La Conferenza Mondiale dei Popoli

di Leonardo Boff, teologo
da www.asud.net

Come è noto, nel mese di dicembre del 2009, si è svolta a Copenhagen la Conferenza Mondiale degli Stati sul clima. Non si è arrivati a nessun accordo, perché la Conferenza è stata dominata dalla logica del capitale e non dalla logica dell’ecologia. Questo significa: i delegati e i capi di Stato presenti rappresentavano più i loro interessi economici che non quelli dei popoli. Il problema per loro era: quanto lascerò di guadagnare accettando precetti ecologici che hanno come scopo di purificare il pianeta e così garantire le condizioni per la continuità della vita. Non si è tenuto presente il tutto, la vita e la Terra, ma gli interessi privati di ciascun paese.

La logica ecologica vede l’interesse collettivo, perché tende all’equilibrio tra l’essere umano alla natura, tra produzione, consumo e capacità di ricomposizione delle risorse e dei servizi della terra. Rompendo questa equazione, cosa che il modo di produzione capitalista già sta facendo da secoli, nascono effetti non desiderati, chiamati «esternalità»: devastazione della natura, gravi ingiustizie sociali, sconsideratezza verso le necessità delle future generazioni e l’effetto irreversibile del riscaldamento globale che, al limite, può mandare tutto in rovina.

A Cochabamba, in Bolivia, si è visto esattamente il contrario: il trionfo della logica dell’ecologia e della vita. Nei giorni dei 19-23 aprile è stato celebrato il Vertice Mondiale dei Popoli sui cambiamenti climatici e i diritti della Madre Terra. Lì c’erano 35.000 rappresentanti dei popoli della terra, venuti da 142 paesi. La posizione centrale era occupata dalla Terra, soprannominata Pacha Mama, Grande Madre, dalla sua dignità e diritti, dalla Vita in tutta la sua immensa diversità (superamento di qualsiasi antropocentrismo), dalla nostra responsabilità comune per garantire le condizioni ecologiche, sociali e spirituali che ci permettono di vivere, senza minacce, in questo pianeta.

I 17 mesi di lavoro, contrariamente a Copenhagen, hanno raggiunto uno straordinario consenso, perché tutti avevano in mente e nel cuore l’amore alla Vita e alla Pacha Mama” con la quale tutti abbiamo una relazione indivisibile, interdipendente, complementare e spirituale” come dice il documento finale.

Al posto del capitalismo competitivo, del progresso e della crescita illimitata, ostile all’equilibrio con la natura, è stato posto il “buen vivir”, categoria centrale della cosmologia andina, vera alternativa per l’umanità che consiste: vivere in armonia con se stessi, con gli altri, con la Pacha Mama, con le energie della natura, dell’aria, del suolo, delle acque, delle montagne, degli animali, delle piante e in armonia con gli spiriti e la divinità, sostenuta da una economia sufficiente e decente per tutti, inclusi gli altri esseri.

È stata elaborata una Dichiarazione dei Diritti della Madre Terra che prevede tra le altre cose: il diritto alla vita e all’esistenza, il diritto ad essere rispettata; il diritto alla continuazione dei suoi cicli e processi vitali, libera da alterazioni umane; il diritto a mantenere la sua identità e intimità con i suoi esseri differenziati e interrelazionati; il diritto all’acqua come fonte di vita; il diritto all’aria pura; il diritto alla salute integrale; il diritto a stare liberi da contaminazione e inquinamenti da scarti tossici e radioattivi; il diritto a una restaurazione piena e rapida delle violazioni inflitte dalle attività umane.

È stata pure prevista la creazione di un Tribunale Internazionale di Giustizia Climatica e Ambientale, con la capacità giuridica vincolante di prevenire, giudicare e sanzionare Stati, imprese e persone per azioni o omissioni che contaminino e provochino cambiamenti climatici e che commettono gravi attentati agli ecosistemi che garantiscono il “buen vivir”.
Si è presa pure la risoluzione di portare i risultati di questo Vertice dei Popoli all’Onu affinché i suoi contenuti siano contemplati nella prossima Conferenza Mondiale da realizzarsi nei mesi di novembre-dicembre di quest’anno a Cancùn, Messico.

