Le reazioni del mondo cattolico: felicità e perplessità di C.Geymonat

Claudio Geymonat
www.riforma.it

La visita di papa Francesco è stata seguita con ovvio interesse anche dalla comunità cattolica locale e nazionale.

Monsignor De Bernardi, vescovo di Pinerolo, regge una diocesi che per contiguità territoriale è abituata a misurarsi da secoli con il mondo valdese che in quei territori ha le proprie radici; per questo saluta con grande calore i temi emersi dalla giornata odierna: «Userei alcuni termini per definire questo importante momento: gioia, realizzazione di un sogno, speranza e fraternità rafforzata. I primi due concetti sono lo stato d’animo di comunità che tanto si sono spese per avvicinarsi, e la visita di oggi rappresenta uno spartiacque importante per la valenza di cui si carica. Ma non è un momento casuale: è il culmine di un lungo percorso, e per questo va reso onore alle tante donne e ai tanti uomini che hanno speso la propria esistenza in un continuo sforzo di dialogo ecumenico».

Il moderatore Eugenio Bernardini con garbo ma con fermezza ha ricordato alcuni aspetti che ancora ostacolano una piena riconciliazione, dalla definizione del Concilio Vaticano Secondo sulle “comunità ecclesiali” a quella dell’ospitalità eucaristica: «Sono due questioni distinte – continua De Bernardi -. La prima è figlia del Concilio Vaticano e all’epoca rappresentò un forte passo in avanti perché aiutò a superare la questione dei “fratelli separati”. Ma ora a 50 anni da quell’incontro bisogna fare un ulteriore passo in avanti, che io stesso ho sollecitato molte volte. Non è infatti possibile negare il titolo di chiesa a chi riconosce il battesimo, che cattolici e protestanti hanno in comune, e che è la porta per entrare appunto nella propria chiesa di appartenenza. Sul tema dell’eucaristia sono necessarie più attente riflessioni teologiche, anche se a mio avviso la strada maestra era già stata segnata oltre 30 anni fa dal BEM, il documento su battesimo, eucaristia e ministero pubblicato dalla commissione Fede e Costituzione, vera e propria pietra miliare che si è troppe volte accantonata. Forse è il tempo, e su questo ho già avuto modo di discutere varie volte con il pastore Paolo Ricca, di far vedere la luce ad una commissione mista valdo-metodista e cattolica, per ragionare a fondo su questi temi, superando la fase dei sorrisi e dei reciproci riconoscimenti. Fase importante cui va dato però un seguito sostanziale».

Aspetti teologici che possono unire, ma che in parte ancora dividono come sottolinea Andrea Gagliarducci, vaticanista per Aci stampa e varie testate cattoliche internazionali: «la teologia è un dono proprio in seno ad ogni religione, e mi colpisce che il moderatore Bernardini chieda in sostanza una conversione teologica al cattolicesimo, cosa che non avviene al contrario. La totale comunanza eucaristica presuppone un disconoscimento di parte della propria dottrina, aspetto francamente che mi pare non possibile. Sono poi stupito del fatto che il moderatore senta una così forte necessità di riconoscimento da parte del mondo cattolico, chiedendo per questo il superamento della definizione di “comunità ecclesiali”: se si è profondamente convinti e sicuri del proprio cammino forse non vi è motivo per chiedere riconoscimenti ufficiali». Segnali di come il percorso da fare sia ancora lungo secondo Gagliarducci, anche se –prosegue- «è indubbio che oggi abbiamo vissuto una giornata storica, anche se già conoscevamo l’attenzione di Francesco verso il mondo protestante, in particolare verso la comune predisposizione a spendersi nella società. Ci sono molti temi in comune su cui lavorare per ricercare la celebre e celebrata unità nella diversità».

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IL COMUNICATO DI NOI SIAMO CHIESA

Care sorelle e cari fratelli della Chiesa valdese

siamo del tutto partecipi del momento storico che voi e noi stiamo vivendo. Un atto di perdono e di riconciliazione nei vostri confronti, doveroso e troppo in ritardo, è comunque un atto di verità e di coerenza con l’Evangelo.

L’amicizia fraterna che ci lega, confermata da tanti momenti di riflessione comune e di ospitalità,è stata oggi confortata da un intervento di papa Francesco nel tempio valdese di Torino che apre a un nuovo cammino ecumenico che è stato per troppo tempo ritardato.

Siamo concordi con quanto ha detto il vostro Moderatore sulle diversità che devono essere riconciliate e sulla fine dell’autosufficienza delle Chiese. A quando finalmente l’ospitalità eucaristica?

