Ancora forte l’export di armi italiano: 3 miliardi di autorizzazioni nel 2011

Francesco Vignarca e Luca Martinelli
www.disarmo.org

Con oltre tre settimane di ritardo rispetto alla scadenza fissata per legge al 31 marzo, finalmente possiamo leggere il “Rapporto del Presidente del Consiglio sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento” per l’anno 2011. Si tratta, come da alcuni anni a questa parte, di un documento riassuntivo elaborato dalla Presidenza del Consiglio a partire dai voluminosi tomi prodotti dai Ministeri coinvolti nei meccanismi di autorizzazione alla vendita di armamenti italiani. Da queste pagine – scaricabili anche a lato – possiamo trarre prime indicazioni e tendenze senza dover perdere la vista ad incrociare la miriade di dati (spesso esposti in maniera poco utile alla comprensione, come denunciato da anni dalle campagne disarmiste) che vengono tabulati in quella che è la Relazione ex legge 185/90 vera e propria. Che solo da poche ore, con il ritardo già segnalato, dovrebbe essere stata depositata presso gli Uffici Parlamentari.

Siamo però di fronte ad una “lettura per sottrazione”, perché nel Rapporto già di per sé succinto ancora una volta qualche pezzo si è perso: non compare alcuna indicazione sulle banche che hanno intermediato le transazioni finanziarie di pagamento dei contratti. Una voce che si dovrà ora derivare dai dati integrali ma che (attraverso una tabella apposita) nel Rapporto c’è sempre stata e che permetteva già in prima battuta di diffondere l’elenco delle cosiddette “banche armate”. Manca poi il dettaglio usualmente dedicato ad elencare i materiali autorizzati per Paesi di destinazione, e che descriveva – seppur in modo generale – la tipologia dei sistemi d’arma autorizzati ed esportati nel corso dell’anno (per capirci, qui potete vedere la tabella 15 estratta dal Rapporto 2010).

Fornire questo tipo di dato era stata un’indicazione di trasparenza messa in atto durante l’ultimo Governo di Romano Prodi (2006-2008), prassi poi continuata durante il Governo di Silvio Berlusconi in carica fino al novembre 2011. Una scelta descritta come “utile” anche al Parlamento, per favorire una miglior comprensione delle operazioni autorizzate, e che invece proprio nella prima produzione di dati del Governo “tecnico” Monti si è persa.

Passando all’analisi dei dati, dal Rapporto emerge subito come le autorizzazioni all’esportazione di materiale d’armamento non siano in calo, ma si mantengano sui livelli dello scorso anno superando di poco i 3 miliardi di controvalore. Nel corso del 2011 sono state rilasciate complessivamente da parte del ministero degli Esteri 2.497 (2.210 lo scorso anno) autorizzazioni all’esportazione di materiali di armamento di cui il 65% riguarda esportazioni definitive, mentre il restante 35% si divide tra esportazioni temporanee e proroghe di autorizzazioni precedentemente rilasciate. 


La tendenza ad un rafforzamento delle vendite soprattutto per quanto riguarda le grandi holding belliche è evidenziata anche nei commenti al comparto italiano contenuti nel Rapporto che segnala: “I valori globali delle autorizzazioni rilasciate nel 2011 indicano un’inversione di tendenza rispetto al 2010, dovuta principalmente alla ripresa di alcuni programmi intergovernativi di cooperazione”. In particolare va evidenziato il valore delle esportazioni definitive, per le quali è previsto il corrispettivo regolamento finanziario, pari a 3,05 miliardi ed un importo di autorizzazioni relative ai Programmi Intergovernativi pari a 2.2 miliardi di euro (quasi due miliardi in più dello scorso anno). 
”Rispetto al 2010 si è avuto un incremento, pari a 5,28%, del valore delle autorizzazioni alle esportazioni, al netto delle autorizzazioni per i programmi intergovernativi, e si è riscontrato un significativo aumento delle autorizzazioni per i programmi intergovernativi di cooperazione rispetto all’anno precedente che di fatto ha riportato i valori ai livelli del 2009″ conclude sempre il Rapporto. 


