Ricordo di Bruno Borghi attraverso la biografia ricostruita da Antonio Schina

Mario Bencivenni, Paola Ricciardi
Comunità dell’Isolotto, Firenze

La Comunità dell’Isolotto ha ricordato Bruno Borghi nell’incontro comunitario di domenica 5 novembre, a cui erano presenti anche Mario Lancisi – attento osservatore del laboratorio politico ed ecclesiale fiorentino degli anni ’50 e ’60, nel quale operarono, oltre a Don Milani, Borghi e tanti altri protagonisti di esperienze di radicale rinnovamento – e Antonio Schina, l’autore della prima biografia su Borghi, dal titolo: Bruno Borghi. Il prete operaio (Centro di Documentazione di Pistoia, 2017, collana “I quaderni dell’Italia ANTIMODERATA, n. 7).

Bruno Borghi è stato un prete fiorentino che ha vissuto il tempo del seminario insieme a Don Milani, al quale fu sempre vicino, condividendone battaglie importanti, come quella in difesa degli obbiettori di coscienza. Per i ragazzi di Barbiana fu anche maestro di lotta di classe, orientandoli alla conoscenza del mondo operaio e sindacale. Aveva infatti maturato molto presto la decisione di entrare in fabbrica, divenendo nel 1947 operaio alla Franchi.

In seguito lavorò al Pignone e alla Gover; da questa fabbrica venne licenziato, poi riassunto, e vi rimase fino al 1976. Fu parroco prima a Rifredi – dove scoppiò il caso delle Officine Galileo e sostenne gli operai durante l’occupazione, subendo per questo impegno un processo per istigazione all’occupazione della fabbrica -, dopo nella parrocchia periferica di S.Miniato a Quintole.

Durante questo esilio mise in piedi un sistema di accoglienza per i disabili che li vedeva protagonisti, ed ebbe modo di vivere gli anni dell’entusiasmo rinnovatore della comunità cristiana fiorentina, come il periodo successivo di normalizzazione.

Fu tra i primi sacerdoti a dire messa in piazza dell’Isolotto, nonostante la minaccia di sospensione a divinis, e proprio in segno di solidarietà con i preti e il popolo dell’Isolotto si dimise da parroco, dedicandosi interamente alla vita di fabbrica e, più tardi, al sostegno ai detenuti del carcere fiorentino di Sollicciano, a cui fu vicino fino alla morte, avvenuta nel 2006.

La biografia ricostruita da Schina, dopo un attento lavoro di ricerca e di raccolta degli scritti lasciati da Borghi, che ha attinto anche all’Archivio storico della Comunità dell’Isolotto, finalmente rende giustizia alla sua opera, per niente marginale e in relazione con tutte le esperienze che animarono la stagione che La Pira scelse di definire come “la germinazione fiorentina”.

Si mette in luce come Borghi abbia speso sempre le sue energie non tanto per parlare degli ultimi, dei diseredati creati nella società plasmata sui modelli del capitalismo, ma soprattutto per esser prossimo ad essi e per dare loro voce.

Il libro di Schina ha inoltre il merito di evidenziare come questo ruolo sia stato sempre anticipatore, potremmo dire profetico, e non solo sul versante dell’esperienza dei preti operai, ma anche in quelli dell’obiezione di coscienza e dell’affermazione del diritto non alla semplice assistenza, ma alla piena cittadinanza dei portatori di handicap.

Viene così colmata una lacuna, perché la figura di Bruno Borghi, primo prete operaio italiano e molto altro, raramente viene ricordata nel racconto di quegli anni.

Scrivendo di lui poco dopo la sua morte, avvenuta nel 2006, anche Enzo Mazzi osservò che «fra le personalità emerse in quella stagione don Borghi è una delle meno conosciute. Per me è un valore. Lo conoscono più i carcerati di Sollicciano, dove nell’ultima parte della sua vita ha fatto il volontario, che i fiorentini. Ed è nel cuore della gente della Comunità dell’Isolotto per la solidarietà e la costante vicinanza delle scelte di vita, pur nel rispetto delle tante diversità. »

Nella Prefazione al libro Marta Margotti ha evidenziato che «ciò che più muoveva Bruno ad agire era il rifiuto delle logiche del potere economico che non consideravano “il prezzo dell’uomo, il valore dell’uomo” E questo occhio amorevole per l’uomo, l’uomo operaio, invalido, detenuto, nicaraguegno, anche l’uomo ‘prete’ e l’uomo cristiano, a cui Bruno Borghi riuscì ad essere vicino in modo profondamente sincero, come è avvenuto nella vicenda vissuta dal popolo dell’Isolotto, può essere visto come il filo conduttore della «sua lunga, intensa, straordinaria vita».

Con le poche, ma molto significative testimonianze scritte, pubblicate per stralcio o integralmente in appendice al libro – basti ricordare le due lettere agli operai della Gover del 9 marzo e del 29 aprile 1971, ma anche alcuni suoi articoli di denuncia delle violenze subite dai detenuti del carcere fiorentino di Sollicciano, o la bellissima preghiera scritta per la notte di Natale del 1976, quando Bruno si trovava ancora nella Parrocchia di Quintole, riportata con il titolo “Facci capire e vivere la pericolosità del Vangelo” – Borghi ha lasciato una testimonianza coerente di vita, che ha avuto al centro, al suo inizio, la lotta per la dignità dei lavoratori e i loro diritti, vista come priorità perché permetteva di contrastare la realtà disumana che metteva le “cose” sopra le persone e di difendersi dalle vessazioni, in nome della concezione cristiana dell’uomo e dei «poveri del Vangelo».

Anche secondo il giudizio di don Milani, riportato da Adele Corradi e citato nel libro, Bruno Borghi sapeva agire, e con grande coerenza e fedeltà alla sua concezione cristiana dell’uomo, ha agito nei diversi mondi che ha attraversato: nei confronti degli operai, degli invalidi nella battaglia contro l’esclusione, dei detenuti ,
«senza nessun intento assistenzialistico, ma con la volontà di vivere in solidarietà con gli ultimi per lottare al loro fianco». (E.Mazzi, 2006)

Il libro di Schina è il racconto fedele di questa «ricerca continua e contrastata della personale coerenza di vita. Non fu soltanto questo però. Per l’operaio-prete (come preferiva definirsi) era inutile predicare il Vangelo e lottare a fianco dei lavoratori se la Chiesa non si liberava da ogni forma di potere», contraddicendo «il dovere dei cristiani di non scandalizzare i poveri e il Vangelo» (M.Margotti, pp. 8-9).

A distanza di quasi 50 anni da queste scelte di vita, in seguito più volte rinnovate, e di fronte a nuove povertà, più spesso culturali che economiche, ci interroghiamo, anche come aderenti ad una comunità di base, sulla difficoltà di praticare una coerenza di vita come quella dimostrata da questo nostro fratello e da molti suoi compagni di strada, e sulla continua rilettura del Vangelo e del suo messaggio di liberazione, a cui ci sentiamo chiamati.

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Il fascicolo dell’Incontro comunitario è consultabile all’indirizzo:
http://www.comunitaisolotto.org/Archivio/A2017/14-05novembre-Borghi-4.pdf