La morale della chiesa che dice sì ai mafiosi e no alle coppie gay di D.Accolla

Dario Accolla
GayIT

Era dicembre del 2012. Da oltremanica e da oltreoceano spiravano venti che poi avrebbero portato al matrimonio egualitario in Inghilterra e negli USA. Puntuale arrivò l’anatema di Joseph Ratzinger, che definì le unioni gay come “offesa contro la verità della persona umana” e “ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”. Formula ripresa dopo il referendum irlandese dal cardinale Parolin, che sentenziò: “una sconfitta per l’umanità”. A onor del vero, in tali scomuniche finiscono anche eutanasia e interruzione di gravidanza. A quanto pare, per i rappresentanti della chiesa – ormai ridotti a ridicola imitazione di guardiani della fede – la libera gestione del corpo rientra in una sfera di fenomeni che avvicinano a Satana, distruggono la società e minacciano (manco a dirlo) i bambini. Amen.

A proposito di eutanasia: ricordate Piergiorgio Welby? Giornalista e attivista radicale, si batté per il trattamento di fine vita. Contrariamente a quanto raccontano i nostri ayatollah all’amatriciana, una legge in merito non comporterebbe lo sterminio di vecchietti che non trovano posto alla casa di cura, ma risolverebbe le sofferenze di chi è in stato terminale. Dovrebbe essere anzi “amore cristiano” (ammesso che questa formula abbia mai significato davvero qualcosa) porre fine, in modo dignitoso, alle sofferenze di qualcuno. E se proprio vogliamo scomodare la sfera del diritto, dovrebbe essere dovere dello Stato provvedere affinché i cittadini abbiano un degno trattamento in casi similari.

Welby fece staccare le macchine e gli furono negati i funerali in chiesa. Il Vicariato di Roma precisò di non voler concedere le esequie perché la volontà di porre fine alla propria vita contrastava con la dottrina cattolica. Se ti suicidi, se interrompi la gravidanza o se più banalmente ti innamori di una persona del tuo stesso sesso, la casa del Signore ti è preclusa. Ricordiamo il caso di Barbara Johnson, che si è vista rifiutare la comunione al funerale della madre. Il motivo? “Sei lesbica, è peccato”. Dio, d’altronde, è fatto così: per ammetterti in paradiso deve rendere la tua vita un inferno. Almeno secondo quanto ci insegnano i vari Bagnasco, Parolin e Ratzinger.

Ho citato il caso Welby perché ieri, nella stessa chiesa che gli ha negato l’ultimo saluto, si è celebrato il funerale del boss Vittorio Casamonica. Esequie pompose, con tanto di banda musicale, musiche del film Il padrino e striscioni inneggianti al “re di Roma” fin dentro la cappella. Fatto non nuovo, nella recente storia del cristianesimo: in Calabria non è raro che la Vergine Maria si inchini al cospetto di qualche capo mafioso… Ma comunque fatto strano e incomprensibile, se guardiamo chi avrebbe dovuto far di tutto per evitare questo tipo di apologia al crimine. Innanzi tutto perché siamo a Roma e forse sarebbe stato il caso di vigilare meglio, dopo i recenti scandali di “mafia capitale” nei quali, tra l’altro, i Casamonica sono coinvolti.

È singolare, cioè, che il nostro ministro dell’Interno – tale Angelino Alfano – irriducibile a mobilitare i prefetti per annullare le trascrizioni dei matrimoni di gay e lesbiche contratti all’estero, poi nulla fa per evitare questo insulto alla legalità. E non è l’unico a doverne rispondere. Molti sono i parroci che, da settimane, si sono mobilitati per scongiurare il pericolo del “gender”, mettendo a disposizione pullman e sacrestie per il Family Day e impedire che venga approvato il ddl Cirinnà. Non sembra che gli stessi si stiano prodigando con la stessa forza di fronte a questo tipo di eccessi. Non mi sembra di sentire lo stesso clamore, almeno, da parte dei soliti fedeli indignati. O forse la mafia è omogenea alla dottrina cattolica?

E ancora, ulteriori interrogativi turbano le nostre coscienze di cittadini/e per bene: come mai il parroco della chiesa dello show pro-mafia non ha invitato i suoi fedeli alla morigeratezza che si conviene a un luogo di culto? Sentiremo mai un vescovo qualunque affermare, con la stessa veemenza, che questo tipo di manifestazioni sono un pericolo per la pace o una sconfitta, se non per l’umanità, almeno per il concetto di rettitudine? Perché la sensazione che si ha, da oltre Tevere alla più piccola pieve di campagna, è che si sia persa un po’ la bussola e si confondano le scelte di persone libere e oneste per crimini aberranti. E gli stili di vita di criminali per atti di fede.

Sarebbe il caso, da parte di Bergoglio in poi, di rivedere codici etici e ordini di priorità. Se non si vuole apparire ridicoli e senza credibilità alcuna, come succede da qualche tempo a questa parte.