Religioni, etiche, movimenti sociali: un’alleanza per combattere sconforto e indifferenza di C.Fanti

Claudia Fanti
Adista Documenti n° 2 del 16/01/2016

Mai come in tempi di crisi l’utopia appare indispensabile: come la descriveva l’indimenticato Eduardo Galeano, sempre qualche passo al di là dell’orizzonte, sempre impossibile da toccare con mano, ma necessaria proprio per consentirci di camminare. Ed è proprio sul tema dell’“utopia per tempi di crisi” che, il 29 settembre scorso, a Madrid, durante l’inaugurazione del corso dell’Associazione per il Dialogo Interreligioso, si è soffermato il teologo spagnolo Juan José Tamayo, direttore della cattedra di Teologia e Scienze delle religioni dell’Università Carlos III di Madrid e uno dei teologi più attivi sul fronte del dialogo tra cosmovisioni, spiritualità, religioni e culture (un impegno, questo, per il quale la Lega spagnola per i diritti umani lo ha insignito, nel 2014, del diploma e della medaglia d’oro, v. Adista Documenti n. 9/14). Per Tamayo, che alla questione ha recentemente dedicato anche un libro (Invitación a la Utopía. Estudio histórico para tiempos de crisis, Trotta, Madrid 2012), le utopie «sono il luogo in cui possono incontrarsi le religioni e le etiche», entrambe ricche di potenziale utopico, «per quanto a volte esercitino invece un freno agli ideali più nobili degli esseri umani». Ed è proprio l’alleanza tra loro e i movimenti sociali, «protagonisti dell’utopia» per eccellenza, a poter «contribuire positivamente a mantenere viva la speranza» in tempi di crisi, «quelli in cui la gente tende a diventare preda del pessimismo, dello sconforto, della depressione, dell’apatia, dell’indifferenza, della passività, del disincanto». Vi proponiamo il testo del suo intervento, in una nostra traduzione dallo spagnolo.
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UTOPIA PER TEMPI DI CRISI

Juan José Tamayo

L’utopia tende a essere esclusa dai diversi campi del sapere e dell’agire umano: delle scienze e delle lettere, dell’economia e dell’etica, della filosofia e della teologia, della politica e delle relazioni umane, del che fare quotidiano e della vita sociale, delle religioni e dei movimenti spirituali. Religiosamente è considerata un’eresia; socialmente, un sogno infondato; scientificamente, una trasgressione delle leggi della natura; filosoficamente, una deviazione dalla razionalità. E tuttavia l’utopia è l’orizzonte verso cui cammina l’essere umano, definito da Bloch come “animale utopico”, e costituisce il motore della storia.

Le utopie, soprattutto in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, sono il luogo in cui possono incontrarsi le religioni e le etiche, giacché sono entrambe fonti di utopie, per quanto a volte esercitino, al contrario, un freno agli ideali più nobili degli esseri umani. È la dialettica in cui si muovono le religioni e le etiche.

LE RELIGIONI: RETTO E VERSO

Le religioni a) offrono utopie globali che esprimono l’armonia dell’essere umano con i suoi simili, con il cosmo, con la divinità e con la natura; b) propongono cammini di speranza per il raggiungimento di tale armonia: le quattro nobili verità e l’ottuplice sentiero, che conducono all’illuminazione; i dieci comandamenti, il cui principale divieto è l’idolatria; il dharma, che è la legge dell’equilibro tra l’umanità e il cosmo; le beatitudini e la loro opzione per gli impoveriti; i doveri sociali nei confronti dei più fragili della società, raccolti dal Corano; c) offrono esempi da seguire nella figura dei riformatori religiosi; d) indicano mete a cui tendere in questo mondo o dopo la morte: nirvana, trasmigrazione delle anime, resurrezione, immortalità dell’anima, ecc. Le utopie dopo la morte non rispondono tanto al desiderio degli esseri umani di vivere eternamente quanto alla necessità di fare giustizia, di riabilitare le vittime, di restituire loro quella dignità negata durante la vita. In questo consiste il retto (anteversum) delle religioni.

