Salvini: «Non abbiamo bisogno del perdono del papa» di L.Kocci

Luca Kocci
il manifesto, 18 giugno 2015

Papa Francesco non lo aveva nominato, ma Matteo Salvini evidentemente si è sentito chiamato in causa se ha avuto la necessità di rispondere per le rime dai microfoni di Radio Padania.

«Preghiamo per tanti fratelli e sorelle che cercano rifugio lontano dalla loro terra, che cercano una casa dove poter vivere senza timore, perché siano sempre rispettati nella loro dignità», ha detto ieri mattina Bergoglio in piazza San Pietro, al termine dell’udienza del mercoledì, ricordando che sabato prossimo sarà la Giornata mondiale del rifugiato. «Incoraggio l’opera di quanti portano loro un aiuto – ha proseguito il papa – e auspico che la comunità internazionale agisca in maniera concorde ed efficace per prevenire le cause delle migrazioni forzate. E vi invito tutti a chiedere perdono per le persone e le istituzioni che chiudono la porta a questa gente che cerca una famiglia, che cerca di essere custodita».

«Quanti rifugiati ci sono in Vaticano?», ha chiesto poco dopo Salvini da Radio Padania. «Il problema è che i rifugiati sono solo un quarto di quelli che arrivano. Noi non abbiamo bisogno di essere perdonati, pecchiamo come tutti ma ci sentiamo buoni e generosi più di altri pseudo-cattolici che dicono che c’è posto per tutti. Sono curioso di vedere se a Torino domenica e lunedì il papa vedrà solo dei profughi o incontrerà anche qualche sfrattato torinese. Non credo», dice il segretario della Lega, sbagliando però, perché il programma della visita prevede, domenica, proprio il pranzo con alcuni senza fissa dimora. «Peccato mi piaceva tanto all’inizio, adesso boh?», la conclusione interlocutoria di Salvini. Calderoli prova a mettere pace fra i due: «Papa Francesco venga a trovarci o invii qualcuno domenica a Pontida per ascoltare la voce del popolo».

Excusatio non petita, accusatio manifesta (scusa non richiesta, accusa manifesta) avrebbe detto un uomo del Medioevo. Non Salvini ovviamente che, vista la poca dimestichezza con la grammatica italiana («sono clandestini, il migrante è un gerundio», ha spiegato pochi giorni alla trasmissione televisiva Virus), probabilmente ne avrà ancor meno con il latino. Ma soprattutto perché quella del segretario della Lega non è una richiesta di scusa, ma una rivendicazione.

Del resto che Bergoglio non fosse di suo gradimento, Salvini lo aveva intuito immediatamente: «Lunga vita e proficua missione al papa argentino, ma da milanese mi tengo ben stretto il cardinal Scola!», aveva twittato subito dopo l’elezione del papa. Se non gradisce il papa – scelta più che legittima – Salvini apprezza però il cattolicesimo trasformato e usato come religione civile: dalle battaglie leghiste per l’affermazione delle «radici cristiane dell’Europa», alle crociate per il crocefisso e il presepe nelle scuole. Così come accoglie a braccia aperte personalità, associazioni e movimenti del cattolicesimo integralista che sempre più spesso – per esempio a Roma lo scorso 28 febbraio – partecipano alle manifestazioni della Lega inneggiando a “Dio, Patria e Famiglia”.

Comunque Salvini non è da solo. Oltreoceano Jeb Bush, candidato cattolico repubblicano alla presidenza Usa, a proposito dei passaggi sui cambiamenti climatici presenti nell’enciclica Laudato si’ che uscirà ufficialmente oggi – in particolare si parla dei migranti a causa del degrado ambientale, non riconosciuti come rifugiati dalle convenzioni internazionali –, dice: «Il papa eviti di parlare di clima, non mi faccio dettare l’agenda».