Il significato più profondo di questo Vertice è la convinzione, crescente tra i popoli, che non possiamo più affidare il destino della Terra a capi di Stato, ostaggi dei loro dogmi capitalistici.

Il Brasile purtroppo non ha inviato nessun rappresentante, dato che per l’attuale governo pare che sia più importante “l’acceleramento della crescita” piuttosto che garantire il futuro della vita. Questo Vertice dei Popoli ha indicato la direzione giusta: per una biocivilizzazione nell’equilibrio di tutti con tutti e con tutto.

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Bolivia, il vertice della speranza
di Marica Dipierri, Redazione A Sud

Un’ampia alleanza mondiale sul clima, tale da includere movimenti sociali, sindacati, scienziati, intellettuali governi. Questo l’obiettivo della Prima Conferenza Mondiale dei Popoli su Cambiamento Climatico e Diritti della Madre Terra che si è svolta a Cochabamba, nel cuore della Bolivia, tra il 19 e il 22 aprile scorsi.

Oltre 30.000 ” ben oltre le più rosee aspettative, i delegati arrivati da tutto il mondo in rappresentanza di realtà sociali, istituzionali e comunità scientifica. Tre giorni di frenetiche discussioni, tra gruppi di lavoro, conferenze, eventi autogestiti hanno affollato il campus dell’Università di Tiquipaya, che ha ospitato l’incontro.

L’evento – che cade giusto 10 anni dopo la Guerra dell’acqua che nel 2000 infiammò Cochabamba e diede il via al processo di cambio tutt’ora in corso in Bolivia – era stato lanciato dal governo boliviano all’indomani del fallimento della Conferenza delle Parti sul clima di Copenaghen. Un fallimento che non solo ha dimostrato la mancanza di volontà dei paesi industrializzati di far fronte al problema del clima, ma anche la profonda crisi dei meccanismi di negoziazione e di decisione propri delle Nazioni Unite e delle altre istanze internazionali preposte.

A Cochabamba si è discusso di cause strutturali della crisi climatica, rintracciando il principale colpevole nel modello di sviluppo capitalista, basato sul uno sfruttamento illimitato delle risorse che non tiene conto dei limiti del pianeta. Si è molto discusso anche delle alternative da mettere in campo per invertire la rotta, rifondando il paradigma di civiltà su concetti nuovi, come l’equità, la solidarietà , il benessere collettivo piuttosto che individuale.

La dichiarazione finale emersa dal vertice, chiamata “Appello dei Popoli” contiene le proposte puntuali venute fuori a Cochabama, che saranno da qui in avanti base di negoziazione e di rivendicazione sociale nei prossimi appuntamenti sul clima. Tra le proposte, l’approvazione di un Dichiarazione Universale dei Diritti della madre Terra in seno alle Nazioni Unite, la creazione di un Tribunale Internazionale per la Giustizia Climatica e Ambientale, la promozione di un Referendum Mondiale dei popoli sul Clima, il riconoscimento da parte dei governi industrializzati del debito ecologico e climatico dovuto ai paesi del sud.

A Cancun, dove si terrà a dicembre prossimo la conferenza delle parti sul clima, queste proposte verranno portate al tavolo delle negoziazioni ufficiali dai governi dell’Alba, mentre i movimenti sociali appoggeranno tali posizioni attraverso una enorme mobilitazione sociale già approvata all’unanimità dalle molte realtà presenti qui a Cochabamba. Tutti sono d’accordo sul fatto che a Cancun ci si gioca il tutto per tutto, e che il tempo per agire sul cambiamento climatico è ora o mai più.

Per questo l’appuntamento messicano è guardato come un momento estremamente importante sia dai movimenti sociali che dai governi che hanno fatto dei diritti della Madre Terra la loro bandiera. Se a Cancun non si riuscirà a far ascoltare la voce dei popoli, ha concluso Morales, “toccherà ai movimenti organizzarsi e accumulare forza sociale in tutto il mondo per salvare la Madre Terra e la vita sul pianeta”

Il messaggio è chiaro, emerso da tutti i tavoli di questi giorni di lavoro: cambiare o morire. Oppure come ha detto lo stesso Morales rendendo attuale il lemma della Luxemburg di centro anni fa, la scelta è semplice quanto obbligata: Pachamama o muerte.