Applausi al papa. E poi? Un commento a margine del viaggio a Cuba e negli Usa di E.DeLaSerna

Eduardo de la Serna
www.adistaonline.it

«Continuo a pensare che papa Francesco abbia cambiato gesti, parole, atteggiamenti, senza un cambiamento strutturale però, alla sua morte tutto può tornare come prima: all’inverno!». A partire dal viaggio papale a Cuba e negli Stati Uniti, Eduardo de la Serna, del Grupo de Curas en la Opción por los Pobres, riflette sul papato più in generale e sulla necessità di cambiare le strutture della Chiesa. Vi proponiamo il suo commento, pubblicato sulla pagina Facebook del gruppo, in una nostra traduzione dallo spagnolo.

La visita del papa a Cuba e negli Stati Uniti ha mobilitato l’opinione pubblica ed è rimbalzata sui mezzi di comunicazione. Vorrei dire a riguardo alcuni pensieri sparsi…

1) Lo dissi già al tempo dei viaggi di Giovanni Paolo II: personalmente non desidero che il papa viaggi. È vescovo di Roma e non mi immagino il vescovo di Quilmes parlare al Parlamento peruviano o ricevuto dal presidente della Colombia o a parlare di fronte all’Organizzazione degli Stati Americani. Pertanto vorrei che fosse il miglior vescovo di Roma possibile. Punto. Al contrario non vedo negativamente che viaggi per eventi internazionali (la Giornata mondiale della Gioventù, l’Incontro dei Movimenti sociali mi sembrano belle occasioni… e anche le Nazioni Unite). Però ciò che il papa può dire in Korea, Paraguay o Stati Uniti non mi interessa molto.

2) Posto che penso che a guidare la Chiesa non sia il papa (questo, il precedente o quello che verrà) ma lo Spirito Santo, credo che esaltare la figura del pontefice (quale che sia) è distorcere il tema centrale; credo che il papato dovrebbe essere ripensato alla radice. Personalmente vorrei un papa che sia vescovo di Roma (come ho detto) e che non influisca sulla Chiesa mondiale (altra cosa è che i vescovi siano in comunione e che il vescovo di Roma ne sia garante: questa è comunione ecclesiale). E la sovraesposizione papale mi sembra più controproducente che positiva, per quanto positiva possa essere la persona del papa.

3) È vero che veniamo da un gelido inverno. E che, se a livello di ripercussioni internazionali ciò che i papi dicevano o facevano era più motivo di vergogna che di gioia, oggi è vero il
contrario. Questo attira l’attenzione di molti e, anche se non mi interessa granché, celebro questo fatto.

4) Nonostante senta dire che “il papa ha cambiato la Chiesa” continuo a credere che ancora non è cambiato niente. Continuo a sperare che lo faccia, però continuo a sperare appunto. Continuo a pensare che papa Francesco abbia cambiato gesti, parole, atteggiamenti, senza un cambiamento strutturale però alla sua morte tutto può tornare come prima: all’inverno! E continuo a vedere decenni di inverni locali nelle chiese particolari. Per questo si tratta di una speranza.

5) Che dire dei discorsi di questo viaggio? Tutti applaudono il “Santo Padre”, tutti! Chiaro che se lo applaudono i cubani e gli yankees, i repubblicani e i democratici, e l’intera assemblea delle Nazioni Unite, uno sia legittimato a chiedersi: che è successo? Il papa ha parlato contro la pena di morte e i grandi assassini lo hanno applaudito? Ha parlato contro il commercio di armi e i grandi trafficanti lo hanno applaudito? Ha parlato del narcotraffico, del riciclaggio di denaro e i grandi malviventi lo hanno applaudito? Allora le cose son due: o il cinismo è assoluto o il papa non ha parlato abbastanza chiaro! Certo se avesse detto: “Voi non applaudite!” sarebbe stato diverso… forse troppo profetico!

6) La diplomazia mi sembra in contraddizione con il Vangelo: Gesù non morì di vecchiaia. A Erode lo chiamò “volpe”; a Cesare disse che rubava le cose di Dio e che doveva restituirle; scribi e farisei li chiamò “ipocriti”, e fu assassinato su una croce. Crederò che il papa è stato davvero ascoltato quando negli Stati Uniti aboliranno la pena di morte e smetteranno di vendere armi; altrimenti sarà come essere andati al concerto di un buon cantante, a un buon concerto.

7) Ho ben chiaro che ciò successe anche al profeta Ezechiele. Non volevano ascoltarlo e Dio stesso lo riconosce – “ti ascoltino o non ti ascoltino”. Questo però non deve essere un alibi per tacere: in ogni caso il profeta deve parlare, nessuno deve poter dire che Dio non ha mandato il suo profeta («ecco tu sei per loro come una canzone d’amore», Ez 33,31-32). Non è sbagliato che il papa parli a chi non vuole ascoltarlo, al “sordo che non vuol sentire”. Ciò che è strano è che non dica chiaramente: “Voi non volete ascoltare”. Gesù lo dice ai suoi contemporanei: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane» (Gv 9,41). È profetico anche parlare a quanti sono incapaci di ascoltare, però se non essere ascoltati è responsabilità di chi ascolta, non parlare abbastanza chiaro può essere altro: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6,26).

Insomma non ho seguito molto il viaggio del papa. Se da questo viaggio verranno frutti di pace e di giustizia lo celebrerò: in fin dei conti è ciò che conta. Se non ci saranno questi frutti, allora insisto che meglio sarebbe cercare di trasformare veramente le strutture intraecclesiali che ne hanno parecchio bisogno. Noi ne abbiamo bisogno.