Il primato del privato su tutto

di Anna Pacilli
da www.carta.org

La legge n. 69, approvata pochi giorni fa, continua l’opera di deregolamentazione e «semplificazione» per lo «sviluppo» a vantaggio di privati. Un testo del governo che colpisce l’ambiente, i migranti, i beni comuni e tutto ciò che è pubblico, istituzioni comprese.

Continua il lavorio costante del governo per depotenziare la pubblica amministrazione, deregolamentare e allentare ogni genere di vincolo, in modo da affievolire le tutele dei beni e degli interessi comuni in favore dei privati e delle imprese. In attesa di varare il cosiddetto decreto Brunetta [Carta dello scorso 16 giugno], il 18 giugno il parlamento ha approvato la legge «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile» [n. 69, pubblicata il giorno dopo in gazzetta ufficiale], presentato dal governo il 2 luglio 2008 su proposta del ministro Tremonti, poi modificato nei successivi passaggi alle camere. E’ una cosiddetta «legge omnibus», nel senso che contiene di tutto nei 73 articoli, raccolti in 6 capi [che vanno dall’innovazione alla semplificazione, dal piano industriale della pubblica amministrazione alla giustizia].

Sessanta pagine tutte da studiare, piene di formule correttive di articoli di leggi a cui il testo rimanda [e che quindi bisogna andare a guardare e poi interpretare], ma chiarissime negli obiettivi, alcune con intenti punitivi esemplari. Per dire, c’è l’articolo 7 che fissa in trenta, massimo sessanta giorni, il tempo per concludere i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali.

I termini possono essere sospesi, ma una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni necessarie all’istruttoria pubblica. Infine, possono esserci casi eccezionali, ma senza mai superare i 180 giorni.

Trascorsi i termini, fatti salvi i casi in cui vale il silenzio assenso, il dirigente pubblico può essere diffidato e condannato al risarcimento dei danni. Tutto questo vale con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione. Un articolo punitivo verso chi lavora nella pubblica amministrazione, che viene caricato di maggiori responsabilità e oneri senza essere adeguatamente rafforzato e tutelato per affrontarli.

E punitivo verso i migranti, che non godono dello stesso trattamento degli altri cittadini né, tanto meno, delle imprese. E’ come dire che l’istruttoria per autorizzare una centrale a carbone o nucleare è più semplice che rilasciare un permesso di soggiorno. O che l’interesse dell’Enel o di Edf è più «pubblico» del rispetto dei diritti civili.

Ma la legge n. 69 contiene ben altro. Per esempio, particolarmente allarmante è l’articolo 12 «Delega al governo per l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia ambientale», da portare a termine entro il 30 giugno 2010. Un articolo breve, ma in grado di rimettere in discussione l’intera normativa ambientale, già stravolta dal decreto 152 del 2006. Sarà infatti il governo, su proposta della ministra dell’ambiente, a stabilire su quali materie e come intervenire.

Non è difficile immaginare che l’ispiratore di questa norma sia il ministro dello sviluppo, Claudio Scajola, il quale certamente non starà a guardare da qui all’anno prossimo. Così come non resterà in disparte il ministro delle infrastrutture, Altero Matteoli, artefice da ministro dell’ambiente dell’altro governo Berlusconi della precedente «contro riforma» ambientale [per l’appunto, il decreto 152 del 2006].

Un «ecomostro legislativo», come venne definito dalle associazioni ambientaliste, nato anch’esso da una «delega illimitata», che ha dato mano libera al governo per riscrivere la legislazione ambientale su acqua, aria, rifiuti, bonifiche, aree protette, e allentare le maglie delle tutele: della salute, dell’ambiente, dei beni comuni.

Una delle ultime censure al 152 e all’Italia è arrivata l’anno scorso dalla commissione europea, dopo la denuncia del Wwf, per «essere venuta meno agli obblighi» di applicazione della direttiva sulla responsabilità ambientale, la più importante legge europea per l’applicazione del principio «chi inquina paga».