È ritornato a salire, nel frattempo, il numero delle autorizzazioni “intergovernative”, ovvero quelle che monitorano le produzioni di grossi sistemi d’arma compiute su accordi dei Governi alleati per il proprio uso interno, e in questo senso per la prima volta sono state rilasciate 3 Licenze globali di progetto. Si tratta di una tipologia di autorizzazione introdotta con le modifiche alla legge del 2003 e fortemente difeso dalla lobby armiera applicabile “a tutti i programmi di coproduzione intergovernativi o interindustriali di produzione, ricerca o sviluppo di materiale di armamento svolti con imprese di paesi dell’Unione Europea e della Nato”. Una condizione di minore trasparenza e dal più difficile controllo da sempre osteggiata dalla società civile impegnata su questi temi e che solo nel 2011 ha avuto per la prima volta una sua applicazione, anche grazie ad un cambio di rotta impresso dai nuovi vertici dell’UAMA (l’ufficio che in seno al Ministero degli Esteri si occupa del rilascio delle autorizzazioni all’esportazione di armamenti).

Dopo il numero delle autorizzazioni, vengono le imprese: quella che primeggia tra gli esportatori come volume finanziario, al netto dei programmi intergovernativi, è Agusta spa con il 14,4%, pari a 756,19 milioni di euro. L’azienda elicotteristica in questi giorni al centro delle cronache giudiziarie per le presunte tangenti Finmeccanica è seguita da Orizzonte Sistemi Navali spa (con il 7,9%, per 416,17 milioni di euro), Iveco spa (5,55%, con 292,13 milioni), Alenia Aermacchi (4,81% e 252,95 milioni) e Alenia Aeronautica spa (4,30%, pari a 226,00 milioni). Ancora, sotto il 3 per cento, ci sono Oto Melara spa (2,65% e 139,50 milioni), Elettronica spa (2,345%, pari a 122,96 milioni), Whitehead Alena Ss spa (1,93%, per 101,79 milioni), Selex Galileo spa (1,60%, pari a 83,96 milioni) e Avio spa con il 1,07% pari a 56,53 milioni di euro.
Purtroppo la mancanza della tabella di dettaglio dei materiali autorizzati impedisce, al momento attuale, di sapere per quale tipo di affare e fornitura le aziende sopra elencate potranno sottoscrivere contratti.

Andando a guardare le destinazioni future delle nostre produzioni militari, scopriamo come ampiamente prevedibile che sono i Paesi più caldi o dalle maggiori spese militari ad aver stretto accordi con le nostre aziende. I principali destinatari delle autorizzazioni alle esportazioni definitive di prodotti per la difesa (sempre non considerando le operazioni da effettuare nell’ambito dei Programmi intergovernativi, per lo più destinate a Paesi europei) sono stati l’Algeria, che si attesta al 9,08%, pari a 477,52 milioni di euro, seguita da Singapore con il 7,5%, pari a 395,3 milioni, dall’India e i suoi 259,4 milioni (5,26%) dalla Turchia con il 3,2% (170 milioni) e dall’Arabia Saudita con il 3,1% (166 milioni). Gli altri paesi sono evidenziati nella tabella sottostante.

Per quanto riguarda le aree geopolitiche di destinazione di Paesi della NATO/UE ed europei OSCE con il 35,98% (valore di 1.100,82 milioni) si confermano tra i nostri tradizionali partner con autorizzazioni verso Francia, Stati Uniti d’America, Germania e Regno Unito. Ma la maggior parte delle autorizzazioni sono avvenute al di fuori di questa area di “alleanza naturale”, concentrandosi in particolare su Africa Settentrionale e Vicino Medio Oriente (24,03%) ed Asia (22,94%) mentre a distanza si sono collocate l’America Centro meridionale (9,77%) e l’America Settentrionale (4,59%).

A riguardo il Rapporto commenta: “Le autorizzazioni all’esportazione dirette verso i Paesi asiatici (Estremo Oriente) hanno registrato un significativo aumento rispetto al 2010 dovuto principalmente ad una sostenuta dinamica di esportazioni verso India e Singapore. Per quanto riguarda l’America Centro Meridionale, le autorizzazioni di operazioni definitive verso i Paesi latino-americani hanno visto un certo incremento con il Messico come principale acquirente. Nel 2011 le autorizzazioni rilasciate all’industria italiana per la difesa in alcuni mercati del Vicino e Medio Oriente hanno registrato, stante la peculiare situazione politica dell’area e l’applicazione rigorosa delle misure restrittive disposte in ambito internazionale, un certo ridimensionamento attestandosi al 24,03% del totale contro il 49,07% del 2010″. In questa area sono regimi problematici come Algeria e Arabia Saudita a rappresentare i principali partners commerciali delle industrie militari italiane.