Ma le religioni possiedono anche un verso: a) offrono visioni catastrofiste del presente: tutto è negativo; b) tendono a guardare con nostalgia al passato più che al futuro, credendo, come Jorge Manrique, che ogni passato è stato migliore; c) pongono l’età dell’oro all’inizio, nelle origini, e non nel futuro; d) sacralizzano la tradizione trasformandola in norma di condotta; e) ripetono spesso pedissequamente i gesti e le gesta dei predecessori, anziché creare, immaginare il nuovo; f) alcune di loro intendono la vita come un eterno ritorno, sempre uguale; g) sono solitamente fataliste (fatalismo storico), inducendo alla rassegnazione: “doveva succedere”, “stava scritto”, “è volontà di Dio”, invece di credere nella capacità degli esseri umani di invertire la storia e lanciarla in direzione del futuro; h) sacrificano la fantasia e i sogni ai fatti contanti e sonanti: le cose sono come sono e non possono essere in altri modi; i fatti sono ostinati, vale di più un passero tra le mani che 100 in volo; i) tendono a seguire il cammino del dogma e dell’ortodossia; j) più che alimentare comportamenti etici ineccepibili, impongono atteggiamenti ipocriti ai propri seguaci; k) hanno la tendenza ad accomodarsi nel presente; l) i comportamenti non sempre esemplari delle persone religiose generano scandalo, allontanano dall’obiettivo e provocano sconforto.

LE ETICHE: TESTA E CROCE

Le etiche: a) offrono principi morali, condotte esemplari e valori che orientano verso l’utopia di un mondo più giusto, fraterno-sororale e solidale, aiutando a convivere e a condividere; b) invitano a una vita buona e alla felicità; c) criticano l’ordine stabilito che esclude le maggioranze; d) propongono alternative di vita inclusive in cui ci sia posto per tutti e per tutte; e) affermano una relazione interattiva tra gli esseri umani e la natura. È questo il volto amabile delle etiche.

Nella sua splendida opera Etica radicale (Tecnos, Madrid, 2012), Carlos París evidenzia la superiore razionalità dell’altruismo, definito come «il rafforzamento mutuo tra l’io e l’altro, in una sinergia in cui entrambi si potenziano» (p. 94). «Il libero sviluppo di ciascuno – afferma citando Marx – è la condizione del libero sviluppo degli altri» (p. 99). Nel discorso pronunciato in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Pace, l’arcivescovo anglicano del Sudafrica Desmon Tutu affermò: «Io sono se tu sei». È proprio in questa sinergia che si incontra la base dell’argomentazione a favore dell’altruismo. L’essere umano non è, osserva París, come la monade di Leibniz, un individuo «senza finestre verso l’esterno, bensì è aperto all’alterità». La superiorità dell’altruismo radica nella «sua apertura verso una meta che è universalmente fonte di realizzazione dell’umano», che è la vera utopia, ma questa universalità non può essere astratta, bensì deve farsi realtà in ogni contesto e tradursi in emancipazione dei settori più vulnerabili della società, specialmente in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo.

Offro di seguito alcuni principi di etica liberatrice sotto forma di imperativi che possono contribuire alla costruzione dell’utopia di una società alternativa.

1. Etica della liberazione in un mondo dominato da molteplici oppressioni; imperativo morale: libera il povero, l’oppresso!

2. Etica della giustizia in un mondo strutturalmente ingiusto; imperativo morale: agisci con giustizia nelle relazioni con i tuoi simili e lavora alla costruzione di un ordine internazionale giusto!

3. Etica della gratuità in un mondo in cui domina il calcolo, l’interesse, il profitto, gli affari; imperativo morale: sii generoso! Tutto quello che possiedi lo hai ricevuto gratuitamente. Non trasformare in un affare ciò che è gratuito.

4. Etica della compassione, in un mondo in cui domina il principio dell’insensibilità verso la sofferenza umana e ambientale; imperativo morale: sii compassionevole! Sii misericordioso con coloro che soffrono. Contribuisci ad alleviare il loro dolore.

5. Etica dell’alterità, dell’accoglienza e dell’ospitalità nei confronti degli stranieri, dei rifugiati e degli immigrati irregolari; imperativo morale: riconosci, rispetta e accogli l’altro come altro, come differente! La diversità ti arricchisce.

