Teologia: tre omissioni o tre ignoranze? di J.M.Castillo

p. José Maria Castillo
Traduzione di Lorenzo Tommaselli

Mi chiedo perché la teologia, la scienza che tratta di Dio, dei suoi attributi e perfezioni, non affronta debitamente ‐ a mio modesto modo di vedere ‐ tre questioni che sono determinanti in questo momento: DIO, il POTERE, il DENARO. Richiama la mia attenzione il fatto che, in quasi tutte le librerie generali, è più grande ed è meglio collocato lo spazio dedicato all’esoterismo che quello della religione. Per non parlare di quello della teologia.
Ci sono tre grandi temi, che mai hanno destato tanto interesse come oggi: CORRUZIONE, POLITICA, ECONOMIA. Sono le tre questioni teologiche, che ho indicato prima, però nella loro versione laica o secolare. Cosa succede con argomenti di tanta profondità, quello che avviene nei parlamenti e nelle cattedrali?

1. DIO. E’ un fatto, sociologicamente dimostrato, che non c’è equivalenza tra “pratica religiosa” e “integrità etica”. Siamo appena venuti a conoscenza di gente devota, incluso “professionisti della religione”, che non sono precisamente esempi di moralità. E la teologia non si chiede perchè succede questo? Con frequenza capita che i più corrotti sono quelli che parlano di Dio con grande sicurezza. Quale Dio è questo? La prima cosa che dovremmo chiederci è: perchè parliamo di Dio? Perché, da millenni, la gente ha avuto bisogno di Dio e e se lo ha “rappresentato” come ha potuto? Nella Bibbia, senza andare più lontano, si parla di Dio partendo da “rappresentazioni” letteralmente contraddittorie: dal Dio più violento fino al Dio più intimo e buono. Ma sappiamo che ambo le cose, a volte, non possono essere vere. O l’una o l’altra. Il fatto è che “Dio, nessuno lo ha visto mai” (Gv 1, 18). Perchè Dio è, per definizione, il Trascendente. Ossia, Dio non sta alla nostra portata. Per questo, determinare autoritariamente: “Dio è cosí”, “Dio dice questo”, “Dio vuole questo”…, tutto questo linguaggio è il più falso che possiamo usare. E dunque, prescindiamo da Dio? Non dico questo. Quello che dico è che il compito più urgente della teologia è spiegarci quello che significa, in questo momento, la frase del Vangelo: “Quello che avete fatto ad uno di questi (poveri, ammalati, detenuti, stranieri…), lo avete fatto a me (al Signore)” (Mt 25, 17‐40). Dove si fomenta o si permette la corruzione, non c’è Dio. Dio, più che una questione di credenze, è una questione di comportamento.

2. POTERE. Su questo punto, nella Chiesa non si è prodotta ancora una teologia del potere: la sua origine, la sua finalità, i suoi limiti, chi può esercitarlo, come deve esercitarlo, quando si deve e quando non si deve accettare. E tutto ciò, sia nell’ambito “religioso” e “civile”. E’ come se fosse parlare di un presunto potere “divino” e del necessario potere “umano”. Ma come debbono armonizzarsi e convivere? Tutto ciò, prima di risolverlo con concordati, è necessario precisarlo mediante una corretta teologia. Ma, lo dico, tale teologia non esiste. Cosa si è soliti fare? Ricorrere alla gestione politica. E così – cosa che capita tante volte – nella Chiesa i maneggi politici sono più determinanti del Vangelo. Ma la Chiesa ha il potere per annullare, in pratica, diritti fondamentali che competono ai cittadini nel moderno Stato di diritto?

3. DENARO. Ci lamentiamo del silenzio del papa e dei vescovi davanti alla crisi economica. Ma hanno da dire qualcosa in questa situazione? Ripetere la dottrina sociale della Chiesa? Al di là di raccomandazioni di buona volontà, serve a qualcosa questa dottrina? Perchè la chiesa non ha prodotto una solida teologia del denaro e della ricchezza? Hanno sempre richiamato la mia attenzione l’insistenza e la forza con le quali il Vangelo parla dei ricchi e del denaro. Nel Discorso della Montagna (Mt 6, 19‐34), nelle probizioni che Gesù impose agli apostoli quando li inviò a predicare (Mt 10, 9‐10), nelle numerose parabole che hanno per tema la ricchezza e la povertà (Mt 18, 23‐35; 20, 1‐16; Mc 12, 1‐12; Mt 22, 1‐14; 25, 14‐30; Lc 12, 13‐21; 15, 11‐32; 16, 1‐13; 16, 14‐31), nella condotta dello stesso Gesù e della gente che frequentò nella sua vita, in tutta questa documentazione, non c’è fondamento per fare una teologia a partire dalla quale si possa dire una parola certa per chi gestisce la politica e l’economia, per i professionisti della giustizia, per i cittadini? Chi ha fatto una teologia tanto minuziosa sul sesso e la famiglia, non avrebbe potuto fare una buona teologia sull’economia? Se l’etica protestante ha prodotto conseguenze tanto serie nell’economia europea (M. Weber), non si sarebbe potuta fare un’etica teologica determinante a partire dal Vangelo?

Dio, il potere, il denaro, in definitiva un immenso vuoto, a partire dal quale la Chiesa ha poco da dire. Ed è per questo ‐ perchè per me è tanto importante la Chiesa e la sua teologia ‐ che dico tutto ciò.