I commenti precedenti riguardano le “autorizzazioni” chieste e rilasciate durante il 2011, quindi relative a scelte politiche che devono ancora concretizzarsi in accordi commerciali e produzioni industriali. Si tratta dunque di un buon portafoglio per il futuro, mentre lo stato di salute produttivo del comparto, invece, emerge dall’analisi delle consegne effettive, che trovano riscontro nel numero e nel volume degli scambi doganali. Il Rapporto li evidenzia in questi termini: “Come già precisato nelle precedenti relazioni, i movimenti rilevati dal ministero dell’Economia e delle finanze tramite l’Agenzia delle Dogane sono relativi allo stato di avanzamento (utilizzazione) di licenze rilasciate, sia nel 2011 che negli anni precedenti Non c’è quindi correlazione -spiega la Relazione- tra le ‘autorizzazioni” concesse nel 2011 e le ‘operazioni’ dello stesso periodo”. Per quanto riguarda le esportazioni, “nell’anno 2011 risultano effettuati i seguenti movimenti doganali riguardanti 2.059 esportazioni definitive, per un valore complessivo di 2.664,61 milioni di euro, poco meno dello scorso anno. Le 500 esportazioni temporanee hanno invece avuto un valore complessivo di 643,91 milioni di euro.

Sullo sfondo, resta la “partita” in corso per la modifica della legge 185: per il governo esso rappresenta un (semplice) “processo di riordino della normativa nazionale relativa al controllo sulle esportazioni e i trasferimenti dei prodotto per la Difesa (vedi a p. 22 del Rapporto in allegato)”, da gestire attraverso una legge delega. Per i movimenti pacifisti -su tutti la Rete italiana per il Disarmo- la modifica della legge rappresenta invece un ulteriore passo indietro sul controllo e sulla trasparenza di un comparto problematico come quello delle armi.

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Presidente Monti a quando la relazione sull’export di armi italiano?

Piergiorgio Cattani
www.unimondo.org

“Presidente Monti, a quando la Relazione sulle esportazioni di armamenti italiani?”. È la precisa domanda che la Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola della Pace rivolgono al Presidente del Consiglio, Mario Monti, diretto responsabile della pubblicazione del documento che, secondo la legge 185 del 1990 che regola le esportazioni italiane di natura militare, deve essere predisposto e consegnato al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno. Come già segnalato da Unimondo di questa relazione non si vede traccia.

“Ad oltre due settimane dalla data prevista dalla normativa vigente, la Presidenza del Consiglio non ha ancora reso noto questo documento di fondamentale importanza per il Parlamento e per la società civile, poiché dettaglia le autorizzazioni all’esportazione e le consegne di armamenti italiani nel mondo” – dichiara Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. “Mentre i precedenti governi Prodi e Berlusconi dal 2006 hanno puntualmente pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio anche un sintetico ‘Rapporto’ con i dati principali, l’attuale Presidenza del Consiglio non solo non ha ancora adempiuto al compito previsto dalla legge, ma non ha finora risposto ufficialmente alle nostre richieste di confronto. Tutto ciò diversamente dalle buone prassi degli ultimi anni” – conclude Vignarca.

La “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell’esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia” è il documento che certifica le operazioni autorizzate e svolte in materia ed è stata puntualmente predisposta a partire dal governo Andreotti già dal 1991.

“Mentre restiamo in attesa della relazione, non possiamo non dirci preoccupati per le recenti affermazioni del Presidente del Consiglio in materia di esportazioni di armamenti” – commenta Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. “Durante la sua visita in Israele, il presidente Monti ha dichiarato nella conferenza stampa col premier israeliano Benyamin Netanyahu «l’intenzione del governo di finalizzare al più presto i dettagli del contratto Alenia-Aermacchi sulla fornitura ad Israele di 30 velivoli M346 da addestramento». Secondo Monti un contratto in un ambito così sensibile consentirà un salto di qualità nei rapporti tra i due Paesi. In effetti – conclude Lotti – la vendita per un miliardo di euro di aerei addestratori per i piloti dei caccia d’attacco F-35 (che Israele ha intenzione di acquisire dalla Lockheed Martin) in cambio dell’acquisto, coi soldi dei contribuenti italiani, di un pacchetto da un miliardo di euro di velivoli senza pilota e altro materiale bellico rappresenta un salto di qualità… ma non certo nella direzione della promozione della diplomazia della pace. Chiediamo, pertanto, che si rinunci a questo scambio di materiali bellici e che il Governo italiano riprenda l’impegno diplomatico per la soluzione del dramma del popolo palestinese e per la pace nel Medio Oriente”.

