalle critiche e azzannato dai lupi. Con un editoriale del suo direttore, Marco Tarquinio, dal titolo «La barca di Pietro, i “contro rematori” e la fiducia in Francesco», il quotidiano dei vescovi argina l’ultimo attacco. «Belle le lettere sulla ruvida uscita prenatalizia contro il nostro Papa – scrive Tarquinio –. Un segno che merita risposta, anche se qui di solito polemiche così ineleganti e condotte in modo capzioso e deformante non trovano eco. In scena sono state le vere parole e i veri gesti di Francesco. Il Papa della Chiesa “povera per i poveri” e “ospedale da campo” del nostro mondo spesso feroce con i feriti e i più deboli».

Il direttore del quotidiano cattolico Marco Tarquinio parla di “contro rematori”. Ma chi sono i “contro rematori”? Lo spiega uno dei lettori di Avvenire: «Chi fa pubblicità a favore di coloro che remano contro». L’attacco era arrivato il 24 dicembre sul Corriere della Sera, da parte dello scrittore Vittorio Messori. «Una mossa congeniata – scrive Tarquinio – per fare rumore con la pretesa di “segnare” il Natale». Messori si era infatti lanciato in una requisitoria contro Jorge Bergoglio, parlando in una «confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta», definendolo Francesco un papa «imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato con i suoi elettori». Nell’articolo aggiungeva: «imprevedibilità che continua turbando la tranquillità del cattolico medio».

Belle ma poche le lettere dei lettori pubblicate da Avvenire. Molte però le reazioni che arrivano adesso dalla base, da tutta Italia. Dal movimento “Noi siamo Chiesa” al Centro Studi “Edith Stein” di Lanciano, da “Una Chiesa a più Voci” di Ronco di Cossato Biella alla Comunità Le Piagge di Firenze, e poi il Coordinamento delle Teologhe Italiane, la Comunità Michea di Napoli, il Gruppo Impegno Missione di Casavatore (Napoli) con il missionario comboniano Alex Zanotelli, le Comunità Cristiane di Base-Italia, di S. Paolo-Roma, di Oregina-Genova, di Nord Milano, la rivista “Preti Operai”, il Centro Balducci – Zuiano (Undine).

Tutti a sostegno di una raccolta di firme riunita sotto l’indirizzo (firmiamo.it/fermiamo-gli-attacchi-a-papa-francesco). Tra i primi firmatari dell’appello, Don Luigi Ciotti rappresentante del gruppo Abele e Libera. Dice Vittorio Bellavite, coordinatore di “Noi siamo Chiesa”: «Questa presa di posizione va ben oltre la polemica con Messori. Riguardo alla situazione generale della Chiesa e le diffuse e quasi sempre silenziose ostilità nei confronti di Papa Francesco».

Spiega Don Paolo Farinella, parroco della Chiesa di San Torpete, nei carruggi di Genova e autore dell’iniziativa: «L’attacco è mirato e frontale, “richiesto” una vera dichiarazione di guerra, minacciosa nella sostanza di un avvertimento di stampo mafioso: Il Papa è pericoloso. E’ tempo che torni a fare il Sommo Pontefice e lasci governare la Curia. L’autore non fa i nomi dei “mandanti”, ma si mette al sicuro dicendo che il suo intervento gli “è stato richiesto” »

Apertura ai divorziati risposati, dialogo con i non credenti: per alcuni sono atti “destabilizzanti”.  Don Farinella argomenta, e individua nell’ «attacco frontale di cinque cardinali (Muller, Burke, Brandmuller, Caffarra e De Paolis)» ciò che ha rafforzato «il fronte degli avversari che vedono in Papa Francesco “un pericolo” che bisogna bloccare a tutti i costi».

Il punto è che il nodo della Chiesa riformista di Bergoglio è arrivato al pettine. O lo si scioglie o si taglia. Dopo la clamorosa rinuncia del pontificato di Benedetto XVI, l’improvvisa comparsa di un Pontefice Argentino, con il nome impegnativo di Francesco, ha travolto i credenti e la Gerarchia. Le sue parole, le tante iniziative, persino i simboli adottati (scarpe da camminatore, borsa da lavoro nera, croce d’argento semplice) hanno conquistato i fedeli.

Ma le relazioni nella Curia, soprattutto dopo le bacchettate di Bergoglio sulle 15 malattie che la infestano, sono le più diverse. Dalla Sala Clementina alcuni cardinali sono usciti l’altro giorno a testa bassa, con le orecchie che fischiavano e ora la lista dei nemici del Papa «venuto dalla fine del mondo» comincia a farsi fitta. Dapprima è cominciato il chiacchiericcio sul «Papa strano». Poi davanti al chiaro impeto riformista, al dialogo intessuto con i non credenti e atei, al Sinodo di ottobre con le aperture ai divorziati risposati e omosessuali, i dubbi dei conservatori su Bergoglio hanno finito per nutrire un dossier corposo. Una pratica che si irrobustisce negli ultimi giorni.

