Diocesi di Padova: più di 130 giovani cattolici chiedono a Chiesa e politica aperture sulle unioni omosessuali di L.Kocci

Luca Kocci
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Alla Chiesa cattolica chiedono di essere «comunità accogliente» anche nei confronti delle persone omosessuali. Alla politica italiana di riconoscere alle coppie omosessuali i «diritti civili» finora negati. Ai mezzi di informazione «di smettere di dare spazio solo a quelle voci che, pur legittimamente, esprimono posizioni contrarie ai diritti civili per gli omosessuali, pretendendo però che queste appartengano a tutti i cattolici». Sono 5 universitari padovani tutti di 22-23 anni – impegnati nel Msac, il Movimento studenti di Azione cattolica – che, all’indomani del referendum irlandese con cui i cittadini hanno approvato a larga maggioranza il matrimonio gay (v. Adista Notizie nn. 3, 12, 16, 19, 21 e 22/15), hanno scritto una lettera aperta, parzialmente ripresa dal quotidiano della Conferenza episcopale Avvenire (a cui era principalmente indirizzata), e pubblicata integralmente dal settimanale della Diocesi di Padova, La Difesa del popolo, che in pochi giorni ha raccolto 138 firme di giovani cattolici padovani tutti fra i 18 e i 35 anni. «Dopo la pubblicazione della lettera ci hanno scritto e contattato in tanti, da Padova ma anche da altre parti d’Italia, molti giovani, diversi omosessuali credenti, qualche prete, la maggior parte per esprimere condivisione e sostegno, qualcuno criticandoci perché, a loro avviso, abbiamo affrontato con leggerezza temi delicati», spiega ad Adista Anna Valentini, una dei promotori. «In ogni caso siamo contenti di aver stimolato un dibattito e un confronto che speriamo continui».

I toni della lettera sono pacati ma i contenuti piuttosto netti, sebbene non si spingano eccessivamente in là (per esempio sospendono il giudizio sul nodo della possibilità di adottare bambini da parte delle copie omosessuali): una Chiesa aperta e non arroccata, una politica laica e riformatrice.

«Siamo un gruppo di giovani cattolici impegnati nella Diocesi di Padova che desiderano esprimere il loro punto di vista su alcune questioni importanti», scrivono. «Di fronte al risultato del Referendum in Irlanda, tra i cattolici italiani c’è chi agita lo spettro della secolarizzazione e del crollo dei valori. A noi sembra, però, che il punto sia un altro: forse la comunità dei fedeli irlandesi ha semplicemente sentito la necessità di rispondere con una presa di posizione nuova ad un’esigenza presente nella società in cui vive».

Dall’Irlanda, all’Italia. «La decisione dei cittadini cattolici irlandesi ora ci interroga a nostra volta con forza – si legge nella lettera –. Ci interroga come giovani, chiamati a essere protagonisti del cambiamento; come cittadini, perché l’Italia è uno degli ultimi Paesi d’Europa totalmente privi di diritti civili per le coppie omosessuali; come cattolici, perché se il nostro Paese su questo punto è ancora fermo, ne abbiamo una qualche responsabilità. È innegabile come in questi anni molti politici abbiano fatto del loro ostruzionismo una bandiera da sfoggiare per dimostrare la purezza della loro “cattolicità”.

Consapevoli dei nostri limiti, ci accingiamo ora a suggerire al mondo ecclesiale e civile alcuni spunti di riflessione».

Ed ecco le proposte a Chiesa, politica e mondo dell’informazione.

«Ci piacerebbe – scrivono – che come Chiesa ci facessimo più carico della situazione dei tanti omosessuali che si sentono discriminati e mostrassimo più visibile il volto di una comunità accogliente. Invitiamo poi la gerarchia della Chiesa italiana ad affidare con maggior serenità ai nostri politici il confronto sul tema dei diritti civili».

Ai politici viene rivolto l’invito a «sedersi al tavolo del riformismo. Siate laici coerenti con la propria vocazione, capaci di assumersi delle responsabilità che a volte esigono mediazioni sofferte. Se non lo fate ora, c’è il fondato rischio di ritrovarsi a subire passivamente in futuro scelte improvvise e radicali. A nostro parere, il fatto di considerare il matrimonio cristiano e la famiglia tradizionale dei valori aggiunti non è in contraddizione con la possibilità di riconoscere alcuni diritti civili alle persone omosessuali. L’essere disposti ora ad un graduale e ragionato riformismo sulle unioni civili permetterà poi di sospendere la riflessione su quei punti che destano maggiori perplessità, quali l’adozione di minori».

E ai media: «Basta dare l’immagine di una Chiesa arroccata su una posizione immobile su questi temi. La Chiesa di cui noi siamo parte viva, è una chiesa aperta al dialogo e all’incontro. Chiediamo di smettere di dare spazio solo a quelle voci che, pur legittimamente, esprimono posizioni contrarie ai diritti civili per gli omosessuali pretendendo però che queste appartengano a tutti i cattolici». «Speriamo con questo intervento, nato da una riflessione condivisa – concludono i giovani –, di poter essere d’aiuto per stimolare un confronto sereno».

La prima occasione di dibattito nella Chiesa sarà ad ottobre, quando si svolgerà l’assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia: le premesse non sono buone – l’Instrumentum laboris si limita a parlare di singole persone omosessuali (ogni persona «va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società»), mai di coppie (v. Adista Notizie n. 24/15) – ma il tema è all’ordine del giorno