Un papa a reti unificate: il IV rapporto sulle confessioni religiose in tv di V.Gigante

Valerio Gigante
Adista Notizie n. 15 del 25/04/2015

Che questo sarebbe stato un pontificato “mediatico” lo si era capito da subito, dal celebre discorso a braccio fatto da Francesco subito dopo la sua elezione, quando si presentò alla folla riunitasi a piazza san Pietro con il celebre “buonasera”. Che però lo sarebbe stato nel senso che il papa domina letteralmente i palinsesti della tv italiana, pubblica o privata che sia, emerge in tutta la forza dell’evidenza numerica grazie al dossier appena dato alle stampe da Critica liberale (seppure datato ottobre-dicembre 2014).

Si tratta della IV edizione del Rapporto sulle confessioni religiose in Tv, pubblicato per la prima volta nel 2011 come allegato del più celebre Rapporto sulla secolarizzazione in Italia (curato da molti anni, oltre che dalla Fondazione Critica liberale, da Cgil Nuovi Diritti) e divenuto poi una pubblicazione autonoma, vista la rilevanza dei dati “ragionati” che annualmente presenta. Quello descritto nel dossier non è solo un dominio in termini di ascolti (tanto per fare un esempio recente, la benedizione pasquale urbi et orbi è stata seguita da più di quattro milioni di spettatori, con uno share di circa il 35%), ma una occupazione de facto dell’etere da parte di Bergoglio. Che si concretizza in intere trasmissioni a lui dedicate, o interminabili servizi sui tg e sui rotocalchi per parlare della quotidianità della sua vita, delle abitudini, delle passioni sportive o dell’infanzia di Francesco, delle sue telefonate e delle sue battute, dei suoi gesti e dei suoi discorsi ufficiali, dei suoi ammonimenti “estemporanei” e delle sue “aperture” sui temi dottrinari.

Tanto che, racconta il dossier, tra i temi religiosi affrontati in tv quello legato alla figura di Francesco è di gran lunga il primo (34,4%), davanti alle questioni della fede in generale (13,1%), ed a kermesse pure imponenti, come la canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII (16,9%). Insomma, papa Francesco fagocita tutto, anche la sua stessa Chiesa. E forse per ora sta bene così a tutti all’interno della gerarchia ecclesiastica, anche perché la presenza del papa distoglie l’attenzione da quei problemi che solo due anni fa avevano gettato sulla Chiesa un discredito tale da minarne seriamente la credibilità pubblica, come mai avvenuto in epoca recente. In ogni caso, stando ai dati del dossier, Francesco produce anche un “effetto trascinamento” sul mondo cattolico; tanto più evidente se si considera che nel periodo interessato dalla ricerca (ossia quello compreso tra il 1° settembre 2013 ed il 31 agosto 2014), le trasmissioni dedicate alla religione cattolica sono state complessivamente 495 per una durata di 291 ore e mezza, pari al 78,6% dei programmi a carattere religioso, in netto aumento – per durata e numero di emissioni – rispetto agli anni passati.

In termini assoluti, il canale tv (nella ricerca sono state considerate Rai, Mediaset e La7) che ha totalizzato il maggior numero di trasmissioni religiose è Raiuno (357 in totale), poi Raidue (215), Rete 4 (54) e Canale 5 (37). Del resto, nei palinsesti Rai e Mediaset i programmi specificatamente religiosi sono moltissimi, e praticamente tutti di segno cattolico: a parte la trasmissione domenicale della messa (su Rai e Mediaset), c’è la diretta per la recita dell’Angelus papale, ci sono le celebrazioni religiose legate e solennità cattoliche, le visite pastorali del papa; e poi le rubriche fisse, come “A Sua immagine”, “Tg1 Dialogo”, “Sulla via di Damasco” e “Le frontiere dello spirito”. Accanto ad essi fioriscono da anni, specie sulla televisioni commerciali, fiction, programmi e servizi giornalistici di più marcata impronta “popolare” e devozionistica, dedicati a santuari mariani, apparizioni, miracoli, guaritori di ogni tipo. In tutto questo contesto, ai protestanti, agli ebrei ed alle altre confessioni religiose restano le briciole; al pensiero laico, agnostico o ateo ancora di meno.

Il tutto in barba, oltre che al “pluralismo religioso”, a quello dell’informazione tout court. Dati alla mano, infatti, per i protestanti nella televisione nazionale esiste una sola rubrica quindicinale di 30 minuti in onda la domenica notte (all’1.30 circa) su Raidue, “Protestantesimo”. Quella dedicata alla cultura ebraica, “Sorgente di vita”, 30 minuti quindicinali su Raidue, va ugualmente in terza serata ed in alternanza con “Protestantesimo”. Le due trasmissioni racimolano rispettivamente l’11,4% e il 10%, della durata complessiva delle trasmissioni a carattere religioso trasmesse in Italia. A buddisti e a musulmani è dedicato un tempo inferiore a dieci minuti nell’arco dell’intero anno e in tutte le sette reti televisive esaminate. Gli altri si devono accontentare di brevi cenni all’interno dei palinsesti, o di presenze sparute di loro rappresentanti o fedeli all’interno dei programmi di approfondimento ed attualità.

Eppure, rileva Valeria Ferro, curatrice del dossier ed autrice dell’editoriale che apre il numero di Critica liberale che lo contiene, il contratto di servizio che disciplina le attività della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisvo, nell’elencare i principi e i criteri cui la Rai deve attenersi, afferma che la tv di Stato deve «garantire il pluralismo, rispettando i principi di obiettività, completezza, imparzialità, lealtà dell’informazione, di apertura alle diverse opinioni e tendenze sociali e religiose», «nonché alle diversità etno-culturali». Anche le emittenti commerciali sono soggette ad obblighi, in quanto “servizio di interesse generale” (tutelare i minori, garantire la dignità della persona, ecc.). E l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni parla di «dare attuazione alle istanze democratiche di salvaguardia della dignità umana nell’ambito del sistema comunicativo, del pluralismo, della obiettività, completezza ed imparzialità dell’attività informativa e di comunicazione, dell’apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali e religiose» (delibera n. 54/99/CONS).