Il 13 dicembre, nel complesso di S. Spirito in Sassia, s’è tenuto un convegno dal titolo “La crisi della famiglia e i Francescani dell’Immacolata”. Una riunione in cui la divisione dell’Istituto dei Frati dal saio azzurro, ora commissariati da Francesco, è apparsa compattare il fronte conservatore. Le relazioni parlavano di «processo di destabilizzazione entrato nella Chiesa, e il Sinodo dei Vescovi lo ha mostrato in modo evidente» (Claudio Circelli), o di «divorzio, aborto, eutanasia, tappe di questa inesorabile marcia antiumana, ci troviamo di fronte ad un piano di matrice totalitaria» (Elisabetta Frezza). Infine «dialogo accoglienza amore pace sono parole liquide mutate dalla modernità, che non significano assolutamente niente» (Piero Mainardi). Tutte puntate contro il Papa.

Commenta il professor Mario Castellano, cattolico e attento osservatore delle vicende dell’Istituto commissariato: «Il Tradizionalismo nelle sue varie espressioni, sia quelle ancora collocate nella Chiesa, sia quelle lefebvriane, che mettono in discussione il Magistero a partire dal Concilio, sia infine quelle sedi-vantiste, da cui viene negata l’autorità Papale, ha scelto come terreno di scontro la vicenda dei Frati Francescani dell’Immacolata con lo scopo di minare l’unità del cattolicesimo».

Antonio Socci lo ha definito “idolo dei media e dei membri del Parlamento Europeo”. E’ del 12 dicembre un articolo di Antonio Socci su “Libero” in cui si parla di Bergoglio come «Idolo dei media, dei Membri del Parlamento Europeo», ma soprattutto «della sinistra in occidente». E non è un caso che la copertina di “Le Nouvel Observateur” dell’ 11 dicembre fosse dedicata al Pontefice sotto il titolo: «Chi vuole la pelle di Francesco? ». Profetizza sul suo libro appena uscito in Francia (“Jusqu’où ira Francois?”) il vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guénois: «Riuscirà Francesco? Da un certo punto di vista, questo Papa agitatore è già riuscito. Se tutto si fermasse domani, il calcio dato al formicaio lascerà una traccia duratura. D’ora in poi nulla sarà più come prima». Amen

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“Rompe gli schemi e sa dare speranza ecco perché è giusto sostenerlo”

Luigi Ciotti
Repubblica, 3 gennaio 2015

Ho aderito all’appello a sostegno di Papa Francesco perché, al di là di certe espressioni un po’ forti, ne condivido la sostanza e il contenuto. Le parole del Papa, da cui derivano gesti e scelte conseguenti, suscitano in tanti, anche non credenti, la speranza di una Chiesa profondamente e umilmente evangelica, al servizio del bene comune, lontana dalle tentazioni del lusso e del potere, attenta alla dottrina ma prima ancora ad accogliere i bisogni e le fragilità delle persone.

È evidente che questo possa creare sconcerto e allarme in ambiti abituati a un magistero della Chiesa meno diretto, più prudente ma anche, a volte, più reticente sulla necessità per il cristiano di saldare il cielo e la terra, dimensione spirituale e impegno sociale e civile. Compito al quale il Papa non smette di richiamare: «Non si può più affermare — ha scritto nella Evangelii Gaudium — che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo». E poco più avanti: «Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo».

Questo modo di vivere la fede può dare fastidio perché rompe gli schemi, rifugge i formalismi, denuncia i compromessi. Ma soprattutto perché è un modo di vivere la fede inseparabile da un’etica, cioè da un’assunzione coerente e concreta dei principi del Vangelo in ogni istante della nostra vita.

Questo è quello che fanno molti preti e realtà la cui firma compare in calce all’appello, e questo è quello che, con molti limiti, cerco di fare anch’io. Ed è in nome di questo impegno che abbiamo voluto esprimere il nostro affettuoso, convinto sostegno a un Papa che, con molta determinazione — e forse, a volte, senza il sostegno adeguato — sta ridando alla Chiesa quell’autorevolezza che viene innanzitutto da una completa purificazione dal potere e da una piena consonanza con la Parola di Dio.

Detto questo, fa bene Vittorio Messori nel suo articolo a chiedersi quanto sia sincero il vasto interesse suscitato dal Papa. Ma il primo a chiederselo, immagino, sia il Papa stesso. Lui infatti è il primo a richiamarci alla responsabilità contro la subdola tentazione della delega. Guai se pensassimo che un’unica persona, per quanto eccezionale, possa porre rimedio con le sue sole forze alle violenze, alle ingiustizie e alle disuguaglianze di questo mondo.

È un compito, questo, assegnato a ciascuno di noi. Il Papa non permetterà che il consenso suscitato dai suoi gesti e scelte resti un fatto emotivo o, peggio, ipocrita, senza tradursi in un impegno e una responsabilità collettivi nella costruzione del bene comune.