Alitalia, l’ultimo grande miracolo italiano

di Alessio Marri

da Megachip

Parma e Brindisi private di ogni rotta. Un depotenziamento dei voli per la Sicilia tanto consistente da creare imbarazzo persino al fedelissimo presidente del Senato Renato Schifani. Riduzioni spropositate che sfiorano in alcuni casi il 70% delle tratte interne tra la capitale e i diversi aereoporti italiani.

Lufthansa, ritenuto il primo grande potenziale partner commerciale, che fonda una propria filiale italiana e da principale alleato si trasforma in rivale insormontabile pronto a invadere il mercato italiano con un pacchetto industriale serio e concorrenziale. L’Enac che deve constatare l’impossibilità per Cai di rispettare i contratti d’avvio delle attività (fissate per il primo dicembre 2008) e ne annuncia il rinvio a data da destinarsi. Piccoli investitori rovinati, piloti e dipendenti pagati in azioni praticamente volatilizzate. Una compravendita che grava sulle casse dello Stato, e quindi su noi cittadini, per cifre angoscianti: negli ultimi dieci anni Alitalia avrebbe spremuto i bilanci del ministero dell’Economia per più di 5 miliardi di euro, mentre le stime per il futuro parlerebbero di cassa integrazione e meccanismi straordinari di tutela per gli esuberi al costo aggiuntivo variabile tra i quattro e i sei miliardi.

L’Antitrust italiano pronto, non si sa come, a dare l’ok all’acquisto da parte di Cai (fondata nel 1999 e iscritta alla camera di commercio dal 2004, come verificato da Report, in qualità di produttore e rivenditore di filati, merceria e passamaneria) in un’operazione in cui Banca Intesa-San Paolo è contemporaneamente socio di Cai e arbitro della vendita di Alitalia. Come se non bastasse tutto questo, nel parossismo più totale, si attende con estrema ansia la decisione dell’Antitrust dell’Unione Europea che sta valutando la validità e la correttezza del prestito ponte offerto dallo Stato italiano ad Alitalia per pagare i carburanti e giustificato come provvedimento a salvaguardia dell’ordine pubblico. In caso di niet europeo, si completerebbe una commedia che tale non è, perchè riguarda senza scrupoli le decine di migliaia di famiglie dei lavoratori: Cai infatti si troverebbe obbligata a pagare di tasca sua la somma che si avvicina di molto al prezzo irrisorio con il quale la cordata berlusconiana si è aggiudicata l’intera azienda valutata da IlSole24ore nell’ordine di 700 milioni, circa la metà. Diverrebbe ipotizzabile a quel punto persino un tragicomico ritiro definitivo.

Siamo in Italia e quello che in casa nostra è definito imprenditoria e alta finanza nel mondo globale civilizzato ha nomi e volti poliedrici: rimarcato autoritarismo economico, finto capitalismo di Stato, mafia, massoneria e monopolismo totalizzante del privato. Tutto in un unico brodo. Tutto in un unico scambio. Tu mi entri in Cai (Compagnia aerea italiana) con una quota irrisoria, tanto scarichiamo tutto sulle tasche dei contribuenti, e io ti garantisco concessioni statali straordinarie. Come è avvenuto per Benetton, che ha ottenuto carta bianca nella gestione tariffaria delle nostre autostrade per un tempo valutabile intorno ai trent’anni. Un ulteriore chicca? Chi si occuperà di effettuare la perizia economica che stabilirà il prezzo definitivo degli slot di Alitalia? Banca Leonardo, un soggetto che comprende tra i suoi soci di minoranza Mr Tronchetti Provera, in Cai con Pirelli e C. S.p.a., Mr Salvatore Ligresti, in Cai con Fondiaria-Sai, e niente popò di meno del Gruppo Benetton, in Cai con le mani in pasta ovunque. Praticamente un perito che decide quanto deve sborsare di tasca propria.

“Siccome sono gli imprenditori diciotto tra i più grandi – ha dichiarato Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico del governo Berlusconi, ai microfoni di Report, la trasmissione di Milena Gabanelli che ha sviscerato in modo straordinario l’affaire Alitalia – i più grandi sono presenti in tutto lo scacchiere del nostro paese e devo dire che dentro Banca Leonardo ci sono quote minimali di due partecipanti (di tre in verità, ndr) a questa cordata quindi in modo assolutamente minimale”. Tutto normale, quindi, per Scajola che ha incaricato personalmente Banca Leonardo.

Lungo una parete esterna tra il Terminal A e B degli Arrivi dell’Aereoporto di Fiumicino, campeggiano una serie di manifesti, fogli scarabocchiati e ritagli di giornali. Si può trovare la lunga lista dei partecipanti a Cai (Atlantia S.p.a., Immsi S.p.a., Heliopolis S.r.l., Macca S.r.l., Fingen S.p.a., Toto S.pa., Finanziaria di partecipazioni e investimenti S.p.a., Acqua Marcia S.p.a., Marcegaglia S.p.a., Riva Fre S.p.a., due società del Lussemburgo come Findim Group S.a. e Equinox Two S.c.a., Marinvest S.r.l., Fondiaria-Sai S.p.a., Intesa-San Paolo S.p.a, e per concludere Pirelli e C. S.p.a.) e le fiches iniziali di soli 10mila euro che – ci rivelano le informatissime bacheche dell’aeroporto – ogni socio avrebbe investito per cominciare la traversata.

Lo sdegno corre lungo queste mura a volte con rabbia, a volte con umorismo: “Siamo nelle CaiMani!” recita un scritta a matita. Quello che è certo è che in un paese serio la compagnia aerea di bandiera e con essa il lavoro di decine di migliaia di persone non può essere sacrificato per una stupida e strumentale cavalcata elettorale che non sembra trovare fine.