Un abbraccio di pace alla luce dell’Evangelo a nome di tutte e tutti di “Noi Siamo Chiesa”

Vittorio Bellavite , coordinatore nazionale

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«Ai valdesi chiedo perdono, ma ci sono differenze»

Massimo Introvigne
www.lanuovabq.it

Il 22 giugno Papa Francesco a Torino – oltre a incontrare i suoi familiari piemontesi in forma privata – ha compiuto la sua seconda visita a una comunità protestante. Dopo i pentecostali della Chiesa della Riconciliazione incontrati a Caserta, ha visitato il Tempio Valdese. Un incontro cordiale, dove – com’era avvenuto per i pentecostali – il Papa ha chiesto perdono ai valdesi per il contributo di cattolici alle violenze perpetrate contro di loro, che furono particolarmente sanguinose, in un contesto politico particolare, nei secoli XVI e XVII. Ma ha anche pronunciato più volte la parola «differenze», ricordando la lontananza che fra cattolici e valdesi si è determinata «in campo antropologico ed etico».

Il riferimento, non casuale, è alla tematica della vita e della famiglia. Il Papa ha visitato una comunità valdese divisa al suo interno. Le autorità valdesi consentono a ciascuna comunità locale di scegliere se benedire unioni fra persone dello stesso sesso. Diverse comunità lo fanno. Ma questo ha determinato un dissenso interno: un certo numero di valdesi sabato scorso era a Roma alla manifestazione di Piazza San Giovanni. Fra questi, una delle voci più forti in Senato contro la legge Cirinnà: il senatore Lucio Malan, valdese praticante ed erede di una delle famiglie storiche delle Valli Valdesi del Piemonte. Dopo avere ricordato che i valdesi sono presenti in Argentina, e gli «amici della Chiesa Evangelica Valdese del Rio della Plata, di cui ho potuto apprezzare la spiritualità e la fede, e imparare tante cose buone», Francesco ha esordito parlando di ecumenismo e della «fraternità che unisce tutti coloro che credono in Gesù Cristo e sono stati battezzati nel suo nome. Questo legame non è basato su criteri semplicemente umani, ma sulla radicale condivisione dell’esperienza fondante della vita cristiana: l’incontro con l’amore di Dio che si rivela a noi in Gesù Cristo e l’azione trasformante dello Spirito Santo che ci assiste nel cammino della vita». Qui si situa «il profondo legame che già ci unisce, malgrado le nostre differenze», che non vanno sottaciute.

D’altro canto, «l’unità, che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità. I fratelli, infatti, sono accomunati da una stessa origine, ma non sono identici tra di loro. Ciò è ben chiaro nel Nuovo Testamento, dove, pur essendo chiamati fratelli tutti coloro che condividevano la stessa fede in Gesù Cristo, si intuisce che non tutte le comunità cristiane, di cui essi erano parte, avevano lo stesso stile, né un’identica organizzazione interna». Per continuare un cammino di comunione ecumenica, per quanto difficile, nessuno dovrà rinunciare al suo stile e alla sua organizzazione, che sono cose ovviamente diverse dalla dottrina. «Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni», ha aggiunto il Papa, «non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede, e chiedo al Signore che ci dia la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri». Poi le parole più forti, molto simili a quelle usate per i pentecostali: «Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!».

Certo, dallo sterminio dei valdesi di Guardia Piemontese, in Calabria, del XVI secolo e dalle “Pasque valdesi” del XVII secolo in cui diverse migliaia di valdesi furono trucidati – per ragioni che erano peraltro politiche e non solo religiose -, molta acqua è passata sotto i ponti. Ma certo ecclesiastici e regnanti cattolici ebbero parte in quei massacri. Così come il Papa chiede di «saperci perdonare gli uni gli altri», in modo non unilaterale, dal momento che ci furono anche cattolici uccisi a causa della loro fede da valdesi. «Perciò», ha affermato il Pontefice, «siamo profondamente grati al Signore nel constatare che le relazioni tra cattolici e valdesi oggi sono sempre più fondate sul mutuo rispetto e sulla carità fraterna», specie nella diocesi di Pinerolo, dove di recente «la Chiesa valdese ha offerto ai cattolici il vino per la celebrazione della Veglia di Pasqua e la Diocesi cattolica ha offerto ai fratelli valdesi il pane per la Santa Cena della Domenica di Pasqua. Si tratta di un gesto fra le due Chiese che va ben oltre la semplice cortesia». Non mancano momenti di collaborazione culturale per raggiungere «gli uomini e le donne di oggi, che a volte sembrano così distratti e indifferenti» e per promuovere temi di dottrina sociale, per esempio nell’analisi e negli interventi sui problemi dei poveri e dei migranti.

Certo – il Papa lo ha nuovamente ricordato concludendo il discorso – ci sono «differenze su importanti questioni antropologiche ed etiche, che continuano a esistere tra cattolici e valdesi». Ma questo non deve impedire i rapporti di buon vicinato, la purificazione della memoria e la collaborazione negli ambiti in cui questa è possibile. «Vorrei che la visita al Tempio Valdese», ha concluso Francesco, «ci confermasse in un nuovo modo di essere gli uni con gli altri: guardando prima di tutto la grandezza della nostra fede comune e della nostra vita in Cristo e nello Spirito Santo, e, soltanto dopo, le divergenze che ancora sussistono».