Ma Bergoglio è femminista? di G.Novello

Giovanna Novello
http://27esimaora.corriere.it

«Ci sono troppe poche donne oggi. Talvolta siamo troppo maschilisti e non diamo spazio alle donne. Loro sanno porre domande che gli uomini non sono capaci di comprendere…».

Sul Corriere di lunedì 19 gennaio 2015 Gian Guido Vecchi, inviato del Corrierea Manila per assistere alla «messa più affollata della storia», ha riportato queste parole di Francesco, pronunciate elogiando Glyzelle, una bimba di strada filippina, salvata da una fondazione della Chiesa locale.

Bergoglio la elogiava perché questa piccola donna di 12 anni gli aveva chiesto in lacrime: «Perché i bambini soffrono?».

L’articolo di Vecchi ha sottolineato in modo molto efficace la riflessione del Papa sull’importanza dell’imparare a piangere, ma le parole sulle quali mi sono soffermata sono state quelle trascritte sopra.

L’inviato del Corriere ha riportato una frase assolutamente non scontata, se consideriamo che è stata pronunciata da un uomo e che non esiterei a definire di rottura, se consideriamo che è stata pronunciata da un uomo che, incidenter tantum, è anche il Vescovo di Roma, nonché sommo capo della Chiesa cattolica. Un uomo che raccoglie molti consensi trasversali anche tra alcuni atei e agnostici e che ha una visibilità planetaria.

Possiamo chiamarlo il femminismo di Bergoglio? Ovviamente il titolo è intenzionalmente provocatorio ma pensiamoci un attimo.

Provate a far affiorare le stesse parole dalle labbra di una donna – magari autorevole e comunque esposta mediaticamente – come una di quelle indicate recentemente dalla 27Ora come possibile candidata alla carica di Presidente della nostra Repubblica.

Le stesse parole suonerebbero decisamente femministe, fin troppo autoreferenziali, insomma il solito piagnisteo da «femmina» che si atteggia a vittima e la poveretta si esporrebbe immediatamente ad innumerevoli critiche ed insulti. Soprattutto in un momento storico come il nostro in cui ogni voce, amplificata dal megafono di internet, si crede legittimata ad insultare, denigrare, sminuire, polemizzare per un piacere fine a se stesso, troppo spesso coperto dall’anonimato.

Proviamo ad accogliere queste parole in modo neutro, spogliandole dalle convinzioni religiose e spirituali di ciascuno di noi: si tratta comunque di parole innovative che ci esortano ad avere coraggio.

Il coraggio di provare a cercare di perseguire una libertà ed una ricchezza che ancora non abbiamo ma che possiamo immaginare.

Il femminismo delle nostre bisnonne e delle nostre nonne ha portato a cambiamenti epocali, come il diritto di voto, ma ora che il «macroscopico» è stato affrontato e cambiato ci siamo placidamente accomodati in una parità di genere, spesso solo di facciata.

Anche le donne più autorevoli ed affermate, nella maggior parte dei casi, tendono ad essere celate o a celarsi dietro ad un sipario di seta: quasi che la nostra tanto emancipata società temesse di disvelarle o che loro stesse temessero di disvelarsi per paura di esporsi o di fallire: come volatili che davanti alla porta aperta della gabbia, non colgono l’attimo, indugiano e scelgono di non provare neanche a volare via.

Quello che un uomo come Francesco ci sta dicendo – agli uomini ma anche alle donne di questo pianeta – è che stiamo privando noi stessi e i nostri ragazzi della libertà di poter ascoltare la ricchezza di due voci che pongono domande, che hanno pari ed uguale dignità e che sono imprescindibili per l’evoluzione della società, per non rimanere bloccati in un stato di invisibile arretratezza, nella quale prevalgono lo scontro di genere e lo scontro di civiltà.

Cominciamo a fare squadra e a concederci spazio reciproco nella quotidianità, nella quale i ruoli sono ancora troppo scarsamente intercambiati.