Se non ora… il 9 e 10 luglio!

Cecilia M. Calamani
www.cronachelaiche.it

Sono tornate. Quell’onda rosa che ha invaso la capitale il 13 febbraio scorso al grido di “Se non ora quando?” non si è esaurita in una bella giornata di partecipazione e denuncia, ma tiene il punto e rivendica diritti, attenzione, uguaglianza. E si riunisce a Siena, il 9 e 10 luglio prossimi, per tracciare un progetto e definire una proposta politica che faccia dell’Italia un «Paese per donne».

A febbraio un fiume di donne indignate dalla rappresentazione grottesca e umiliante che il premier e suoi sodali danno del corpo femminile, puro mezzo di “lancio” politico o aziendale, ha dichiarato con fermezza la sua contrarietà a un modello mercificatorio che vede merito e successo subordinati a età, fattezze e “disponibilità”. Ruby, le ragazze dell’Olgettina, la corte di escort e accompagnatrici del premier che si sono riversate nelle tv Raiset e in politica per meriti “diversi” hanno dato la stura a un disagio latente, che si è trasformato in una mobilitazione di protesta e rivendicazione di dignità.

Ma non è finita lì, e le donne lo sanno bene. La mercificazione del loro corpo è solo l’altra faccia di una tangibile discriminazione che le relega in second’ordine nella società e nel lavoro. Le disparità di accesso ai posti di lavoro e di salario sono fotografate senza pietà dall’ultimo rapporto Istat: la differenza di retribuzione tra uomo e donna si attesta mediamente intorno al 20%, con punte del 30% nei settori privati. E solo nel 2010, 800mila donne non sono rientrate al lavoro dopo la maternità, a causa della insufficienza dei servizi di sostegno e del perdurare della pratica delle dimissioni in bianco. Il tasso di occupazione femminile è fermo al 46,1% (12 punti percentuali in meno rispetto all’Europa), mentre il ricorso ai contratti a tempo è salito, solo nel 2010, del 14,3%.

Ma il lavoro femminile, quando c’è, è peggiore anche in qualità: le donne sovraistruite, ossia quelle con titolo di studio superiore alle loro mansioni, sono il 40% contro il 31% degli uomini.

Tutto ciò è stato anche oggetto di reprimenda da parte dell’Onu, che lo scorso anno ha rivolto all’Italia racomandazioni ben precise sul tema dei diritti e della tutela delle donne nel lavoro e nella società, al di sotto dei livelli richiesti. Raccomandazioni cadute nel vuoto, come dimostra il Rapporto presentato pochi giorni fa dal Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani in Italia .

Sottopagate e sottoimpiegate, se non precarie o disoccupate, con in più il carico della casa, dei figli (quando e se possono permettersi di averli), dell’assistenza ai genitori, le donne italiane chiedono il rispetto dei loro diritti e di una dignità troppo spesso abusata. E segnano, dopo lo tsunami dei referendum, un ulteriore scollamento dalla politica parlamentare.