Sinodo, secondo round: poche speranze, pochissimi laici, nessuna donna di V.Gigante

Valerio Gigante
Adista Notizie n° 33 del 03/10/2015

Quello che sta per essere celebrato in Vaticano è un Sinodo cosiddetto ordinario. Rispetto a quello “straordinario”, celebrato nell’ottobre scorso, prevede un numero maggiore di padri sinodali, soprattutto tra gli eletti dalle Conferenze episcopali dei diversi Paesi. Resta, come per l’altra tipologia di assise, la prerogativa concessa al papa di nominare direttamente un certo numero di padri sinodali.
Così, pochi giorni prima del suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti (v. notizia precedente), papa Francesco ha ufficializzato la lista dei prelati da lui scelti, indicandone 45 (di cui 14 sono italiani). Un numero considerevolmente superiore ai 26 nominati nel 2014.
Nella lista dei prelati da lui stesso indicati, Francesco ha incluso – prassi già seguita dai precedenti pontefici – alcuni tra i non eletti nelle votazioni delle Conferenze episcopali. Tra questi, alcuni sono di orientamento più liberal, come il card. John Atcherley Dew (creato cardinale dallo stesso Francesco), arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda); lo statunitense Blase J. Cupich, scelto nel 2014 da Bergoglio per guidare la diocesi di Chicago, succedendo al conservatore card. Francis George; il vescovo di Gand (Belgio), mons. Lucas Van Looy, e un altro belga, il card. Godfried Danneels che insieme al card. Carlo Maria Martini è stato tra i pochi cardinali progressisti a prendere apertamente la parola negli anni dei pontificati di Wojtyla e Ratzinger.

Chi entra, chi no

Tra gli italiani spicca l’assenza del card. Ennio Antonelli, già presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e organizzatore dei due incontri mondiali delle Famiglie che hanno preceduto quello del 22/27 settembre a Philadelphia. Su di lui continua probabilmente a pesare il caso di don Lelio Cantini, prete fiorentino molto quotato in Curia fino al 2007 quando il Sant’Uffizio lo riconobbe responsabile di numerosi abusi su adolescenti. Nel 2008 Antonelli, promoveatur ut amoveatur, venne spostato dalla guida della diocesi di Firenze in Curia, al Pontificio Consiglio per la Famiglia, che ha lasciato nel 2012. Il prelato, nei mesi scorsi, si è schierato a fianco dei cardinali che hanno criticato le possibili aperture del Sinodo in materia di comunione ai divorziati risposati.
Tra i nominati dal papa c’è invece il card. Dionigi Tettamanzi, di orientamento più liberal, recentemente incaricato da Francesco di studiare l’annunciata nuova congregazione vaticana per “laici, famiglia e vita”.
Manca ancora una volta il card. Camillo Ruini; mancano prelati appartenenti all’Opus Dei, che nella difesa della famiglia tradizionale hanno da sempre uno dei loro cavalli di battaglia.
Nomine di profilo nettamente conservatore ce ne sono comunque: come quella del card. Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e di Philippe N. Ouédraogo, del Burkina Faso; anche loro, assieme ad Antonelli, tra i cardinali che in questi mesi hanno esplicitamente preso posizione contro ogni apertura su famiglia e matrimonio. Dello stesso segno anche la designazione del vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, p. José Granados.
Non manca poi l’ormai consueto (e innocuo) coup de théâtre cui il pontificato di Bergoglio ci ha abituato. Stavolta si tratta della nomina tra i padri sinodali di un semplice prete, il parroco triestino Roberto Rosa, della parrocchia di San Giacomo Apostolo, che aveva scritto al papa alcune riflessioni su matrimonio e famiglia. Il papa gli aveva poi telefonato; quindi, nei giorni scorsi, la decisione di chiamarlo a Roma, notizia che il parroco ha dichiarato di aver appreso proprio durante la conversazione telefonica avuta con il pontefice.
La lista dei 45 prelati indicati dal papa si aggiunge così ai padri sinodali eletti in rappresentanza delle rispettive Conferenze episcopali, i cui nomi erano già stati resi noti nei mesi scorsi; ai capi delle varie Chiese cattoliche orientali e ai capi dei dicasteri della Curia romana, che partecipano di diritto all’assise, e a figure come quella del segretario generale del Sinodo, Lorenzo Baldisseri, del segretario speciale, Bruno Forte, del relatore generale, Péter Erdo, e dei quattro presidenti delegati (André Vingt-Trois, Antonio G. Tagle, Raymundo Damasceno Assis e Wilfried Fox Napier) che hanno ricoperto questo incarico anche nel precedente appuntamento del 2014.

Genere maschile, numero clericale

Nonostante la presenza di alcuni padri sinodali di orientamento liberal o progressista, la composizione del Sinodo non lascia intravedere grandi spazi per proposte innovative o attenuazioni della dottrina vigente in materia di comunione ai divorziati risposati, morale sessuale, coppie di fatto, unioni omosessuali. Tra i 279 vescovi e cardinali che, a vario titolo, avranno diritto di voto, la maggioranza del Sinodo appare infatti ancora saldamente orientata “a destra”, anche per la nutrita presenza dei responsabili degli uffici della Curia vaticana, che si aggiungono ai vescovi eletti dalle Conferenze episcopali, ai 45 nominati dal papa, ai 10 rappresentanti dell’Unione dei superiori generale degli ordini religiosi maschili.
Sorprendente, come ha sottolineato la sezione italiana di Noi Siamo Chiesa in una nota diffusa il 16 settembre scorso, la totale assenza di voci femminili. Che anche stavolta troveranno spazio solo tra i membri del Sinodo di serie B, cioè tra coloro che non hanno diritto di voto, ossia gli uditori. In questa lista si trovano infatti le sole donne che saranno presenti al Sinodo. Tra queste tre suore in rappresentanza dell’Unione Internazionale delle Superiori generali (UISG). Ma, come sottolinea Noi Siamo Chiesa, le religiose nel mondo sono più di un milione. La loro marginalità al Sinodo appare ancora più evidente se si considera che gli ordini religiosi maschili hanno eletto 10 loro rappresentanti al Sinodo. Tutti padri sinodali con diritto di voto.
Sempre senza diritto di voto, saranno poi presenti al Sinodo (come già avvenne lo scorso anno) alcune coppie di sposi. Quest’anno sono 17, ma fanno tutte parte di organizzazioni cattoliche istituzionali che si occupano di pastorale famigliare. Non esattamente espressione del sensus fidei fidelium, insomma.
Spicca poi, ancora una volta, tra i padri sinodali o tra gli esperti chiamati a supportare il lavoro dei sinodali, l’assenza di Giovanni Cereti, prete, teologo ed ecclesiologo che da oltre 40 anni si occupa del tema del matrimonio e di quello della comunione ai divorziati risposati. Si tratta della massima autorità italiana su queste materie. Ma il suo nome è stato ancora una volta ignorato.