Papa Francesco: «Donne, pari diritti». Ma non nella Chiesa di L.Kocci

Luca Kocci
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Donne e uomini «hanno gli stessi diritti, la disparità è uno scandalo», a cominciare dal salario che invece deve essere «uguale». Nella sua catechesi sul tema della famiglia – in vista della fase finale del Sinodo dei vescovi, ad ottobre – durante l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro, papa Francesco parla soprattutto delle donne, all’interno delle famiglie e nella società.

Il punto di partenza è tradizionale: il matrimonio – prendendo spunto dall’episodio evangelico delle nozze di Cana, contesto nel quale è ambientato il primo miracolo di Gesù, con la trasformazione dell’acqua in vino – e la famiglia, «capolavoro della società», «l’uomo e la donna che si amano». Istituzioni in crisi, lo sa bene il papa («le persone che si sposano sono sempre di meno: i giovani non vogliono sposarsi», «aumenta il numero delle separazioni», «diminuisce il numero dei figli»), anche fra i cattolici («perché molti, anche fra i battezzati, hanno poca fiducia nel matrimonio e nella famiglia?»), a causa di quella «cultura del provvisorio» che contraddistingue tutta la società («tutto è provvisorio, sembra che non ci sia qualcosa di definitivo»). Più difficile per Francesco individuare le cause: non solo la crisi economica («le difficoltà non sono solo di carattere economico, sebbene queste siano davvero serie»), quanto piuttosto la «paura di sbagliare» e «di fallire».

Sicuramente però, aggiunge Bergoglio liquidando un pregiudizio e un’opinione piuttosto diffusi nel mondo cattolico – soprattutto quello tradizionalista –, la responsabilità non è del percorso di emancipazione femminile. «Molti ritengono che il cambiamento avvenuto in questi ultimi decenni sia stato messo in moto dall’emancipazione della donna», spiega, ma questo «è una falsità, non è vero». Anzi «è una forma di maschilismo, che sempre vuole dominare la donna. Facciamo la brutta figura che ha fatto Adamo, quando Dio gli ha detto: “Ma perché hai mangiato il frutto dell’albero?”, e lui: “La donna me l’ha dato”. E la colpa è della donna. Povera donna! Dobbiamo difendere le donne».

Ci deve essere «radicale uguaglianza». Vale per il passato (è stato sconfitto un «abuso» ritenuto un «diritto»: quello dei mariti «di ripudiare le mogli, anche con i motivi più pretestuosi ed umilianti») ma «deve portare nuovi frutti oggi». E su questo, esorta Francesco, «come cristiani dobbiamo diventare più esigenti», per esempio sostenendo «il diritto all’uguale retribuzione per uguale lavoro; perché si dà per scontato che le donne devono guadagnare meno degli uomini? No! Hanno gli stessi diritti. La disparità è un puro scandalo».

Discorso socialmente avanzato quello di Bergoglio, tanto più guardando i dati che evidenziano forti differenze di trattamento economico fra uomini e donne in diversi ambiti lavorativi. Che però, se letto non in maniera isolata ma all’interno di tutti i suoi interventi e soprattutto considerando il ruolo “ancillare” delle donne nella Chiesa cattolica, mette in luce qualche contraddizione e ambiguità. «La donna per la Chiesa è imprescindibile», «Maria, una donna, è più importante dei vescovi», aveva detto Francesco nella sua prima intervista rilasciata a p. Spadaro, direttore di Civiltà cattolica (settembre 2013), ipotizzando nuovi ruoli («il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti»), ma anche precisando di fare attenzione a «non confondere la funzione con la dignità» e di temere «la soluzione del “machismo in gonnella”, perché in realtà la donna ha una struttura differente dall’uomo». E infatti in questi due anni di pontificato, fatta eccezione per le otto donne (su 17 componenti) presenti nella Commissione pontificia antipedofilia (fra cui l’irlandese Marie Collins, vittima di abusi), nessuna donna è stata collocata ai posti di comando. La parità invocata da Bergoglio resta un obiettivo da raggiungere nella società ma anche nella Chiesa.