Non abusare di Dio

Mario Campli
Comunità cristiana di base di San Paolo – Roma

Sentinella, quanto resta della notte?  Potrebbe essere un grido di cui non si attende la risposta. Perché il proprio vissuto ti ha già insegnato che la notte è parte del giorno. E potrebbe essere una domanda. La domanda. La domanda della vita. E non ti accontenti dell’eco, che pure a suo modo squarcia e riempie una oscurità. Dunque, continui a domandare. Legittimamente. Senza angoscia. Per segnare i passi di una ricerca. Un cammino calmo. Persino sereno. Determinato.

Tu sai che c’è sempre una sentinella. Deve esserci. Il primo compito è individuarla. E non può essere una nuova dottrina, arida e presuntuosa. A che mi servono le dottrine!  Ma, allora, chi è la sentinella? Dove è? La incroci  pigiando il pedale dell’utopia? Scandagliando laggiù un qualche orizzonte?  Oppure la trovi scorgendo il germoglio che sta sbocciando nella vita e nella storia degli uomini e delle donne? Ogni giorno. Forse accanto a te. Non so quali delle due possibilità richieda maggiore fatica e impegno!

Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?

Potremo incontrare la sentinella  riflettendo  sul cammino compiuto. La risposta alla domanda, allora, sta nella comprensione della lezione del  vissuto e, forse ancora di più,  del vissuto con gli altri. Per imparare la lezione. Apprendere di nuovo la lezione. Senza presumere altro se non di cercare. Sapendo di  non possedere  verità. Persino non aspirando a raggiungerla. Dunque non annettendo all’errore chi non pensa e non opera come noi. Semplicemente cerchiamo, camminiamo, discutiamo, lottiamo: con altri e altre. Con buon senso. Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune. Con umiltà. Senza cattedre e senza cattedrali.

Perché ai “credenti” riesce così difficile interpretare il mondo senza giudicarlo? E addirittura condannarlo. Forse perché ci sentiamo depositari di un “Mandato”? Di una “Missione”? E pensiamo che questa missione di salvezza possa essere realizzata solo se il contesto in cui essa viene esercitata  è priva di autonome virtù.

Nel chiuso di una cella dalla quale (e lo sapeva) sarebbe uscito solo per essere impiccato, un giovane uomo di 39 anni, Dietrich Bonhoeffer, cristiano e resistente alla feroce dittatura hitleriana, scriveva: vorrei parlare di Dio non ai confini, ma nel centro, non nella debolezza, ma nella forza, non nella morte e nella colpa, ma nella vita e nella bontà dell’uomo. Ritengo che dovesse misurare le  parole e anche pesarle: lui che da altri uomini era condannato, lui che dalla vita sarebbe stato, di lì a poco, strappato. E con fastidio ed anche efficacia, in un’altra pagina, aggiunge: l’atteggiamento che chiamiamo clericale, quel fiutare la-pista-dei-peccati-umani, per poter prendere in castagna l’umanità.

Ascoltiamo, allora i suggerimenti  di chi non pretende avere una “missione”. Dice Franco Cassano (in “L’umiltà del male”): Nella partita contro il bene, il male parte sempre  in vantaggio grazie all’antica confidenza con la fragilità dell’uomo. Chi vuole annullare quel vantaggio deve riconoscersi in quella debolezza, invece di presidiare  cattedre morali sempre più inascoltate.

Oppure un globe trotter come Federico Rampini (in “ Alla mia Sinistra”): alla sinistra, cui appartengo dai tempi della mia formazione europea e della mia militanza nel Pci, indico le possibili vie di uscita attingendo alle mie esperienze nelle nazioni emergenti, dall’Asia al Brasile: perché non possiamo farci risucchiare in una sindrome del declino tutta interna all’Occidente.

“Va già meglio”, titola Bollati Boringhieri la traduzione di un bel libro sullo sviluppo globale e le strategie per migliorare il mondo, dell’inglese Charles Kenny.

Non è vero che abbiamo testimoniato e lottato invano. Riprendere la lotta e il cammino, incessantemente, è la vita normale ed è la fede fondamentale per essere fratelli e concittadini.

Indignez vous, è sbottato il vecchio resistente francese Stéphane Hessel. Inaugurando una prassi di lotta e di piazze. Anche collane di libri. Indignarsi  basta?. Bisogna costruire una relazione condivisa, attiva…Valuto molto più forte il rischio che i sentimenti dell’indignazione e della speranza restino, come tali, inefficaci, in mancanza di una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica che dia loro  corpo. Che l’indignazione possa supplire alla politica e, in primo luogo, alla creazione delle sua forme efficaci è illusorio. Così riflette un  grande vecchio del novecento, Pietro Ingrao. E con  lucidità, serena e determinata, così ragiona  un altro grande testomone del novecento e del tempo costituzionale, Giuseppe Dossetti: Pur non guardando al passato, e senza stabilire alcun confronto col tempo di prima, e pur guardando in avanti verso il mattino, la sentinella è ben consapevole che la notte è la notte (…) ma sempre con l’anima della sentinella che secondo un altro testo celebre della Scrittura –  De profundis –  è tutta verso l’aurora.

Riprendere, sempre da capo, il dovere e l’obbligo della laicità come struttura del pensiero. Anche del pensare la fede in. Il  “credente” dovrà riuscire a pensarsi (nel suo intimo sistema di valori) e pensare (in una  società democratica ancorata nell’uomo anziché nel divino) come chi sta davanti a Dio senza l’ipotesi di lavoro Dio. Non dimenticheremo mai questa lezione, segnata con la testimonianza estrema della fedeltà alla terra e al suo popolo, del fratello Dietrich, il giorno 9 aprile 1945, a Flossemburg. Sessantasette anni fa.