6. Etica della solidarietà, in un mondo in cui domina l’endogamia; imperativo morale: sii cittadino del mondo! Lavora per un mondo in cui ci sia posto per tutti e tutte!

7. Etica comunitaria fraterno-sororale, in un mondo patriarcale, in cui predomina la discriminazione di genere in tutti i campi della vita; imperativo morale: collabora alla costruzione di una comunità di uomini e di donne che siano eguali senza diventare cloni!

8. Etica della pace, inseparabile dalla giustizia, in un mondo di violenza strutturale causata dall’ingiustizia del sistema; imperativo morale: se vuoi la pace, lavora per la pace e per la giustizia attraverso la nonviolenza attiva!

9. Etica della vita, di tutte le vite, degli esseri umani e anche della natura, che ha lo stesso diritto alla vita dell’essere umano; della vita dei poveri e degli oppressi, costantemente minacciata; imperativo morale: difendi la vita di ogni essere vivente. Vivi e aiuta a vivere!

10. Etica dell’incompatibilità tra la religione e il denaro in un mondo in cui la fede religiosa si accompagna facilmente alla credenza negli idoli, con l’adorazione del vitello d’oro; imperativo morale: condividi i tuoi beni! La tua accumulazione genera l’impoverimento di quanti vivono intorno a te.

11. Etica della fragilità: in un mondo in cui domina la legge del più forte e del si salvi chi può; imperativo morale: lavora per l’integrazione degli esclusi, sono tuoi fratelli! Sei responsabile della loro esclusione e anche della loro inclusione!

12. Etica dei diritti della Terra, il cui imperativo morale è: anche la terra è soggetto di diritti. Rispettali, come tu vuoi che si rispettino i tuoi!

13. Etica della cura della natura, il cui imperativo morale è: la natura è la tua casa, non la maltrattare, non la distruggere, trattala con rispetto e tenerezza.

Ma non è tutto oro quello che luccica in campo etico. Non tutte le etiche tendono all’utopia. Quelle che vanno in direzione contraria, consacrando l’ordine stabilito e legittimando comportamenti oppressori, giustificano il maltrattamento della natura, attentano contro di essa e considerano l’essere umano non come un fine in se stesso, ma come mezzo per ottenere altri fini ipoteticamente o falsamente superiori. (…).

Nella sua opera già citata, Carlos París dedica pagine memorabili alla critica filosofica dell’egoismo e alla dimostrazione della superiore razionalità dell’altruismo. L’egoismo è messo in discussione nella sua doppia modalità: quello individuale, tanto presente quanto sminuito, occultato o dissimulato nella storia umana, e quello collettivo – “nostrilatria” o “nostrismo” lo definisce París -, trasformato «in norma pubblica di azione» (p. 79), che non è altro che la dilatazione dell’egoismo fino all’esaltazione di un “noi” chiuso e ostile di fronte a quanti non fanno parte del gruppo e che restringe l’azione a una minoranza, a un frammento dell’umanità, che si tratti di nazione, razza, religione o famiglia. Il “nostrismo” pone gli interessi del gruppo come ideale dell’organizzazione sociale fondata sulle differenze gerarchiche e su una presunta superiorità morale, che sfocia in xenofobia e genocidi.

París rivolge una severissima critica etica, filosofica, politica ed economica al capitalismo, dimostrando l’inferiorità di questo come di tutte le società basate sulla divisione di classe e guidate dall’egoismo individuale o di gruppo.

Viviamo sotto il dominio della teologia neoliberista del mercato, senza regole e senza efficaci controlli politici. Il potere si è emancipato dalla politica, la quale non lo ferma né lo controlla più. Lo Stato è sottomesso ai principi dell’etica neoliberista, che, dietro l’ispirazione di Riccardo Petrella, formulo nei seguenti comandamenti delle Nuove Tavole della Legge.

1. Non puoi resistere alla globalizzazione dei capitali, dei mercati, delle finanze e delle imprese. Devi adattarti senza condizioni.

2. Non puoi opporti all’innovazione tecnologica. Dovrai innovare costantemente per ridurre costi e manodopera e migliorare i risultati.