Negli ultimi anni i maggiori acquirenti di armamenti “made in Italy” sono stati i paesi nelle zone di maggior tensione del pianeta dal Medio Oriente alla penisola araba fino al sub-continente indiano. “L’ampia consistenza di queste forniture – commenta Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo – soprattutto negli anni recenti, ai regimi autoritari del nord Africa e dell’intero Medio Oriente che si sono macchiati di gravi violazioni in materia di diritti umani, non può passare inosservata ed è urgente che il Parlamento riprenda il ruolo che gli compete ed esamini con attenzione la compatibilità di queste esportazioni con il dettato della legge 185/1990 secondo la quale l’esportazione di armamenti deve essere conforme alla politica estera e di difesa dell’Italia”.

Una legge che il Governo sta ampiamente modificando: “Per recepire una direttiva dell’Unione europea che intende facilitare i trasferimenti intra-comunitari di sistemi militari, il Consiglio dei Ministri ha definito e presentato al Parlamento un disegno di legge che delega al Governo un’ampia riforma della legge 185/1990 – commenta Maurizio Simoncelli vicepresidente di Archivio Disarmo. “In questo modo si toglie al Parlamento quella funzione legislativa che lo qualifica: non dobbiamo dimenticare che la legge 185/1990 è il frutto di un intenso lavoro durante due legislature attraverso il costante confronto e con la partecipazione della società civile”.

Le organizzazioni del mondo del disarmo sottolineano la proposta di decreto legislativo formulata tende a smantellare tutti i controlli con gravi rischi sotto molti punti di vista. Ricordiamo che se le competenti Commissioni parlamentari non svolgeranno nei tempi previsti un esame approfondito vi è rischio di semplificare i controlli su trasferimenti di armi che potrebbero così finire a paesi sotto embargo o in stato di conflitto, come è già avvenuto in passato. Il rischio è anche che attraverso trasferimenti all’interno dell’Unione Europea si possano far giungere (attraverso le cosiddette “triangolazioni)” armi verso destinatari indesiderati come i gruppi terroristici, situazione già avvenuta ad esempio anche in Afghanistan.

“Non va poi dimenticato che gli strumenti di trasparenza a livello europeo sono molto meno dettagliati della relazione italiana prevista dalla legge 185 del 1990, la stessa di cui stiamo sottolineando il ritardo di pubblicazione – evidenzia Chiara Bonaiuti ricercatrice presso Oscar IRES Toscana – che da questo punto di vista è considerata una migliore pratica internazionale. L’attuale proposta del Governo non copre la grave lacuna legislativa attuale che per le operazioni di intermediazione di armi da fuoco, nel caso in cui la merce non attraversi il territorio nazionale, non prevede alcuna possibilità di intervento”. Un vulnus che ha già permesso a trafficanti senza scrupoli e organizzazioni criminali di trasferire armi nei peggiori teatri di guerra senza alcuna possibilità di controllo.

La Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola della Pace hanno ottenuto – su richiesta di alcuni parlamentari sensibili a queste tematiche – di essere ascoltate in audizione la prossima settimana dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei Deputati. In quella sede verranno esplicitate osservazioni e proposte, anche a commento dei dati di export militare italiano (che speriamo di vedere a breve pubblicati).

Per la prima volta si sta procedendo a modificare una legislazione sensibile dal punto di vista della sicurezza con lo strumento della legge delega e del successivo decreto legislativo del Governo. È indispensabile che il Parlamento non abdichi alle sue prerogative costituzionali e proceda ad una valutazione attenta, puntuale e documentata delle profonde modifiche legislative. Le conseguenze di eventuali leggerezze si potrebbero ripercuotere sia sulle popolazioni destinatarie di quelle armi sia sulla nostra stessa sicurezza.