Comunità Cristiana di Base di san Paolo – Eucarestia

Eucarestia del 7 settembre 2014 – Tempi di guerre

…Il Dio della Bibbia è un Dio violento, un Dio sterminatore, il “Dio degli eserciti”. Il mondo greco ha come suo eroe Achille, l’Iliade è un libro di guerre. La cristianità medievale ha realizzato una specie di sintesi, di fusione indebita tra il mito della cultura della violenza e il messaggio evangelico.
                                                    Da Cultura di guerra, cultura di pace di Ernesto Balducci

Letture

Da “La rivelazione greca” l’Iliade o il poema della forza, di Simone Weil.
…la necessità propria alla guerra è terribile, tutt’altra da quella legata alle opere della
pace…il pericolo è un’astrazione, le vite distrutte sono come giocattoli rotti…ci si crede irresistibili
in virtù di un aiuto divino che garantisce contro la disfatta e la morte. Ma viene un
giorno in cui la paura, la sconfitta, la morte dei compagni fanno piegare l’anima del combattente
sotto la necessità;…la guerra cessa di essere un gioco o un sogno. E’ una realtà
dura, infinitamente troppo dura per poter essere sopportata perché racchiude la morte…E’
vero che ogni uomo è destinato a morire e che un soldato può invecchiare tra le battaglie;
ma per coloro la cui anima è sottoposta al giogo della guerra, il rapporto tra la morte e
l’avvenire non è lo stesso che per gli altri uomini. Per gli altri la morte è un limite imposto in
anticipo all’avvenire; per essi è l’avvenire stesso. Che degli uomini abbiano come avvenire
la morte è contro natura. Dal momento che la pratica della guerra ha reso sensibile la possibilità
di morte che ogni minuto racchiude, il pensiero diventa incapace di passare da un
giorno all’altro senza traversare l’immagine della morte…Ogni mattina l’anima si mutila di
ogni aspirazione, perché il pensiero non può viaggiare nel tempo senza passare per la
morte. Così la guerra cancella ogni idea di scopo, persino l’idea degli scopi della guerra.
Cancella il pensiero stesso di porre fine alla guerra. La possibilità di una situazione così
violenta è inconcepibile finché non ci si è dentro, e quando ci si è dentro è inconcepibile
che abbia fine. Così non si fa nulla perché finisca.

Da “Dai una possibilità alla pace” di Dario Fo, Franca Rame, Jacopo Fo
In questi anni abbiamo lavorato con successo per dimostrare che è possibile consociare i
nostri consumi, risparmiare, avere prodotti migliori e, contemporaneamente,boicottare il
mercato della morte rifiutandoci di portare i nostri soldi al loro mulino.
Oggi queste scelte non sono più solamente giuste e convenienti, sono anche urgenti e irrimandabili.
Ti chiediamo di fare un gesto, subito, ora.
Non c’è più tempo per pensarci sopra. La locomotiva del capitalismo selvaggio sta accelerando
la sua velocità, punta con determinazione assoluta verso la guerra e la distruzione
del pianeta. L’unica possibilità è tagliarle i rifornimenti di carburante.

Dal Vangelo di Matteo: 5, 38-42
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra,
e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti
costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
COMMENTO INTRODUTTIVO ALLE LETTURE

Possiamo ancora compiacerci di vivere in un tempo di pace? O dobbiamo prendere coscienza che la realtà della guerra, della violenza diffusa si presenta con modalità diverse da quelle un secolo fa?
Lo dice anche Francesco: viviamo nella terza guerra mondiale. Ma spezzettata in una apparente serie di conflitti locali accomunati però da una presenza inquietante: il petrolio o il gas e da un alibi costante: il conflitto fra le religioni. Inoltre l’ombra inquietante delle potenze ex-coloniali e degli Stati uniti si proietta su aree del mondo tradizionalmente soggette ad altre storiche zone di influenza.
Così la guerra torna nei nostri pensieri di ogni giorno. Anche qui vogliamo proporla all’attenzione della comunità. Non solo Gaza quindi ma la Siria, la Libia, l’Iraq, l’Ucraina, la Nigeria e via via tutte le altre aree del mondo dal Pakistan all’Egitto, dalla Somalia al Sudan dove la guerra è ormai endemica, strisciante, quotidiana.
Tanto da richiamare le motivazioni della nostra prima lettura: un pezzo di Simone Weil che merita qualche spiegazione per contestualizzarlo. Si tratta di una riflessione all’interno di una intuizione più generale per cui ad ogni popolo è data la sua rivelazione: nel caso della civiltà greca, la Weil opera un parallelo, di cui l’Iliade è documento essenziale, fra la nozione di peccato originale della mitologia ebraica e la guerra contro Troia peccato primordiale e collettivo del mondo greco.
All’interno di questa riflessione la Weil analizza la genesi e l’irrazionalità della violenza alle sue radici costitutive. A questa logica si deve contrapporre quella che Balducci chiama educazione alla pace e il Vangelo di Matteo ci invita a ricercare cambiando utopicamente parametri di riferimento: non solo il richiamo biblico all’occhio per occhio, già di per sé innovativo e storicamente più avanzato delle cieche reazioni dettate dallo spirito di vendetta, ma “il porgere l’altra guancia”. Invito paradossale che ci interroga. E non poco quando vediamo le immagini delle decapitazioni o delle esecuzioni di massa: eppure sentiamo l’inadeguatezza (e la violenza) delle guerre “umanitarie”, di quelle “al servizio della civiltà (quella occidentale) di quelle che intendono proteggere la libertà delle minoranze religiose. Ma se la risposta non può essere quella suggerita dalle analisi tornate di moda della Fallaci, allora qual è?
Siamo sicuri che quella che noi chiamiamo democrazia (e che pure conosce degrado e degenerazioni verso modelli “presidenzialisti”) sia l’unica forma di governo possibile in tutti i contesti geopolitica tanto da volerle ad ogni costo esportare?
Avvertiamo la nostra inadeguatezza: ma vogliamo misurarci con l’invito del Vangelo. Cercando motivi di solidarietà e “affamando” – come ci invitava a fare Giovanni domenica scorsa – le ragioni e le tentazioni del nostro dominio sugli altri e sul creato.