3. Dovrai liberalizzare completamente i mercati, rinunciando alla protezione delle economie nazionali.

4. Trasferirai tutto il potere al mercato, e le autorità politiche diventeranno meri esecutori dei suoi ordini.

5. Tenderai a eliminare qualunque forma di proprietà pubblica, lasciando il governo della società nelle mani delle imprese private.

6. Dovrai arrivare a essere il più forte se vuoi sopravvivere alla brutale competizione di oggi.

7. Rinuncerai a difendere la giustizia sociale, sterile superstizione, e a praticare l’altruismo, atteggiamento pseudoreligioso ugualmente sterile.

8. Difenderai la libertà individuale come valore assoluto senza alcun riferimento alla comunità o a una dimensione sociale.

9. Sosterrai in ogni tua azione umana la priorità dell’economia sull’etica e sulla politica.

10. Praticherai la religione del mercato con tutti i suoi rituali, i suoi sacramenti, i suoi libri sacri, i suoi tempi sacri, le sue persone sacre.

11. Non terrai conto delle necessità dei poveri, degli emarginati e degli esclusi: una popolazione che è di troppo e che non serve a generare ricchezza. E praticherai il darwinismo sociale.

12. Dominerai la Terra come se fosse una tua proprietà privata, con diritto di usarne e di abusarne, giacché essa non è soggetto di diritti: lo sono solo gli esseri umani.

13. Porrai la Natura al servizio del Capitale, che da essa può trarre il massimo profitto, senza alcuna considerazione per l’ecologia, che è solo un fattore di intralcio al progresso umano.

ALLEANZA TRA RELIGIONI ED ETICHE E MOVIMENTI SOCIALI IN TEMPI DI CRISI

Alle religioni e alle etiche bisogna aggiungere un terzo elemento nel cammino verso l’utopia: i movimenti sociali, protagonisti dell’utopia, i quali costituiscono la mediazione necessaria e irrinunciabile per avanzare in direzione di una società libera ed egualitaria (senza cloni) nella prospettiva dell’interculturalità, del dialogo interreligioso, del femminismo e del rispetto delle differenze. È l’alleanza tra le religioni, le etiche e i movimenti sociali che può contribuire positivamente a mantenere viva la speranza, la docta spes, attraverso l’ottimismo militante – come direbbe Bloch – in tempi di crisi, quelli in cui la gente tende a diventare preda del pessimismo, dello sconforto, della depressione, dell’apatia, dell’indifferenza, della passività, del disincanto.

È proprio in tempi di crisi che i settori emarginati prendono coscienza della negatività della storia, esprimono la propria insoddisfazione per la realtà, mostrano scontento e indignazione, protesta ed esasperazione. È in questi momenti particolarmente critici che essi radicalizzano il loro senso critico e formulano utopie che scatenano le energie di emancipazione dell’umanità.

È ai margini della società che si sono sempre forgiate – e continuano a esserlo – le alternative, le grandi trasformazioni. «Il cambiamento – afferma Gianni Vattimo – viene alimentato da quanti non stanno bene: i poveri, gli oppressi. Il cambiamento non è necessariamente per il meglio, ma il mantenimento dello status quo implica una chiusura nei confronti del futuro. C’è una motivazione ontologico-cristiana: da un lato, gli oppressi che cercano di cambiare le cose; dall’altro, il fatto che i deboli costituiscano la maggioranza. È questa la democrazia».
È in tempi di crisi e a partire dalla periferia che risulta più necessario che mai portare alla luce i tesori occulti che si annidano nel profondo della realtà e attivare le potenzialità latenti insite negli esseri umani. Per questo il mio invito è a coltivare l’utopia, a continuare a scrivere nuovi racconti utopici e a pensare la realtà più in là dei limiti del possibile, come suggerisce Walt Whitman: «Prima dell’alba, sono salito su un colle e ho guardato il cielo affollato, e ho detto al mio spirito: “Quando avremo abbracciato tutti questi mondi e goduto e saputo ogni cosa di essi, saremo sazi e soddisfatti, dopo?”. E il mio spirito disse: “Arriveremo a quel limite per superarlo e proseguire oltre”»