Bagnasco: Renzi sulla scuola stai sereno, sulle assunzioni legge ad hoc di L.Kocci

Luca Kocci
il manifesto, 22 maggio 2015

Matteo stai sereno. Sulla riforma della scuola non c’è bisogno di correre, «non dobbiamo farci prendere dalla fretta per arrivare velocemente a concludere. Un tempo più disteso, senza l’acqua alla gola, consente di riflettere e di dialogare per ottenere risultati migliori». Il cardinal Bagnasco chiude l’Assemblea generale della Cei e, rispondendo ad una nostra domanda durante la conferenza stampa finale, invita il governo a togliere il piede dall’acceleratore sulla riforma della scuola, duramente contestata da sindacati, insegnanti e studenti. E fa propria una delle richieste più insistenti dell’opposizione, finora sempre rigettata dal premier e dalla ministra Giannini: l’inserimento del provvedimento sull’assunzione dei precari in un decreto legge ad hoc, così da poter discutere della riforma senza il ricatto di far saltare 100mila posti di lavoro qualora la “buona scuola” non venisse approvata. Occorre trovare «sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi ed obiettivi», aveva detto Bagnasco martedì scorso, durante la prolusione dell’Assemblea. E ieri ha esplicitato: «Se poi ci sono delle urgenze, come nel caso dell’assunzione dei precari, nulla vieta di scorporarle dal resto della riforma sulla scuola».

Sono stati resi noti anche i nuovi dati relativi all’otto per mille, che evidenziano un calo significativo per la Chiesa cattolica. Dopo diversi anni l’incasso scende sotto quota un miliardo. Non accadeva dal 2009, quando furono incamerati 968 milioni. Quest’anno alla Chiesa cattolica sono stati assegnati 995 milioni, 60 in meno del 2014, quando invece venne raggiunta quota 1 miliardo e 55 milioni.

I motivi dell’emorragia sono tre: la diminuzione complessiva dell’Ire (ex Irpef), che quindi riduce l’incasso; un conguaglio negativo di 17 milioni di euro (soldi che erano stati assegnati in più nel 2014 e che ora sono stati recuperati dallo Stato); e soprattutto il calo di firme a favore della Chiesa cattolica, scese di oltre 2 punti, dall’82,28% all’80,22%. Ricordando sempre che non si tratta di una percentuale assoluta – l’80% di tutti i contribuenti –, ma relativa a coloro che scelgono una destinazione dell’otto per mille, ovvero circa il 45% dei cittadini che presentano la dichiarazione dei redditi (il restante 55% lascia tutte le caselle in bianco, ma la quota viene comunque ripartita proporzionalmente in base alle scelte di coloro che hanno firmato). Quindi in realtà è circa il 35% dei contribuenti a destinare il proprio otto per mille alla Chiesa cattolica.

Non c’era ancora l’effetto papa Francesco: i soldi del 2015 si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi del 2012, e Bergoglio venne eletto al soglio pontificio nel marzo 2013 (quindi è presumibile che il prossimo anno le cifre torneranno a salire). C’era invece l’effetto vatileaks, che esplose proprio in quel periodo.

Nella ripartizione dei fondi – approvata dall’Assemblea della Cei – c’è qualche piccola variazione ma si conferma la tendenza degli ultimi anni: buona parte dei fondi (73%) è utilizzata per “esigenze di culto e pastorale” (403 milioni, il 40% del totale, 30 milioni in meno rispetto al 2014) e “sostentamento del clero” (327 milioni, il 33%, 50 milioni in meno rispetto allo scorso anno); una percentuale minore – anche se la martellante campagna pubblicitaria sembra reclamizzare l’opposto – per gli “interventi caritativi” (265 milioni, il 27%, 20 milioni in più rispetto al 2014). Insomma la spending review non ha colpito il “sociale” ma il culto e il “personale”.

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Dio, scuola e famiglia, tuona Bagnasco

Luca Kocci
il manifesto, 20 maggio 2015

Buono scuola da spendere negli istituti paritari. No all’insegnamento della parità di genere. No al disegno di legge sulle unioni civili in discussione in Parlamento. No al divorzio breve, che però ormai è legge. È questo l’agenda del cardinal Bagnasco per la politica italiana, dettata ieri durante la prolusione all’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.

È bastato che lunedì, aprendo l’incontro, papa Francesco facesse un accenno alle «colonizzazioni ideologiche» che «tolgono l’identità e la dignità umana», perché ieri il presidente della Cei – come facilmente prevedibile – orientasse quasi metà del suo intervento a quelli che al tempo di papa Ratzinger si chiamavano «principi non negoziabili». Ora l’espressione è scomparsa – perché a Francesco non piace, come ha detto più volte –, ma i punti qualificanti restano tutti, variamente catalogati sotto l’etichetta «teoria del gender» oppure «questione antropologica», cioè «la progressiva mutazione dell’identità umana».

Sulla scuola, al centro del dibattito di queste settimane, Bagnasco auspica che vengano trovate «sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi ed obiettivi» (un invito a scorporare dal ddl l’assunzione dei precari per inserirla in un decreto ad hoc come chiedono le opposizioni?). Quindi affronta quello che gli sta più a cuore: soldi e «gender». «Diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della “colonizzazione ideologica” – attacca il presidente della Cei –. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli. Sarebbe il tempo di attuare quanto previsto dalla legge 62/2000», ovvero la legge Berlinguer, che ha messo sullo stesso piano le scuole statali e quelle paritarie. A tal proposito Bagnasco sollecita l’istituzione del «buono scuola», che le famiglie possono «utilizzare nella scuola prescelta», cioè in una scuola paritaria (cattolica). E mostra grande preoccupazione per la possibilità – prevista da un emendamento al ddl sulla “buona scuola” di Renzi – dell’insegnamento della «parità di genere in tutti gli istituti». Non sarebbe altro, prosegue, che «l’ennesimo esempio di quella che papa Francesco ha definito “colonizzazione ideologica”». Perché sarebbe una parità di genere col trucco: «Educare al rispetto di tutti, alla non discriminazione e al superamento di ogni forma di bullismo e di omofobia, è doveroso», spiega Bagnasco. «Ma l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata, mira in realtà ad introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura».

Dalla scuola alla famiglia, messa sotto attacco dal disegno di legge sulle unioni civili che il Parlamento sta discutendo. Bagnasco cita il discorso che papa Francesco ha tenuto lo scorso anno ai vescovi del Messico: «La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita». E in questa direzione andrebbe il ddl sulle unioni civili che, fra l’altro, «conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale», aprendo anche all’adozione dei bambini, «che per ora si limita all’eventuale figlio del partner» ma che poi secondo il presidente della Cei «sarà estesa senza l’iniziale limitazione», così come «sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita».

Infine il divorzio breve. «Si puntava sul “divorzio lampo” e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi», dice Bagnasco. «Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta?». Le domande, ovviamente, sono retoriche.